A otto anni esatti dalla morte del giovanissimo Federico Aldrovandi in conseguenza di quello che doveva essere un banale controllo di polizia e che si tramutò in un letale pestaggio, la vicenda torna a far parlare di sè.
Perché Paolo Forlani, uno dei quattro poliziotti condannati per la morte del ragazzo, dopo aver scontato una pena poco più che simbolica che però ha fatto gridare i suoi fan alla persecuzione – ad esempio gli esagitati del Coisp – tra pochi mesi rientrerà regolarmente in servizio, come se nulla fosse. E senza grande scandalo per il fatto che un agente di polizia, processato e condannato per un comportamento di natura criminale adottato mentre era in servizio e connesso al servizio, riprenda tranquillamente le sue funzioni al termine della sua punizione. Questo paese si sta abituando veramente a tutto. In realtà, se non fosse stato per i provvedimenti disciplinari e la sospensione di sei mesi dal servizio comminatagli dopo alcune sue esternazioni offensive nei confronti della famiglia Aldrovandi, l’agente Forlani avrebbe già ripreso a pattugliare le strade di Ferrara da alcune settimane.
Proprio per le esternazioni di cui sopra, però, Paolo Forlani sarà processato per diffamazione nei confronti della madre della vittima, Patrizia Moretti, che i responsabili della morte del diciottenne e i loro supporters non hanno mai cessato di infamare e insultare.
Nella vicenda specifica Forlani è stato rinviato a giudizio – la prima udienza è fissata per il primo ottobre prossimo – perché postò su Facebook dei commenti offensivi contro la famiglia Aldrovandi subito dopo essere stato condannato in Cassazione, in particolare sulla pagina di ‘Prima Difesa’, un’associazione che difende alcuni appartenenti alle forze dell’ordine implicati in procedimenti giudiziari, la cui presidente – Simona Cenni – è stata anch’essa rinviata a giudizio per aver ospitato gli sfoghi di uno dei quattro condannati. Tra cui il seguente, rivolto a Patrizia Moretti: «Che faccia da c… aveva sul tg, una falsa e ipocrita, spero che i soldi che ha avuto ingiustamente (il riferimento è ai 2 milioni di euro risarciti dal ministero degli interni alla famiglia della vittima, ndr) possa non goderseli come vorrebbe, adesso non sto più zitto dico quello che penso e scarico la rabbia di sette anni di ingiustizie».
Forlani, insieme a Segatto, Pontani e Pollastri continua a dichiararsi innocente, ed anzi descrive la sua condanna come il frutto di un complotto, di una macchinazione ordita in primo luogo proprio dalla famiglia del diciottenne morto a Ferrara la mattina del 25 settembre del 2005. Lo stesso Forlani aveva incaricato i suoi avvocati di fare ricorso contro la decisione del tribunale di Bologna di disporre per lui la carcerazione, non contento della mite condanna inflittagli, ridotta di ulteriori tre anni dall’indulto varato dal governo nel 2006. Paradossalmente nei giorni scorsi, dopo che aveva già scontato sei mesi tra carcere e arresti domiciliari, quindi a pena esaurita, era arrivata la decisione della prima sezione della Corte di Cassazione che giudicava proporzionata la decisione del magistrato di sorveglianza di Bologna nel disporre l’ingresso in carcere.
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