Intervista a Francesco Marchese, delegato Usb. La prossima liberalizzazione delle tariffe nel mercato dell’energia (gas, luce) getterà milioni di famiglie in mano agli squali delle varie aziende con cui le privatizzazioni hanno spezzettato quello che era un servizio pubblico di prima necessità.
Ma i danni non saranno solo sulle bollette sulle quali scomparirà il mercato tutelato. Ci sono migliaia di lavoratrici e lavoratori dei call center che lavorano in appalto per le aziende energetiche per i quali verrà meno la “clausola sociale”, un meccanismo che fino ad oggi aveva tutelato i lavoratori dai cambi di appalto e dagli effetti nefasti delle gare al massimo ribasso alle quali ricorrono sistematicamente le aziende.
Ne abbiamo già scritto ieri sul nostro giornale cercando di offrire uno scenario più completo dei problemi che si vanno accumulando sia per i lavoratori che per gli utenti.
Mercoledi a Taranto c’è stato uno sciopero e una manifestazione dei lavoratori del call center (soprattutto della società Covisian) sotto la Prefettura, una prima iniziativa che ne annuncia altre a gennaio quando su questa vertenza ci sarà un incontro al ministero.
Per capirne di più, su questo abbiamo sentito Francesco Marchese delegato responsabile dell’Usb a Taranto per i lavoratori dei call center a rischio licenziamento.
La liberalizzazione del mercato energia mette in pericolo i conti delle famiglie ma anche i posti di lavoro. Esiste un pericolo di licenziamento per chi lavora nel vostro settore? Puoi spiegarci come?
La liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica che si compirà agli inizi del 2024 rischia di trasformarsi in uno dei più pesanti licenziamenti di massa della storia recente.
Le disposizioni di legge adottate dal Governo Meloni infatti non solo chiudono la porta ad una proroga del termine del regime regolato, quanto mai necessaria di fronte all’impreparazione di milioni di cittadini ad affrontare la transizione al Mercato Libero con i conseguenti rincari cui andranno incontro, ma prevedono anche la cancellazione della clausola di salvaguardia dell’occupazione delle lavoratrici e dei lavoratori impiegati da circa 20 anni nei call center dedicati all’assistenza dei clienti.
Per effetto di queste scellerate decisioni politiche, 1500 lavoratrici e lavoratori di tutta Italia, di cui circa 150 nella sola città di Taranto, rischiano di perdere il proprio posto di lavoro entro pochi mesi, sacrificati sull’altare della riduzione del costo del lavoro, ad esclusivo vantaggio delle aziende che subentreranno nella gestione del servizio dopo il passaggio delle utenze al nuovo mercato di riferimento.
Ed è questo il paradosso: l’attività di assistenza ai clienti continuerà a svolgersi per quelle stesse utenze dopo la transizione, ma a farlo non saranno più i lavoratori oggi impiegati in quel servizio, sostituiti da altri con contratti precari e ad un costo inferiore, realizzando così l’ennesimo scatto in avanti nella precarizzazione del mondo del lavoro.
I lavoratori dei call center seppur interni ai processi di valorizzazione per le aziende, sono spesso esternalizzati e precari. Quanto di questo è vero per i lavoratori delle commesse energia?
I lavoratori coinvolti in questa vicenda sono inquadrabili dentro il più ampio contesto dei servizi dei call center appaltati dalle grandi società energetiche.
Un sistema feroce, fondato su gare aggiudicate con fortissimi ribassi che si ripercuotono sulle condizioni materiali di lavoro e di vita di decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici, in cui i fornitori, obbligati dalla legge a garantire la continuità occupazionale del personale già impiegato nel settore per effetto delle clausole sociali, si insediano nei territori senza una concreta idea di investimento, ma solo per il tempo necessario a portare a termine il loro contratto, tagliando il più possibile sul costo del lavoro e lasciando alla fine le macerie sociali del loro passaggio.
Tutto questo nel silenzio interessato dei committenti che spesso sono società multinazionali e a partecipazione pubblica, come ENEL nella fattispecie, e che si chiamano fuori da ogni responsabilità sociale, mentre continuano a registrare utili miliardari.
Anche in questo caso, i sacrifici richiesti ai lavoratori dai vari appaltatori del Mercato Tutelato dell’energia elettrica con l’avallo del sindacalismo compiacente non sono valsi a nulla.
I tagli al salario e ai diritti passati in questi anni sotto il nome di FIS, CIG, accordi sindacali in deroga non sono serviti neanche questa volta a preservare i lavoratori e le lavoratrici dal rischio del licenziamento, ma certamente a far risparmiare un bel po’ di soldi alle aziende del settore e a migliorare i loro margini di guadagno.
Anzi, la costante erosione del salario e dei diritti e i licenziamenti che si profilano all’orizzonte sono proprio il frutto avvelenato del sistema degli appalti: fare margine sui sacrifici dei lavoratori, per poi lasciarli a casa quando non ci sarà nient’altro da togliere loro.
Qual’è il sentimento prevalente tra i lavoratori. Come vi state muovendo come USB?
Quello che abbiamo di fronte è un finale ampiamente annunciato che siamo convinti di modificare grazie alla combattività che i lavoratori e le lavoratrici stanno dimostrando si saper mettere in campo in queste settimane.
Come USB, abbiamo rivendicato in tutti questi anni la necessità che i fornitori del servizio di tutela assumessero impegni per la diversificazione delle attività dei call center proprio per scongiurare il rischio che la prevista chiusura del regime regolato producesse ricadute occupazionali di questa portata, restando però inascoltati.
Oggi siamo al fianco dei lavoratori nel realizzare tutte le iniziative di protesta necessarie per uscire dall’invisibilità nella quale spesso sono stati relegati e rivendicare una sostanziale modifica del quadro normativo: prorogare la data di chiusura del Mercato Tutelato (è di ieri la notizia che Arera ha deliberato una prima proroga di tre mesi, spostando la data al 1 Luglio 2024), per consentire una transizione consapevole per i consumatori e tale da garantire il diritto al lavoro degli addetti; ripristinare la clausola di salvaguardia occupazionale, cancellata, di fatto, con il recente D.L. Energia bis; richiamare committenti e fornitori alle proprie responsabilità sociali di fronte al rischio dell’ennesima macelleria sociale.
Il 20 Dicembre abbiamo partecipato ai presidi che si sono realizzati davanti alle Prefetture di molte città e avviato una mobilitazione che durerà per tutto il tempo necessario ad ottenere i nostri obiettivi. Il 3 Gennaio 2024 è già previsto un incontro al Mase e stiamo valutando le iniziative da realizzare in quell’occasione.
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