I due miliardi di euro previsti nella Legge di bilancio per rafforzare i bassi salari in Italia attraverso la diminuzione dell’Irpef indicata nella manovra, potrebbero portare in media ad un “ricco” aumento di 10 euro al mese per i 16.266 mila lavoratori dipendenti. La disponibilità sarebbe infatti di 122 euro medie di riduzione dell’imposta sulle persone fisiche all’anno.
La Confesercenti calcola che, al netto dell’inflazione, il potere d’acquisto delle famiglie italiane si sia ridotto di circa 4 miliardi di euro.
Dal Rapporto annuale dell’Istat emerge che le retribuzioni contrattuali hanno perso tra il 2019 e il 2024 il 10,5% del potere d’acquisto a causa della forte crescita dei prezzi.
La perdita del potere d’acquisto per le retribuzioni contrattuali è stata rilevante, soprattutto a fine 2022 quando ha raggiunto il 15%, mentre è scesa nel periodo successivo toccando a febbraio l’8,7% ed è poi risalita al 10% a marzo 2025.
Senza un serio intervento che introduca il salario minimo e un serio taglio delle imposte, accise, tasse sulle bollette e i carburanti, i salari delle lavoratrici e dei lavoratori italiani continueranno a perdere terreno ogni anno sui prezzi e dunque sul potere d’acquisto. Aver abolito ogni meccanismo di adeguamento dei salari ai prezzi (scala mobile) ha prodotto e consolidato una realtà di salari da fame nel nostro paese ormai evidente agli occhi di tutti.
Infine è decisivo che nei contratti di categoria ed in quelli aziendali si metta fine alla “moderazione salariale” che dal 1993 condanna i salari di chi lavora ad aumenti irrisori. Ma su questo occorre “sturare” le orecchie alle imprese e a Cgil Cisl Uil che da troppi anni da questo orecchio non ci sentono o, peggio ancora, fanno finta di non sentire.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
