Serrande abbassate, uffici chiusi, cittadini blindati in casa: mezza Italia è bloccata ma la movimenta-zione delle merci non può permettersi di rallentare. Anzi, in tempo di Coronavirus, il mondo della logistica si trova dover accelerare i propri, già forsennati, ritmi di lavoro.
È evidente a tutti il ruolo di ruolo di primo piano che la logistica è andata a rivestire in questi ultimi anni. Il settore ha visto aumentare la propria importanza strategica grazie alla crescita esponenziale di cui è stata protagonista non solo nel nostro paese ma su scala globale (Il Sole 24 Ore), trainata dalla sempre maggio-re rilevanza dell’e-commerce nella vita quotidiana di milioni di cittadini.
In una situazione emergenziale come quella di questi giorni, che vede le attività commerciali non le-gate all’alimentare e poche altre eccezioni abbassare le serrande nonché buona parte degli italiani chiudersi fra le mura di casa, il ricorso agli acquisti online è prevedibilmente schizzato alle stelle (La Stampa) e ha imposto ritmi e condizioni di lavoro ancora più estremi a un settore che da sempre si è caratteriz-zato per sfruttamento e precarietà.
Ma per comprendere fino in fondo la rilevanza del settore logistico bisogna guardare oltre i nostri confini e osservare come questo sia parte fondamentale della catena del valore con il resto dell’Europa, e in particolare con quei paesi del Nord che rappresentano il vero centro del nostro con-tinente. Risulta più chiaro quindi perché queste connessioni non possono essere interrotte nemmeno in periodo di emergenza, soprattutto in un contesto in cui si sviluppa un conflitto centro-periferia sempre più evidente. A questa dinamica si aggiungono poi le ipocrisie dei decreti recenti, quelli che sulla carta vorrebbero mantenere aperte solo le attività legate al farmaceutico e all’alimentare ma che poi, grazie alle spinte confindustriali, finiscono per considerare tutto come essenziale, dai tir che ri-forniscono di cibo i supermercati ai corrieri espresso che consegnano articoli di elettronica a domici-lio.
Ecco quindi che i problemi già noti del settore si accentuano all’interno dell’emergenza: catene di appalto dove ogni soggetto fa a gara per inserirsi nella filiera dei servizi essenziali mentre soggetti appaltanti e committenti si rimpallano le responsabilità in merito alla salute e alla sicurezza.
È infatti assai frequente la costante di mancanza dispositivi e misure di protezione e prevenzione, tutti previsti e dichiarati sulla carta dalle aziende per essere a posto burocraticamente ma poi quasi mai effettivamente realizzati nei magazzini. Questa situazione si instaura inoltre sull’ancor più grave carenza strutturale di misure igieniche e di sicurezza per cui il settore è tristemente noto.
Nonostante queste evidenti criticità, l’arteria principale delle merci non si può fermare. Il blocco dei furgoni è impensabile a maggior ragione in questo momento di futuro instabile in cui l’Unione Europea dimostra tutte le sue contraddizioni e il suo vero volto, quello legato all’austerità e alle politiche monetarie volte a sostenere il sistema finanziario e il grande capitale piuttosto che l’economia reale, all’interno di un palese conflitto centro-periferia dell’Europa a più velocità.
In un contesto di questo tipo la logistica ha quindi la necessità di rimanere attiva per mantenersi ag-ganciata al centro continentale della produzione, mantenendo anche un occhio aperto alle nuove di-mensioni geopolitiche che guardano all’oriente. Tutto questo sulla pelle dei lavoratori e delle lavora-trici che in questo contesto continuano a operare, esposti a un contatto costante tra di loro e gli auti-sti che proseguono imperterriti a spostarsi lungo le catene del valore.
Se le arterie principali non si possono fermare, anche la lotta organizzata dei facchini prosegue in svariati luoghi di lavoro, sia attraverso forme di conflitto attivo sia attraverso nuovi modi come il ri-fiuto al lavoro. Tra gli ultimi casi di conflittualità segnaliamo ad esempio l’adesione dei magazzini GLS a Piacenza e di Ikea San Martino allo sciopero generale indetto il 25 marzo dall’Unione Sindacale di Base all’insegna dello slogan #chiudetetutto.
D’altronde siamo certi che i padroni capiranno: se il loro profitto non si può fermare nemmeno du-rante l’emergenza Coronavirus, allo stesso modo proseguiranno le lotte dei lavoratori per ottenere condizioni di lavoro dignitose e per tutelare la saluta propria e quella dei loro familiari.
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