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Nordio contro il reato di omicidio sul lavoro: la lettera di Emma Marrazzo, mamma di Luana D’Orazio, e Cinzia Della Porta

Il ministro Nordio ha bocciato la proposta di introdurre il reato di omicidio sul lavoro proprio nel momento in cui, da più parti ed ora anche da diversi dirigenti Cgil e Uil, il tema sembra aver fatto finalmente breccia.

Anzi, probabilmente proprio la preoccupazione che la necessità di introdurre questa novità nel codice penale finisca per diventare una richiesta generale, ha spinto il ministro a mettere subito le mani avanti, smentire le aperture che solo il giorno prima aveva fatto la ministra Calderone, e puntare a chiudere in fretta la discussione.

Qualcuno da Confindustria deve aver chiamato Nordio per invitarlo a chiarire la posizione del governo e lui rapidamente si è allineato.

Quanto alla motivazione che sarebbe all’origine di questa posizione vogliamo ricordare al ministro che quando una persona è riconosciuta colpevole di aver investito qualcuno con la propria auto finisce in galera, mentre quando un lavoratore muore in un cantiere non c’è mai un padrone che paghi. 

Per fermare le stragi sul lavoro occorre combattere la precarietà e quindi lo sfruttamento e la ricattabilità che subiscono i lavoratori e quindi rivedere le leggi sugli appalti e assicurare maggiori tutele ai lavoratori.

Ma per rendere giustizia a chi muore sul lavoro ci vuole una legge chiara che permetta di individuare i responsabili, chiamandoli con il loro nome: assassini!

Riportiamo di seguito il testo della lettera inviata al Ministro da Cinzia Della Porta, presidente di Rete Iside, e da Emma Marrazzo, mamma di Luana D’Orazio.

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Signor Ministro della Giustizia Nordio, vogliamo incontrarla

Abbiamo lavorato per mesi a scrivere la proposta di legge per l’introduzione del reato di Omicidio sul lavoro e lesioni gravi e gravissime e per raccogliere, con il determinante contributo dell’USB, decine di migliaia di firme nelle piazze, nelle fabbriche, nei cantieri, tra la gente comune.

Abbiamo trovato il sostegno di forze sindacali, politiche, di intellettuali e gente dello spettacolo e dell’arte, abbiamo fatto diventare questa proposta l’unica proposta in campo per cercare di fermare lo sfruttamento dei lavoratori, la precarietà, il sistema degli appalti che sono alla base della mattanza quotidiana sui luoghi di lavoro.

Ci siamo anche un po’ ispirati proprio all’ introduzione dell’omicidio stradale e di quello nautico. Ci sembrava che non potesse esserci alcun motivo valido, a fronte di migliaia di morti e centinaia di migliaia di mutilati e invalidi ogni anno sui luoghi di lavoro perché non si adottasse la stessa determinazione anche nei confronti degli omicidi sui luoghi di lavoro.

Una deterrenza forte, predisponendo una certezza della pena e una pena adeguata, se può esistere una pena adeguata per chi uccide in nome del profitto; aprendo a nuovi e più incisivi poteri per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, prevedendo una procedura d’urgenza nella discussione delle denunce sindacali sul mancato rispetto delle regole in materia di salvaguardia della salute e della sicurezza.

Obbligando le aziende a predisporre gli obbligatori documenti di valutazione del rischio in modo che non fossero più solo un pezzo di carta da mostrare agli Ispettori a prescindere dal loro contenuto.

La sua laconica e lapidaria risposta a tutto questo è per noi frettolosa e irricevibile. Cosa sarebbe successo ai lavoratori del cantiere Esselunga se un giorno avessero improvvisamente deciso di fermarsi e uscire sulla strada fermando la circolazione per denunciare le gravi mancanze nel rispetto della tutela della salute sul loro posto di lavoro e magari anche il lavoro nero e l’assurdità del sistema degli appalti?

Avrebbero rischiato pene altissime, fino a sei anni di reclusione, grazie alla reintroduzione del reato di blocco stradale. Una reintroduzione tesa a far desistere dal fare blocchi stradali o occupazioni di aziende chi avesse in animo di protestare per le condizioni di lavoro, contro i licenziamenti, a favore dell’ambiente…

Luana d’Orazio è morta perché un orditoio a cui era stata intenzionalmente tolta una protezione l’ha inghiottita. Il processo in corso sta delineando la classica conclusione, condanna irrisoria grazie al patteggiamento, nessuna effettività della pena.

Come Luana tante e tanti altri non vedono nella giustizia la determinazione ad agire per reprimere comportamenti dettati dalla sete di guadagni e dal disprezzo per la salute e la vita dei lavoratori. Il padrone di quella fabbrica, la ditta che gestiva il cantiere di Firenze avrebbe operato nello stesso modo di fronte alla previsione di pene adeguate alla gravità dei fatti?

Signor Ministro le chiediamo di incontrarci, anche solo per dirle che non intendiamo arretrare e che continueremo la nostra battaglia in nome di Luana e di tutte le migliaia di lavoratrici e lavoratori assassinati nei luoghi di lavoro e a cui chiediamo almeno che la giustizia dia ascolto.

 * Presidente Rete Iside

 ** mamma di Luana D’Orazio

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