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Sanità e operatori della salute al collasso. Il 28 gennaio è sciopero

Il governo Draghi ha deciso che con il Covid dobbiamo “imparare” a convivere e che la responsabilità della diffusione dei contagi sia tutta da addebitare ai non vaccinati e di fatto scarica su chi lavora il peso e anche gli effetti della nuova impressionante ondata della variante Omicron.

La macchina della propaganda batte ormai da settimane sulla necessità di vaccinarsi (e fin qui tutto bene), ma trascura volutamente il dato che la riapertura indiscriminata di tutte le attività produttive ha di fatto rimesso in circolazione in modo prepotente il virus, complici le aziende che hanno abbassato la soglia delle misure di protezione e prevenzione.

Scegliendo di mettere al primo posto il Pil piuttosto che la salute della popolazione, torna l’allarme di un nuovo collasso del sistema sanitario nazionale, con la saturazione degli ospedali e malati di ogni genere lasciati senza cure e assistenza.

Come se non bastasse, nella manovra di bilancio si dirottano gran parte dei finanziamenti per sostenere le imprese e si lasciano i lavoratori senza strumenti di sostegno economico.

Nessun finanziamento destinato al reddito di emergenza o alla cassa integrazione Covid, mentre centinaia di aziende (soprattutto dei settori in crisi) minacciano licenziamenti di massa. Nessun sostegno ai lavoratori “fragili” o a quelli che sono posti in quarantena, in caso di contatto stretto con un positivo.

Alla crisi pandemica si è poi aggiunto un clamoroso aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici, con pesanti ricadute sulle bollette e sui generi di prima necessità e con l’effetto inevitabile di aumentare ancor di più disparità e disuguaglianze, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione.

Vaccinarsi è importante, gli italiani lo hanno capito. Ma hanno anche capito che non basta, dato che l’incidenza dei contagi resta rilevante anche tra i vaccinati e che i tempi di efficacia e copertura sono variabili, tanto da parlare già dell’ipotesi di una quarta dose.

Dopo quasi due anni di emergenza sanitaria e di fronte a continue evoluzioni del virus e a un numero in aumento di contagi è ancor più urgente che:

  • Si assuma personale sanitario indispensabile per assicurare la continuità del servizio e alleggerire chi è sottoposto a turni massacranti;

  • Si realizzino strutture sanitarie e terapie intensive in grado di allontanare il rischio dell’esaurimento dei posti disponibili o di dover ridurre l’assistenza per le altre patologie;

  • Si assuma personale nel sistema scolastico e si realizzino tutte quelle strutture necessarie a ridurre l’affollamento e garantire la prosecuzione della didattica in presenza ma in condizioni di sicurezza;

  • Si potenzi il trasporto pubblico urbano e interregionale, aumentando i mezzi in circolazione, per impedire il raggiungimento della capienza massima;

  • Si distribuiscano gratuitamente le mascherine Ffp2 e si favorisca il tamponamento gratuito per tutti i lavoratori e gli studenti di ogni grado;

  • Si tornino a finanziare tanto la cassa integrazione straordinaria per i settori colpiti e il reddito di emergenza quanto i ristori per le attività costrette a periodi di sospensione o di rallentamento (turismo, ristorazione, attività sportive e culturali, ecc.);

  • Si torni a finanziare la quarantena e l’equiparazione a malattia per i lavoratori fragili che non possono operare in smart working, scongiurando così il rischio di esser costretti a non denunciare il contatto con “positivi”, pur di non rimetterci parte dello stipendio.

  • La vaccinazione di gran parte della popolazione purtroppo si è già rivelata una misura insufficiente a proteggerci dalle evoluzioni imprevedibili del virus, anche in considerazione del fatto che la maggior parte della popolazione mondiale non è ancora stata vaccinata, né lo sarà ancora per molto tempo. Invece di continuare a favorire i profitti delle grandi aziende farmaceutiche è ora di eliminare i brevetti sui vaccini.

L’Unione Sindacale di Base ha proclamato per venerdì 28 gennaio – in coincidenza con lo sciopero della Sanità pubblica – una giornata di mobilitazione nazionale, con iniziative aperte in tutta Italia

C’è bisogno di interventi strutturali

La salute dei cittadini viene prima degli interessi economici delle imprese e delle banche

Al lavoro, a scuola, negli ospedali, sui mezzi pubblici

Diritto alla salute e alla sicurezza

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La XVII edizione del Rapporto Sanità del Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (CREA), presentato mercoledì 19 gennaio, non solo conferma il quadro desolante che da anni andiamo denunciando ma, se possibile, lo peggiora. È il caso della carenza di personale di assistenza che ci colloca agli ultimi gradini della classifica europea, ben sotto Germania, Francia, Regno Unito e Spagna.

Prendendo come riferimento il numero di infermieri per 1000 abitanti, in Italia siamo a 5,5 contro i 5,8 della Spagna, i 7,8 del Regno Unito, i 10,8 della Francia, i 13,2 della Germania. In numeri assoluti parliamo di una carenza di 250/300 mila infermieri, un’assenza che la dice lunga sulla possibilità di garantire le cure ai cittadini.

Per quanto il Rapporto si riferisca al 2018, nessun intervento strutturale è stato previsto in questi anni per invertire la rotta, se non una tardiva e insufficiente assunzione di personale precario per tentare di far fronte alla pandemia.

Il ridicolo grido d’allarme lanciato in questi giorni dall’Ordine degli Infermieri ha l’esclusivo scopo di rispondere alla pioggia di critiche piovute dai lavoratori e dalle lavoratrici della Sanità nei confronti di un Ordine il cui unico intervento, in 2 anni di pandemia, è stato esclusivamente di tipo disciplinare nei confronti di quanti non hanno assolto l’obbligo vaccinale.

Non una parola sulle condizioni di lavoro, nessuna verità sulla reale carenza di personale, conteggiata sempre colpevolmente al ribasso.

Se, come abbiamo sempre sostenuto, i medici in questo Paese sono persino al di sopra della media europea, persiste però una carenza in alcune specialità (anestesisti, ad esempio) dovuta ad una inadeguata programmazione delle specializzazioni e a stipendi che non favoriscono l’assunzione di rischi estremamente elevati.

Per il resto del personale sanitario, in particolare gli OSS, è invece complicato fare stime sulla reale carenza a causa della frammentazione dei sistemi sanitari regionali che ne regolano formazione e fabbisogni attraverso parametri non sempre codificati su base assistenziale.

E proprio la frammentazione dei sistemi sanitari regionali è anche la principale causa delle disuguaglianze sanitarie così esacerbate e rese evidenti dalla pandemia, soprattutto nel Sud Italia.

In queste condizioni, frutto di decenni di tagli indiscriminati a servizi e posti letto (nel 1981 i posti letto erano 530mila contro i 191.000 del 2017), è folle pensare che una pandemia si possa risolvere con l’estemporaneo aumento a dismisura dei posti letto.

Senza assunzioni massicce di personale non esistono cure per i cittadini e nessuna possibilità di ridurre liste d’attesa interminabili.

Il 28 gennaio abbiamo proclamato lo sciopero generale per difendere la sanità pubblica di questo Paese: assunzioni e stabilizzazione di tutto il personale precario, reinternalizzazione dei servizi dati ai privati, abolizione del numero chiuso nelle università, investimenti nei dipartimenti di prevenzione e nella medicina territoriale, incremento dei finanziamenti del SSN sono le nostre parole d’ordine.

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1 Commento


  • Mauro

    Gli italiani hanno capito l’importanza di vaccinarsi?Costringendoli?Ricattandoli?…Il sol dell’avvenire sorgerà a quale dose? Alla decima?Con il supermega greenpass?Questi ‘vaccini’ non servono ad un cazzo(scusate il francesismo),servono solo a schiavizzare ulteriormente chi è già schiavo della LORO narrazione…saluti comunisti dal container n°1 x non vaccinati.

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