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ITA: Corte d’appello di Milano dichiara incostituzionale il trattamento economico dei ricorrenti USB

Il 4 gennaio il Tribunale di Milano ha emesso sentenza favorevole per il ricorso attivato dai lavoratori aderenti ad USB e ha dichiarato incostituzionali le condizioni economiche erogate per il ricorrente.

A distanza di poco più di un anno in tribunale, è stata confermata la battaglia iniziata con la sentenza di primo grado del 20 ottobre 2022, vinta da un nostro attivista e dallo studio legale Laratta Verdura e Romanotto.

I giudici di appello hanno approfondito la determinazione già raggiunta in quella sede, arrivando a riconoscere la mancata applicazione dell’art.36 della Costituzione dove: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa“.

La Corte di Cassazione nel 2023 ha affermato, infatti, che in nessun caso la verifica della sufficienza della retribuzione in concreto, corrisposta anche attraverso la considerazione del livello Istat di povertà assoluta, può esaurire l’oggetto della articolata valutazione demandata ai sensi dell’art. 36 della Costituzione.

Il giudice, pertanto, non può sottrarsi ad alcuna delle due valutazioni che, seppur integrate, costituiscono le direttrici per determinare la misura della retribuzione minima secondo la Costituzione.

Essa deve condurre sempre alla determinazione delle quantità salariali percepite in modo che siano parametrate ai livelli retributivi stabiliti dalla contrattazione collettiva, ritenuti idonei a realizzare le istanze sottese ai concetti costituzionali di sufficienza e di proporzionalità.

Dall’altro lato, è fatto salvo l’intervento correttivo del giudice sulla stessa contrattazione collettiva a tutela della percettività dell’art.36 della Costituzione.

USB il 2 dicembre 2021 non sottoscrisse gli accordi di secondo livello con ITA Airways, perché i trattamenti erano troppo bassi e in generale i tabellari mod.2 introdotti con il CCNL 2021, per molti dipendenti inseriti ai livelli più bassi di anzianità, non erano accettabili. 

Differentemente l’azienda e i sindacati confederali Cgil, Cisl, UIL, Ugl, con Anpac e Anpav, “amici penna lesta”, non solo hanno sottoscritto quei contratti ma hanno ribadito le condizioni miserevoli, imponendole per il tempo di 15 mesi ai neo assunti con anzianità minime con l’accordo del febbraio 2023.

Come se tutto questo non bastasse, i colleghi che si sono rivolti alla giustizia per far valere i diritti previsti dalla Costituzione, sono stati vessati con la sospensione delle agevolazioni per l’acquisto di biglietti di viaggio e questo ha scaturito un’altra causa che chiede di dichiarare illegittima una modalità ricattatoria, spinta alle estreme conseguenze. Anche su questo punto a breve si esprimerà la Corte di Milano.

L’atteggiamento di Ita, azienda pubblica, si dimostra ancora una volta intollerabile e discriminatorio verso i dipendenti, ai quali impone contratti indecorosi e condizioni penalizzanti.

Le modalità di cessione degli asset di Alitalia ad Ita sono ancora centrali nel dibattito sui diritti nel nostro Paese. C’è un sistema che sta attuando una riduzione di tali diritti, che ha visto anche il governo arrivare a copertura di tutta l’operazione Alitalia in modo negativo con l’emanazione di leggi vincolanti.

La nostra organizzazione sindacale attraverso i propri delegati ed attivisti continuerà a battersi per riportare legittimità e difendere le istanze dei propri iscritti in tutte le sedi di giudizio.

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