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Ingiunzione ai big del delivery. I rider devono essere regolarizzati

Alle maggiori società di delivery come Just Eat, Glovo Foodinho,  Uber Eats e Deliveroo verranno recapitati i verbali con le sanzioni disposti dalla Procura della Repubblica di Milano che imporranno di trasformare i contratti dei rider da lavoratori autonomi a parasubordinati, cioè co.co.co, con contratto di lavoro coordinato e continuativo.

Ciò significa che almeno 60.000 rider dovranno essere assunti. Non più pagati a cottimo, – che tra l’altro e fino ad ora è vietato dalla legge – ma con un contratto fisso, con tanto di obbligo di visite mediche, formazione e fornitura di attrezzature adeguate.

Tra gli indagati ci sono i vertici delle società, tra amministratori delegati, presidenti dei consigli di amministrazione e delegati per la sicurezza e in tema di contratto di lavoro. Le multe sono state comminate per violazione della legge 81, che nei suoi vari articoli prevede obblighi di prevenzione dei rischi, obbligo di visite mediche e protezione individuale e di formazione specifica per le attività: le presunte violazioni hanno portato poi “alla contestazione di una serie di reati contravvenzionali per il totale di 733 milioni“, che possono essere estinti pagando fino ad un quarto della pena massima. Le aziende hanno novanta giorni per adeguarsi, e non incappare in un decreto ingiuntivo.

L’ indagine era partita dalla Procura di Milano e si è via via estesa al resto del paese dove ogni giorno vediamo per le strade migliaia di fattorini,

L’agenzia Agi riferisce che nelle disposizioni dei magistrati viene condannato anche il “meccanismo del ranking“: “Perché non è affatto vero che hanno libertà di decidere quando andare a lavorare, perché chi non può farlo, anche solo per un giorno magari per motivi di salute, viene penalizzato” dall’algoritmo” sostengono i magistrati.

I rider sono cittadini che hanno bisogno di una tutela giuridica” – ha affermato il procuratore capo di Milano, Francesco Greco – “In questa situazione di Covid i rider hanno svolto una funzione essenziale sia per portare da mangiare alle persone, sia per permettere a molte imprese di sopravvivere, con le consegne“.

Ma il magistrato ha anche precisato che “Ci troviamo davanti ad un’organizzazione aziendale che funziona attraverso l’intelligenza artificiale. Non c’è più il caporalato che conoscevamo prima, con il capo-reparto che sorveglia i lavoratori, ma in questo caso è un programma a sorvegliarli. E questo è un problema che ha dei risvolti giuridici. I nuovi tipi di lavoro pongono poi “problemi di competenza territoriale e giurisdizione“.

Su Uber Eats, è stata aperta a Milano anche una indagine di tipo fiscale. Il fascicolo ha l’obiettivo di “verificare se ci sia una stabile organizzazione occulta” che nasconde al Fisco italiano gli introiti delle grandi società di delivery.

I magistrati proveranno a verificare “se si debbano riportare in Italia” le entrate ottenute “attraverso l’attività dei ciclo-fattorini“. Il capo dell’ufficio inquirente milanese ha spiegato che “i pagamenti” da parte dei clienti “sono effettuati online e non sappiamo dove vengono recepiti“.

Nei mesi scorsi sempre da Milano era partito il commissariamento per caporalato verso Uber Italy, la filiale italiana della multinazionale del delivery. Il tribunale aveva disposto l’amministrazione straordinaria, dopo aver scoperto delle ditte di intermediazione che pagavano i fattorini meno di 3 euro a consegna con la compiacenza di una dirigente di Uber. Il processo con rito abbreviato per la parte penale è ancora in corso.

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