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Repressione e lotte sociali: intervista con Eddy

Incontriamo Eduardo Sorge (Eddy), compagno napoletano del quartiere Bagnoli, oltre che attivista del Movimento Disoccupati “7 Novembre” e dirigente del Sicobas.

Da tempo, Eddy, è un collezionista di denunce, ossia – in virtù della sua attività sociale nel quartiere flegreo e nella città di Napoli – è costantemente sotto tiro della Digos, la quale perseguita il compagno con denunce continue, perquisizioni, convocazioni in Questura e tutta l’abituale sequenza di provvedimenti – formali ed informali – con cui vengono criminalizzati i protagonisti del conflitto sociale.

Una condizione materiale – quella di Eddy – assimilabile a quella di tanti attivisti, napoletani e non solo, i quali quotidianamente – nei picchetti anti/sfratto, negli scioperi e nei quartieri popolari – alimentano la mobilitazione ed il possibile rilancio del conflitto politico e sociale nel nostro paese.

In questi giorni, però, si è appreso che alle denunce che periodicamente vengono recapitate ad Eddy si starebbe aggiungendo una accusa di “Associazione a Delinquere” (articolo 416 del Codice Penale).

Se tale notizia dovesse concretizzarsi in un atto formale saremmo di fronte alla formulazione di un “reato associativo” che si sommerebbe ai tanti “reati specifici” ascritti a Eddy configurando la possibilità di una inchiesta che per tempi, modalità e pene previste sancirebbe una pericolosa quanto preoccupante escalation penale e repressiva.

Inoltre la scelta del reato (l’Associazione a Delinquere), particolarmente nell’area metropolitana napoletana, di solito utilizzato dalle Procure per il contrasto giudiziario alla grandi organizzazioni criminali suona come una autentica offesa alle ragioni sociali delle lotte a cui Eddy partecipa e rappresenta un grave atto di opacizzazione e mistificazione autoritaria delle variegate forme del conflitto.

Vuoi sintetizzarci il percorso di lotte che hai intrapreso negli ultimi anni e l’inevitabile impatto con l’insieme dei dispositivi repressivi e criminalizzanti che gli apparati dello stato hanno messo in essere a Napoli e nel paese?

Negli ultimi anni, proseguendo il lavoro politico con il Laboratorio Politico Iskra di Napoli, ho concentrato l’impegno nel contributo sindacale, con l’esperienza dell’organizzazione sindacale SiCobas, per allargare la conflittualità e la lotta operaia espressa nel settore della logistica in altri settori e categorie del mondo del lavoro, per migliorare le condizioni di vita, di salario, di dignità e per rimettere al centro gli interessi dei lavoratori e non quelli del profitto.

In particolare a Napoli, invece, sostenendo e promuovendo la costruzione e la lotta del Movimento dei disoccupati – 7 Novembre, che ha praticamente riempito tutti i giorni le piazze con iniziative di lotta per un salario garantito, un lavoro utile e dignitoso.

La mole accumulata di procedimenti e processi che coinvolgono lavoratori, disoccupati, compagni ed operatori sindacali è ovviamente difficile da sintetizzare: fogli di via, multe, fermi, arresti preventivi ai sindacalisti, processi, provocazioni fino all’invenzione di castelli giudiziari. 

Insomma ogni iniziativa di lotta trasformata in problema di ordine pubblico. È il clima di escalation repressiva che fa il paio con quanto viviamo all’interno dei luoghi di lavoro (con l’utilizzo di polizia e guardie private contro chi sciopera fino agli omicidi come quello di Adil a Novara), con la finalità di frenare qualsiasi tentativo di ricomposizione di classe su un terreno di lotta e di conflittualità. 

Più che “elencare” la repressione bisogna trasformarla in uno dei terreni di ricomposizione: dalle lotte nella logistica, a quelle dei disoccupati organizzati e di altre categorie (pensiamo ai portuali), fino ai movimenti di resistenza territoriali (NoTav) o per il diritto all’abitare, per costruire una prospettiva politica anticapitalista contro il corso disastro degli eventi.

Il Governo Draghi e la cosiddetta “uscita capitalistica dalla fase acuta della crisi pandemica” stanno avviando la ripresa dell’offensiva padronale nei posti di lavoro, con misure antipopolari (dallo Sblocco dei Licenziamenti al varo del famigerato Codice degli Appalti, fino al rincaro di prezzi e tariffe). Tutto nel quadro del PNRR il quale, al di là della fuffa propagandistica, si configura come un gigantesco piano di centralizzazione e di riorganizzazione del capitalismo su scala continentale. In tale contesto la repressione interviene – spesso anche preventivamente – per impedire l’articolazione e la possibile generalizzazione di vertenze, lotte e conflitti che minerebbero la pace sociale e l’Union Sacrè parlamentare.

A tuo parere come è possibile costruire un deciso stop a questo corso antisociale e come possiamo determinare un argine culturale e politico a tale linea di condotta criminalizzante?

Innanzitutto con il massimo sforzo delle organizzazioni sindacali per una stagione di sciopero generale unitario contro le politiche dell’Unione Europea e del Governo italiano. Al fronte unico dei padroni ed all’unione sacra del capitale opporre un fronte unico di classe: questo è l’unico modo superando divisioni ed orticelli. 

Non possiamo che unirci attorno ad un programma politico che faccia da ponte tra le rivendicazioni immediate e la prospettiva rivoluzionaria anticapitalista, tra le emergenze ed esigenze sociali e l’ottica di trasformazione della società, tra la redistribuzione della ricchezza e la messa in discussione di come la si produce, tra noi e l’orizzonte internazionalista.

Un programma di mobilitazione che parli a chi ancora non è organizzato con noi ma sta pagando il costo della crisi capitalistica, un programma che metta al centro la parola d’ordine “Espropriare gli Espropriatori”: prelievo forzoso del 10% sul 10% più ricco, tagli delle spese militari, delle grandi opere, delle pensioni d’oro, del clero, requisizione delle strutture e cliniche private per la medicina di base e del lavoro, un piano straordinario per il lavoro per il riassetto idrogeologico, per il diritto alla casa, le bonifiche dei territori, la messa in sicurezza ed i servizi alle persone, il rinnovo dei Ccnl, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, la cancellazione dei decreti sicurezza, un serio programma ecologico altro che “finzione ecologica” ecc…

In questo percorso rafforzare gli strumenti collettivi (autodifesa operaia, cassa di resistenza unitaria, intervento coordinato legale, ecc…) contro la repressione che avanzerà all’avanzare della crisi e della ristrutturazione capitalistica contro chi sarà considerato “il nemico” delle esigenze del mercato.

Proprio in questi giorni, oltre che a Napoli, in città come Livorno, Genova, Roma e in tanti centri grandi e piccoli, decine di attivisti sono raggiunti da provvedimenti giudiziari (spesso si tratta dell’odioso strumento delle Sanzioni Amministrative) che, di fatto, limitano l’agibilità e la libertà di lotta e di organizzazione. Parimenti, nella società e nei posti di lavoro, avanzano forme di disciplinamento sociale (vedi le periodiche campagne anti/immigrati) che puntano a rinfocolare ulteriormente la frantumazione sociale e la desolidarizzazione.

Ritieni è drammaticamente matura la necessità di una larga e sistematica campagna di controinformazione e di lotta sui temi delle agibilità politiche e sindacali, dell’abolizione del Pacchetto Sicurezza e della depenalizzazione dell’insieme dei reati ascrivibili alle lotte sociali?

Ritengo oggi compito politico primario dei comunisti, e più in generale dei militanti anti-capitalisti degni di questo nome, denunciare questo processo repressivo nel suo insieme, e attivare contro di esso una risposta il più possibile unitaria, perché se si proseguirà con il dare risposte frammentarie e sostanzialmente locali, si finirà per consegnarsi pressoché inermi all’azione sempre più coordinata degli apparati repressivi dello stato.

Una risposta necessaria ed urgente.

Da un lato la massima convergenza per una campagna di controinformazione e di lotta per i diritti sindacali partendo dall’abolizione dei Decreti Sicurezza (Minniti e Salvini) e totale depenalizzazione dei reati di natura sociale e politica, dall’altro la convergenza di tutte le organizzazioni del sindacalismo di base e conflittuale per una stagione di Sciopero Generale Nazionale Unitario, che sia capace di iniziare a rispondere in maniera unitaria a quanto sta avvenendo dentro e fuori i luoghi di lavoro, contro la complicità dei sindacati confederali con i piani padronali, contro le politiche dell’Unione Europea e del Governo italiano. 

Se le organizzazioni cosiddette confederali, la Cgil e Landini piangono inginocchiati davanti a Bonomi e Confindustria, dicendosi preoccupati di uno scenario da esplosione sociale, noi diciamo che guardiamo esattamente a questo scenario come possibili protagonisti.

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