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Taranto. La magistratura sequestra l’Ilva: “uccide”

Sono le misure pesantissime disposte dal gip del Tribunale di Taranto Patrizia Todisco nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento ambientale prodotto dall’azienda siderurgica piu’ grande d’Europa. Sono accusati, a vario titolo, di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose. 

”Chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato nell’attivita’ inquinante con coscienza e volonta’ per la logica del profitto, calpestando le piu’ elementari regole di sicurezza”. Secondo il giudice la gestione del siderurgico piu’ grande d’Europa e’ ”sempre caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni provocati”, ha un impatto ”devastante” sull’ambiente e sui cittadini e ha prodotto un inquinamento che ”ancora oggi” provoca disastri nelle aree piu’ vicine allo stabilimento. Nelle circa 600 pagine che compongono i due provvedimenti cautelari (di sequestro dello stabilimento e di arresto) il gip fa a pezzi tutti coloro che nei decenni hanno guidato l’impianto siderurgico. E, soprattutto, afferma che lo stop alle acciaierie deve essere immediato ”a doverosa tutela di beni di rango costituzionale” come la salute e la vita umana ”che non ammettono contemperamenti, compromessi o compressioni di sorta”. Gli accertamenti e le risultanze emersi nel corso del procedimento, infatti, hanno ”denunciato a chiare lettere l’esistenza, nella zona del tarantino, di una grave e attualissima emergenza ambientale e sanitaria, imputabile alle emissioni inquinanti, convogliate, diffuse e fuggitive, dallo stabilimento Ilva”. E siccome ”la salute e la vita umana sono beni primari dell’individuo, la cui salvaguardia va assicurata in tutti i modi possibili”, ribadisce il giudice riportando un passaggio della richiesta dei pm, l’impianto va fermato. Anche perche’ chi ha diretto lo stabilimento doveva farlo ”salvaguardando la salute delle persone”, adottando ”tutte le misure e utilizzando tutti i mezzi tecnologici che la scienza consente, al fine di fornire un prodotto senza costi a livello umano”. Dunque ”non si potra’ mai parlare di inesigibilita’ tecnica o economia quando e’ in gioco la tutela di beni fondamentali di rilevanza costituzionale, quali il diritto alla salute, cui l’art. 41 della Costituzione condiziona la libera attivita’ economica”. Ed invece, dice il giudice, i vertici dell’Ilva hanno fatto tutto il contrario. ”L’attuale gruppo dirigente – afferma infatti – si e’ insediato nel (maggio) 1995, periodo in cui erano assolutamente noti non solo il tipo di emissioni nocive che scaturivano dagli impianti ma anche gli impatti devastanti che tali emissioni avevano sull’ambiente e sulla popolazione”. Cosi’ come ”chiarissimi” erano gli effetti subiti dalle aziende agricole. Ma non solo: ”gia’ nel 1997 e poi a seguire fino ad oggi gli accertamenti dell’Arpa evidenziavano i problemi per la salute che determinavano le emissioni del siderurgico”. Di fronte a tutto cio’, l’intero gruppo dirigente ha sottoscritto degli ”atti d’intesa volti a migliorare le prestazioni ambientali dell’impianto” (il Gip cita il primo del gennaio 2003 seguito da uno del febbraio e uno del dicembre 2004 e l’ultimo dell’ottobre 2006) che vengono definiti come ”la piu’ grossolana presa in giro compiuta dai vertici dell’Ilva”. Non c’e’ quindi alcun dubbio che si e’ di fronte ad un disastro colposo. ”L’imponente dispersione di sostanze nocive nell’ambiente e non…ha cagionato e continua a cagionare non solo un grave pericolo per la salute (pubblica) delle persone esposte a tali sostanze nocive ma, addirittura, un gravissimo danno per le stesse”. Danno, conclude il gip che ”si e’ concretizzato in malattie e morte”. Morte documentata della popolazione di Taranto – secondo i dati snocciolati dal giudice – dagli ”eccessi significativi di mortalita’ per tutte le cause e per il complesso delle patologie tumorali, per singoli tumori e per importanti patologie non tumorali, quali le malattie del sistema circolatorio, del sistema respiratorio e dell’apparato digerente, prefigurando quindi un quadro di mortalita’ molto critico”. Da 1995 al 2002 e’ stata inoltre registrata ”significativamente in eccesso la mortalita’ per tutti i tumori in eta’ pediatrica (0-14 anni)”.

Le voci sul contenuto dei provvedimenti adottati dal giudice ieri si erano diffuse gia’ dalla mattinata ed hanno scatenato la protesta dei lavoratori metalmeccanici, che hanno invaso a migliaia la citta’, bloccando il ponte girevole dopo un incontro infruttuoso in Prefettura. In serata i sindacati di categoria hanno proclamato uno sciopero ad oltranza, mentre era in corso una riunione tra gli stessi sindacati e l’azienda, convocata da quest’ultima. Questa mattina si terrà un’assemblea nello stabilimento.

Il decreto di sequestro preventivo, notificato ad un legale del gruppo Riva, riguarda le aree di parchi minerali, cockerie, agglomerazione, altiforni, acciaierie e gestione materiali ferrosi. Sono state individuate anche tre figure tecniche (due funzionari dell’Arpa Puglia e uno del Dipartimento di prevenzione dell’Asl di Bari) che dovranno sovrintendere alle operazioni e garantire il rispetto delle norme di sicurezza. Della gestione delle fasi che riguardano il personale si occupera’ un commercialista e revisore contabile. L’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari, notificati anche a Milano, riguarda il patron Emilio Riva, presidente dell’Ilva Spa fino al maggio 2010, il figlio Nicola Riva, che gli e’ succeduto nella carica e si e’ dimesso un paio di settimane fa, l’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, il dirigente capo dell’area del reparto cokerie, Ivan Di Maggio, il responsabile dell’area agglomerato, Angelo Cavallo, Marco Andelmi e Salvatore D’Alo’, altri due dirigenti d’area, e Salvatore De Felice, da pochi giorni subentrato a Capogrosso alla direzione dello stabilimento di Taranto. I destinatari della misura cautelare sono accusati a vario titolo di disastro ambientale colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico.

Gli impianti posti sotto sequestro, che sono molto complessi e di dimensioni gigantesche, non subiranno uno spegnimento immediato, che al contrario provocherebbe una vera e propria esplosione dello stabilimento. Occorreranno alcune settimane per chiudere gli impianti, se si dovesse davvero arrivare alla soluzione estrema. Intanto la produzione dovra’ subire rallentamenti graduali. Sono circa cinquemila i lavoratori degli impianti sequestrati, su un totale di 11.500 circa dipendenti diretti dello stabilimento, ai quali vanno aggiunti circa 4.000 lavoratori dell’indotto. ”L’intenzione e’ di sostenere lo stabilimento” ha fatto sapere da Roma il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, al termine di una riunione con i rappresentanti di Regione Puglia ed enti locali coincisa con la sigla di un protocollo d’intesa che dovrebbe garantire fondi per oltre 300 milioni di euro destinati al risanamento ambientale di Taranto.

Ma il futuro piu’ immediato e’ il posto di lavoro sempre piu’ traballante di migliaia di lavoratori metalmeccanici.

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