Il 23 marzo scorso un importante sciopero indetto da USB aveva fermato la produzione del gigante della due ruote italiano. Alla base della fermata la denuncia del clima di ricatto interno per massimizzare lo sfruttamento dei lavoratori, i mancati pagamenti sui premi di risultato e di nessun aumenti salariale, nonostante gli ottimi risultati aziendali che da anni producono guadagni milionari distribuiti agli azionisti.
Rivendicazioni che si sono tradotte in proposte concrete, scritte nero su bianco nel contratto integrativo di USB come base di confronto con la multinazionale, insieme ad una serie di richieste molto avanzate su orari di lavoro, ambiente, sicurezza, assunzioni, smart working, appalti, sostenibilità ambientale in fabbrica.
Una piattaforma che tutti i lavoratori hanno il diritto di discutere e votare, in base a precise norme dello Statuto dei Lavoratori (Art. 20) e a sentenze della Corte di Cassazione, che prevedono il diritto di ogni singola componente RSU ad avere assemblee interne retribuite.
Nonostante questo l’azienda ha risposto picche alle RSU USB e SIAL COBAS: l’assemblea per discutere del contratto integrativo si potrà svolgere solo grazie allo sciopero del 6 giugno, assumendo così caratteristiche che travalicano lo specifico momento contrattuale.
Il nostro paese si caratterizza per essere il più arretrato a livello europeo in termini di retribuzioni. Negli ultimi 20 anni i salari medi sono scesi del 2,9%, determinando un enorme spostamento di risorse dalle tasche dei lavoratori a quelle dei padroni.
Un decremento netto di salario che si accompagna ad una equivalente perdita di diritti. I padroni italiani, grazie alla collaborazione attiva di CGIL CISL e UIL e ai governi che si sono succeduti in questi anni, hanno ottenuto enormi margini di profitto, trasformando il paese in un “modello di sviluppo” che eguaglia e supera Germania e Francia.
Una crescita effimera, costruita esclusivamente sulla pelle dei lavoratori, che non risolve la crisi nella quale si dibatte il capitalismo occidentale, impegnato in una vera e propria guerra economica contro i lavoratori e militare contro i competitor internazionali, come sta avvenendo in Ucraina e in altre parti del mondo.
Contro queste politiche di guerra, lacrime e sangue lo scorso 26 maggio si è svolto un importante sciopero generale nazionale ed è in preparazione una grande manifestazione nazionale per sabato 24 giugno.
Lo sciopero del 6 giugno sta dentro questa linea di resistenza e di potenziale offensiva operaia, contro una azienda ed un modello produttivo che portano ogni giorno di più miseria, infelicità e guerra, contro i lavoratori e la grande maggioranza della popolazione.
L’alternativa alla barbarie del capitalismo sta nel conflitto organizzato, verso la costruzione del Socialismo del XXI secolo, unica strada per superare la drammatica fase che sta attraversando l’intera umanità.
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