Bene. Il governo sta pensando velocemente su come reeintrodurre una serie di norme che costringano il dipendente pubblico a eseguire sempre gli ordini, qualsiasi contenuto abbiano.
Stanno infatti scrivendo un disegno di legge delega per la “regolazione dei licenziamenti disciplinari nelle pubbliche amministrazioni”. Lo schema teorico è concettualmente elementare: dovrà essere razionalizzata la struttura attuale delle sanzioni e introdotta una “tipizzazione delle ipotesi” che possono giustificare il licenziamento per motivi “soggettivi”; ovvero, disciplinari, nella misura in cui quel certo dipendente non abbia le caratteristiche necessarie a ricoprire il ruolo (fedeltà, obbedienza cieca, attitudine spionistica nei confronti dei colleghi… potete sbizzarrirvi).
“Parte da qui – spiega Il Sole 24 Ore – la proposta operativa che il ministro della Pa e della semplificazione, Filippo Patroni Griffi, sta mettendo a punto per la traduzione in norme dei «principi e criteri generali» contenuti nella riforma Fornero. La ri-regolazione del pubblico impiego si muoverà su un indice articolato e complesso, che i tecnici di palazzo Vidoni stanno ancora limando in vista del prossimo incontro con i sindacati (la data è da confermare ma dovrebbe essere il 4 maggio) sapendo che tutto dovrà essere pronto entro la metà di maggio”. Quasi inutile chiedersi cosa diranno, in quella sede, i sindacati “complici”: obbediamo.
Il progetto non è di piccolo conto. Si vogliono “armonizzare le norme sul mercato del lavoro, vale a dire i contratti flessibili in entrata e le regole sui licenziamenti”, si punta a un nuovo insieme di misure per rafforzare la responsabilità e l’autonomia dei dirigenti; per i populisti in servizio permanente effettivo, si accenna a un taglio delle consulenze esterne; una nuova impostazione delle politiche di reclutamento (tra cui il rilancio del vecchio progetto di riordino delle scuole superiori della Pa); una rivisitazione del “ciclo della performance”, che prevede una “condivisione con i sindacati nella gestione delle scelte organizzative delle amministrazioni”.
La nuova formulazione dell’art. 18 è talmente chiara e negativa per la “reintegra” sul posto di lavoro – che per i licenziamenti “discriminatori” non serviranno neppure norme di “equiparazione tra pubblico e privato”. Per quelli “economici” – anche se può apparire sorprendente, visto che parliamo dello Stato – la cornice regolatoria già esiste ed è l’articolo 33 del Dlgs 165/2001, che prevede la mobilità del personale in disponibilità (dichiarato “in eccedenza”).
Un intervento ad hoc servirà invece per i “disciplinari”. Dice Il sole 24 Ore: “Tenendo conto dei vincoli costituzionali, della diversa natura della funzione pubblica che prevede maggiori doveri e pretende diverse garanzie ai dipendenti di un’amministrazione pubblica rispetto a quelli di un’azienda privata, con la delega si punta a introdurre una serie di ipotesi di giustificato motivo soggettivo e a ricalibrare il sistema delle sanzioni conservative o espulsive che, tra l’altro, sono differenziate a seconda che si tratti di funzionari o di dirigenti.
Una delega, insomma, per rendere più certe le situazioni che fanno scattare il licenziamento in casi disciplinari. Con la prospettiva, in caso di sentenza che boccia il licenziamento, del reintegro del dipendente piuttosto che del suo indennizzo; ipotesi peraltro già bollata da incostituzionalità dal Giudice delle leggi.
Tra le “quasi” buone notizie, poteva invece rubricata l’idea è di abbandonare il contratto coordinato e continuativo, con un’equiparazione stretta con il settore privato. Peccato che i contratti a termine, che comunque non potranno essere trasformati in contratti a tempo indeterminato perché resta il vincolo dell’accesso per concorso nella Pa, “verranno molto ricalibrati”: per quelli molto brevi verrà recepita la riforma Fornero mentre per quelli fino a 36 mesi si penseranno formule tipo il corso-concorso, mirate per qualificare il più possibile questi rapporti temporanei d’impiego.
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