Nell’incontro di martedì 12 gennaio, il commissario Leogrande ha espresso la più viva preoccupazione per l’evolversi della situazione politica, che incide con ritardi e incertezze sull’erogazione dei ristori, dopo quelli legati alla partenza di ITA che sembra slittare di mese in mese. Leogrande ha inoltre informato le organizzazioni sindacali di aver predisposto un piano di “razionamento dell’acqua” per quella che appare una “traversata nel deserto”, data la riduzione senza precedenti del traffico dovuta al Covid-19.
Tutto questo fa salire una grande rabbia: sono scenari già vissuti in passato, che hanno trascinato migliaia di lavoratori Alitalia in una crisi senza fine e hanno ridotto il trasporto aereo italiano a un Far West.
Abbiamo già visto piani industriali insufficienti e inadeguati, oggi torna alla ribalta per la quarta volta consecutiva in 12 anni il concetto di esuberi, come quello presentato a grandi linee dall’AD Lazzerini il 23 dicembre ma non ancora illustrato nella sua completezza.
Abbiamo già vissuto nel 2008 la drammatica esperienza della concomitanza tra un passaggio cruciale per i lavoratori di Alitalia e lo stallo politico innescato da una folle crisi di governo, che questa volta rischia di far saltare definitivamente il banco con un’Alitalia in amministrazione straordinaria alle prese con una situazione disperante e mai vista prima d’ora.
Così come abbiamo già provato la pessima esperienza dei veti della Unione Europea, sempre molto attenta quando si presenta la possibilità di spartirsi il mercato nostrano, questa volta concretizzatasi in 100 (cento!) obiezioni rispetto allo stesso piano, considerato non sufficientemente discontinuo con il passato nonché ancora troppo “intraprendente” nel trasporto passeggeri.
Sembrano scomparsi dall’orizzonte tutti i ragionamenti legati a quanto c’è davvero bisogno di fare per rilanciare un vettore nazionale degno di questo nome (che le altre nazioni preservano con molta cura) insieme a quelli legati alla riforma dell’intero settore.
Con gli incubi del passato, torna a farsi strada il disegno di una compagnia aerea nazionale piccola, simbolo e sintomo di un Paese altrettanto piccolo, in un settore frammentato nel quale saranno sempre i soliti noti a fare i soldi a palate mentre i tutti i lavoratori continueranno a pagarne il conto.
USB non si rassegna a tutto ciò, tantomeno all’idea che si ripetano esattamente gli stessi nefasti errori del passato, inclusi una mancata riforma del settore e dei vincoli europei, che da 20 anni stanno determinando lo sfascio del trasporto aereo italiano e l’abbattimento dei diritti dei lavoratori.
La nascita di un vettore aereo pubblico deve essere l’opportunità per creare occupazione e ricchezza per i lavoratori e per il Paese; su questo non siamo disposti a cedere.
I lavoratori torneranno protagonisti e si riprenderanno la piazza di Montecitorio per un’assemblea pubblica nei prossimi giorni e non saranno i colori delle restrizioni da pandemia a fermarci.
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