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Carte false alla BRT

Il Tribunale di Milano accerta la frode: Brt condannata ad assumere i corrieri della filiale di Caorso (PC) ed a risarcirli per essere stati irregolarmente somministrati.

Come noto, la Procura di Milano ha dichiarato guerra aperta al sistema degli appalti. Dopo aver riscontrato, presso diverse multinazionali della logistica, diffuse irregolarità sia sotto il profilo fiscale che sotto quello lavoristico, sono stati emessi decreti di sequestro e/o di amministrazione giudiziaria nei confronti delle società committenti.

Dalle indagini effettuate è infatti emerso, tra le altre cose, che diversi colossi della logistica si avvalgono della prestazione dei lavoratori (su tutti: corrieri e magazzinieri) attraverso fittizi contratti d’appalto che nascondono, in realtà, una somministrazione irregolare di manodopera. Ciò significa che il reale datore di lavoro è la multinazionale, mentre i datori di lavoro formali – le appaltatrici, solitamente società cooperative -, altro non sono che mere “schermaglie”, prive di alcun reale potere organizzativo o direttivo, che si limitano a corrispondere lo stipendio, senza alcun potere direttivo o di coordinamento né sopportare alcun rischio d’impresa.

Nello specifico la Brt (ex Bartolini) azienda operante nel settore del trasporto–consegna a domicilio subì, con provvedimenti della Procura di Milano del 12.12.21 e 24.1.23 (rg. 17824/21), sequestri per l’ammontare, rispettivamente, di € 44.399.734,00 e 24.452.221,67. In seguito, il Tribunale di Milano – Sezione autonoma misure di prevenzione – con decreto n. 6 del 23.3.2023, dispose l’amministrazione giudiziaria della società per la durata di un anno.

BRT opera in Italia attraverso 4 hub (grossi magazzini), 190 filiali (ove vengono smistati i pacchi e consegnati ai corrieri per la distribuzione) e oltre 6 mila “fermopoint” (luoghi – spesso negozi, bar o cartolerie convenzionate – ove il cliente finale può decidere di farsi recapitare la merce – se ad esempio non è reperibile presso il proprio domicilio in orario lavorativo). La stessa ha alle proprie dipendenze circa 4.000 dipendenti “diretti” – per lo più impiegati addetti alle filiali di smistamento -, a fronte di circa 10.000 driver, ovvero i lavoratori che quotidianamente incrociamo sulle strade, addetti alla consegna con i furgoncini rossi recanti insegna BRT.

Per svolgere la propria attività Brt si avvale di un potente ed avanguardistico software gestionale, ovvero un programma informatico attraverso il quale viene organizzato integralmente il sistema di consegne; dal primo all’ultimo passaggio Brt conosce in tempo reale ove si trova ogni singolo collo, dove transita, in che hub o filiale si trova, a quale corriere viene affidato, quanti pacchi vengono affidati a ciascuno dei corrieri, quanti vengono effettivamente consegnati, quanti tornano in filiale, i resi, le giacenze, insomma tutto.

Infatti Brt consegna ad ogni corriere (formalmente dipendente dell’appaltatrice di turno) un dispositivo palmare, simile ad un cellulare, ove è installata un’apposita applicazione che informa il corriere sui pacchi da consegnare o ritirare, il peso, il volume del collo, l’indirizzo di destinazione, il “programma di lavoro” della giornata; è dunque attraverso tale dispositivo che Brt conosce in tempo reale tutte le vicissitudini relative alle consegne.

Questo performante sistema ha fruttato a Brt 1,88 miliardi di euro nell’anno 2022, a fronte di un numero di dipendenti – e relativo costo del lavoro – pari a soli 4.000 impiegati, mentre l’esercito di addetti alla consegna risulta “esternalizzato”, ovvero alle dipendenze, sulla carta, di società “fornitrici di servizi”.

Alla luce di tale situazione, con plurimi ricorsi depositati negli anni 2023 e 2024, la sostanziale totalità dei driver – oltre 50 – addetti alla filiale di Caorso (Piacenza) iscritti all’organizzazione Unione Sindacale di Base, ha agito in giudizio presso il Tribunale di Milano per l’accertamento della “non genuinità” dei contratti di appalto di servizi di trasporto affidati alle società “fornitrici di servizi” – le formali datrici di lavoro dei corrieri – , rivendicando la natura subordinata dei rapporti di lavoro sorti di fatto presso Brt.

Con le sentenze 1820/24 del 17.4.24 – 2639/24, 2644/24 e 2660/24 del 23.5.2024 sono stati accolti i primi 4 ricorsi, riconoscendo la natura subordinata dei rapporti di lavoro tra i driver e Brt e condannando Brt all’assunzione di ciascuno di essi a tempo indeterminato nonché a versare loro una somma pari a 12 mesi di stipendio cadauno a titolo di risarcimento.

Le sentenze sanciscono che: “Che ricorra, nel caso in esame, una fattispecie interpositoria risulta dalla lettura della documentazione allegata al ricorso ed è emerso con chiarezza nel corso delle prove testimoniali”, valorizzando, tra le altre cose che “il datore di lavoro, nella sostanza, era BRT. Quest’ultima controllava la corretta esecuzione della prestazione e le tempistiche, organizzava i turni di lavoro; a BRT bisognava chiedere ferie o permessi e ad essa ci si rivolgeva nel caso di problemi con le consegne. Sia la divisa sia il palmare” … e che “E’ poi documentale e, anzi, è confessato dalla stessa BRT, che sino al provvedimento di amministrazione giudiziaria del marzo 2023, le relazioni sindacali fossero intrattenute da BRT stessa”.

Tuttavia, nonostante il chiaro tenore della sentenza, BRT si è negata a dare corso all’internalizzazione del primo dei lavoratori nelle mansioni proprie di corriere, adducendo, curiosamente, di “non avere lavoro di fargli fare”. Il giorno della internalizzazione è stata consegnata la comunicazione di assunzione ma, giunto sulla Filiale di Piacenza, il lavoratore è stato “accomodato” su una scrivania, senza attribuzione di alcuna mansione, per poi essere trasferito presso la filiale di Bologna per essere adibito a mansioni inferiori, di magazziniere. Dopo nemmeno un mese dalla sentenza che accertava il suo diritto ad essere assunto a tempo indeterminato presso Brt, quest’ultima lo ha infine licenziato per asserita “giusta causa”.

In buona sostanza Brt sta disattendendo le pronunzie giudiziali, licenziando in modo ritorsivo i lavoratori per aver “osato” vincere in Tribunale: una forma sui generis d’intendere il concetto di legalità, che costringerà i lavoratori ad ulteriori iniziative sindacali e legali, affinché siano puntualmente adempiuto quanto stabilito dal Tribunale di Milano.

*avvocato, membro del Centro di Iniziativa Giuridica

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2 Commenti


  • PAOLO

    pesce grosso magia pesciolini


  • Giuseppe

    se ne accorgono ora che ste coop sono truffe!!

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