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“Il Calp non è un’associazione per delinquere”, archiviata la maxi inchiesta contro 8 attivisti

Imbrattamenti con vernice, accensioni di fumogeni, razzi di segnalazione sparati in cielo, sedi di estrema destra sigillate con l’attak, post su facebook dai toni spesso minacciosi: moltissimi episodi e altrettanti “reati” di poco conto contestati (di cui diversi archiviati), ma il Collettivo autonomo dei lavoratori portuali non è un’associazione per delinquere.

Lo ha stabilito il gip di Genova Claudio Siclari dopo la richiesta di archiviazione chiesta dal titolare della maxi inchiesta Marco Zocco.

L’indagine, che coinvolgeva 8 persone, era nata sulla base di un’annotazione della Digos che aveva messo insieme numerosi episodi di danneggiamenti avvenuti nel corso di manifestazioni antifasciste, diversi blitz antimilitaristi contro le navi della compagnia saudita Bahri nonché la ‘spedizione’ dei genovesi del Calp a bordo di un furgone in direzione Castiglion Fibocchi, dove risiedevano i due giovani aretini condannati in via definitiva per la morte di Martina Rossi, figlia di Bruno Rossi, storico sindacalista e simpatizzante dello stesso Calp.

In quel caso i sindacalisti del Calp (alcuni dei quali oggi sono diventati delegati dell’Usb) erano stati fermati prima di arrivare a destinazione e denunciati: a bordo del mezzo era stato trovato anche un manganello telescopico.

Gli attivisti restano indagati per diversi reati ma si tratta sempre di reati contro “contro il patrimonio e che consistono perlopiù in deturpamenti o danneggiamenti in danno delle sedi locali di gruppi di estrema destra o per strada di beni esposti alla pubblica fede” scrive il pm che ha fondato la sua richiesta proprio sulla base dell’annotazione conclusiva della Digos genovese, consegnata all’esito delle indagini, che hanno ricompreso sequestri e intercettazioni sui telefoni.

Gli elementi di prova in atti sono insufficienti a sostenere l’accusa in giudizio in ordine alla ipotizzata associazione per delinquere”, scrive il pm.

La stessa Digos nell’annotazione conclusiva ha chiarito che “le persone sottoposte a indagine singolarmente o operando all’interno di gruppi perseguono finalità politiche e sindacali legittime sia promuovendo iniziative volte ad affermare i loro ideali politico sociali sia partecipando a iniziative promosse da altri soggetti nell’esercizio del diritto di associazione tutelato dalla Costituzione”.

E’ chiaro che “assai spesso in occasione di tali iniziative o manifestazioni o anche agendo al di fuori di ogni contesto associativo organizzato mossi dalla finalità di contrastare l’avversario politico – spiega ancora il pm nella richiesta di archiviazione – gli indagati hanno palesemente travalicato i limiti posti alla libera manifestazione del pensiero violando ripetutamente la legge penale”.

Per la Procura di Genova però “i roboanti proclami di lotta espressi dagli indagati nei messaggi che si scambiano e i toni assai accesi utilizzati nelle loro comunicazioni alcune delle quali avvengono su di una chat riservata il cui nome Prima Linea evoca tempi per fortuna ormai passati non hanno avuto concrete realizzazioni se si presta attenzione al fatto che l’annotazione non riporta scontri diretti con gli avversari politici nonostante il periodo piuttosto lungo di vita dell’associazione attiva dal 2015”.

Nel documento vengono riportati alcuni messaggi degli indagati che appunto, sanno bene che certe azioni possono essere molto pericolose, come quando a qualcuno era venuto in mente un possibile blitz per installare una catena subacquea per bloccare l’arrivo di una delle navi della Bahri:

Non è un gioco sequestrare o occupare una nave ti mandano veramente i Gis, non possiamo fare arrestare nessuno, bisogna fare cose alla nostra altezza e questa non lo è” scrive uno degli indagati e aggiunge:”Anche a me piacerebbe prendere un ak47 e combattere contro lo Stato ma poi mi sveglio sudato e capisco che non sono più quei tempi”.

Quello che il provvedimento del pm chiarisce definitivamente è che “ciò che caratterizza il vincolo sicuramente esistente che lega gli associati non è la finalità di commettere reati ma piuttosto la finalità di svolgere l’attività politica anche se spesso con modalità che trascendono palesemente i limiti posti all’espressione della libertà di manifestazione del pensiero dal momento che ferma la legittimità della protesta anche in forme accese non è consentito a nessuno affermare le proprie idee mettendo in pericolo offendendo o ledendo i diritti degli altri consociati tutelati dalle norme del codice penale”.

Il provvedimento ricorda come il gruppo stesse progettando fra le altre attività la creazione di una associazione con lo scopo di fare proselitismo tra i giovani realizzando fumetti e facendo incontri nelle scuole.

Secondo il progetto l’associazione si doveva occupare delle delle “spese legali per i compagni denunciati” e della “gestione della cassa antifascista che potrebbe essere implementata con le donazioni del 2xmille o del 5xmille”.

La citata iniziativa – dice il pm – contraddice palesemente l’ipotesi dell’esistenza di un associazione avente come scopo la commissione di un numero indeterminato di delitti”.

Tra gli episodi che erano stati utilizzati dalla Digos a sostegno dell’ipotesi iniziale dell’associazione per delinquere c’è uno in particolare relativo a un blitz contro una nave della flotta Bahri su cui si sofferma il pm.

Si tratta di un lancio di razzi di segnalazione contro la fiancata di una nave il 9 marzo del 2020 per il quale la Digos aveva ipotizzato l’attentato alla sicurezza dei trasporti ma il pm ricorda che il reato si configura solo per il trasporto pubblico “e il natante verso il quale sono stati esplosi i razzi di segnalazione non effettua trasporti pubblici” né tantomeno il reato di tentate lesioni aggravate visto che “i filmati documentano che il lancio dei razzi contro la fiancata della nave è palesemente inidoneo a cagionare lesioni alle persone che fanno parte dell’equipaggio del natante”.

Sul fronte dell’antimilitarismo i portuali del Calp fra l’altro negli ultimi anni sono stati ringraziati anche da papa Francesco, che li ha incontrati in Vaticano, sono scesi in piazza accanto ai vertici della Curia genovese e agli scout, sono stati auditi al Parlamento europeo.

Poco più di un mese fa hanno organizzato una manifestazione, lo scorso 25 febbraio, a cui hanno partecipato migliaia di persone e ogni mese testimoniano con documentazione video fotografica il transito di armi attraverso il porto di Genova.

* da Genova24

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La reazione dei lavoratori del Calp:

Siamo ancora un po’ frastornati, confusi, ancora un po’ ubriachi e non abbiamo dormito per niente,

I messaggi le telefonate dai nostri compagni di lavoro, da tanti compagni e compagne di Genova e da mezza Italia e da tante città Europee ci fanno comprendere come sia importante la solidarietà la complicità, non siamo facili da sopportare, ma se si ha un po’ di pazienza si capisce che siamo semplicemente il riflesso del nostro lavoro, siamo Portuali.

Questa archiviazione cerchiamo di comprenderla di analizzarla, non vogliamo cadere in trionfalismi o facili conclusioni, questa indagine crediamo che nasca in alto e abbia dei mandanti precisi, ma questa è Genova, anche chi governa ha capito che questa città ribelle a volte chiusa ma attenta e testarda, sa opporsi.

Molte le strade, tante le piazze in cui siamo stati proprio perché ricordano i nostri martiri partigiani. Non c’è montagna o sentiero che non abbia lapidi o ricordi della resistenza antifascista, dal Porto, dalle fabbriche, alle scuole, dai quartieri Popolari, al Centro Storico di Genova coi suoi Vicoli, zone che si sono sempre opposte al fascismo, alla guerra e noi siamo semplicemente i figli di questa città e la difenderemo fino alla fine.

Per quanto riguarda il contrasto in Porto dei traffici di armi vogliamo solo ricordare che la contraddizione più grossa continua a rimanere appesa, mentre noi siamo stati per due anni sotto indagine e a oggi “l’associazione a delinquere 416” è stata archiviata, la legge 185/90 continua a essere non rispettata e che i veri delinquenti sono i trafficanti d’armi che passano per i nostri Porti e chi collabora con loro per aumentare i profitti dei soliti nomi.

Pensiamo che opporsi ai traffici di armi sia un buon motivo per provare a fare qualcosa prima che sia definitivamente troppo tardi,

Per noi l’archiviazione è una vittoria, frutto di un lavoro politico condotto con determinazione grazie al supporto di tutte/i i Compagni che ci hanno supportato, anche se molti di noi hanno ancora dei procedimenti che pesano e che peseranno sulla loro vita.

Continueremo la nostra lotta e lo faremo a testa alta!

Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali

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