Il presidente del consiglio Conte ha presieduto una primo vertice a palazzo Chigi sulla ennesima crisi del gruppo Ilva. Alla presenza di diversi sindaci del territorio tarantino, del presidente della regione Puglia, della confindustria e delle organizzazioni sindacali il presidente Conte ha esposto la posizione del governo rispetto alla procedura formale per la riconsegna del gruppo siderurgico avviata da Arcelormittal.
Ritenendo del tutto pretestuose le ragioni addotte dalla multinazionale, Conte ha invocato l’unità di tutto il paese allo scopo di salvare la siderurgia italiana e respingere il ricatto di un’azienda che solo un anno fa ha acquisito con gara pubblica Ilva e che ora pretende 5.000 nuovi esuberi, una legislazione ad hoc su immunità e sicurezza. Conte ha preannunciato iniziative giudiziarie a tutela degli interessi dello Stato per un disimpegno che appare allo stato attuale irreversibile, immotivato ed illegittimo.
I sindaci dei comuni di Taranto, Crispiano, Massafra ed il presidente della regione Emiliano hanno esplicitamente chiesto al governo l’avvio di un percorso con risorse pubbliche per l’eliminazione delle fonti inquinanti. Un piano B per Taranto in nome del diritto alla salute negato da decenni. La stessa Confindustria, pur sottolineando la strategicità della produzione di acciaio non ha escluso che in tempi brevissimi si debba ricorrere al piano B.
CGIL CISL UIL in polemica con istituzioni e governo hanno chiesto che non si dia per scontata la partenza del colosso dell’acciaio esplicitando tra le righe la propria disponibilità a avviare un confronto con Mittal sulle sue richieste, relegando la questione ambientale e il diritto alla salute ad una questione di second’ordine. La segretaria generale Furlan ha persino candidamente ammesso che sulla siderurgia in Italia si è deciso che il “sacrificio” del diritto alla salute rimanesse su Taranto, mentre si liberava Genova dai veleni mortiferi.
Landini ha incredibilmente nuovamente proposto una partecipazione azionaria dello stato nella società Arcelormittal Italia. Ovvero soldi pubblici alla multinazionale.
USB, fuori dal coro sindacale, ha nei suoi interventi denunciato l’operazione di speculazione di Mittal e l’assoluta necessità di voltare pagina per costruire un accordo di programma con la chiusura dell’area a caldo e un piano di tutela occupazionale, del reddito e che si occupi del risanamento ambientale.
Ha rammentato a tutti i sindacati presenti che avviare un confronto con Mittal sulla base delle sue pretese significherebbe accettare una riscrittura in peggio dell’accordo ministeriale. Pertanto ha dichiarato la propria indisponibilità ed il sostegno ad un’iniziativa giudiziaria contro Arcelormittal.
Il paradosso quindi. Il governo invoca unità e fermezza contro un ricatto a cui un paese non può cedere mentre i vertici di CGIL CISL UIL, abituati a praticare il sindacalismo al ribasso continuo, mostrano disponibilità ad accoglierlo mettendo la produzione di acciaio sopra ogni cosa.
Ciò spiega una parte delle ragioni per le quali il nostro paese non ha quasi alcun intervento pubblico nell’economia con la conseguente progressiva distruzione del patrimonio produttivo ed industriale.
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Sara Costantino
L’Usb pone in primo piano la salute pubblica e chiede allo Stato investimenti per chiudere i forni altamente inquinanti senza ricorrere ai licenziamenti in massa. Landini, segretario tanto amato dagli ottenebrati cgiellini, chiede la partecipazione dello Stato alla multinazionale, come dire non abbiamo altra scelta che adattarci al ricatto di Arcelor Mittal.