Due settimane dopo l’ordinanza del gip, che ha imposto l’imputazione coatta dei due carabinieri e dei sei poliziotti che il 14 giugno del 2008 arrestarono Giuseppe Uva a Varese, la procura ha depositato la richiesta di fissazione dell’udienza preliminare e di rinvio a giudizio. Le accuse sono quelle già indicate dal giudice Giuseppe Battarino: omicidio preterintenzionale, arresto illegale e abbandono d’incapace. Intanto, la difesa degli agenti si gioca la carta della disperazione: l’avvocato Luca Marsico – consigliere regionale di Forza Italia – ha presentato ricorso in Cassazione contro l’imputazione coatta ordinata dal gip.
La battaglia legale, dunque, appare ancora lontana dalla sua conclusione: i pm che hanno firmato l’ordinanza – Agostino Abate e Sara Arduini – sono gli stessi che in due precedenti occasioni avevano chiesto l’archiviazione per gli uomini in divisa, e all’interno del palazzo di giustizia di Varese le voci di una loro possibile sostituzione da parte del capo della procura Felice Isnardi si fanno sempre più insistenti: in gioco non c’è più soltanto un processo, ma la credibilità di un potere, quello giudiziario, che si vede costretto a indagare sulla propria metà oscura.
La richiesta di cambiare i rappresentanti della pubblica accusa, d’altra parte, era stata avanzata una settimana fa dagli avvocati della famiglia Uva, Fabio Ambrosetti e Fabio Anselmo, che continuano a parlare di «conflitto anomalo» tra i pm e i giudici che hanno esaminato il caso, sostenendo che, proprio per questo motivo, si dovrebbe «normalizzare la vicenda processuale. L’unico modo per farlo è sostituire i pm». La stessa opinione è stata espressa in un’intervista al manifesto anche dalla sorella di Giuseppe Uva, Lucia, e dal senatore del Pd Luigi Manconi, che domanda: «Possiamo davvero consentire che l’unica opportunità rimasta di conoscere la verità sia nuovamente demandata a chi, per sei lunghi anni, ha ostinatamente e incredibilmente fatto tutto il contrario di quello che avrebbe dovuto fare?».
Un altro problema rigurda i tempi: a giugno scatterà l’archiviazione d’ufficio per tutti i reati ipotizzati ad eccezione dell’omicidio preterintenzionale: «Occorre fare in fretta – dice Ambrosetti –, ma il procuratore capo mi ha assicurato che il provvedimento d’esercizio dell’azione penale sarà fatto nei tempi di legge per tutti i reati indicati dal gip». Non sarà una passeggiata. A guardare il calendario ci sarebbe da preoccuparsi, e la strategia dell’avvocato Marsico pare chiara, nel solco delle grandi strategie giudiziarie berlusconiane: difendersi dal processo, soprattutto a livello mediatico. È così, d’altra parte, che si spiegano le decine di querele inoltrate (e puntualmente cadute nel nulla) negli anni a tutte le parti considerate avverse, da Lucia Uva ai documentaristi Adriano Chiarelli e Francesco Menghini, passando per il programma televisivo «Le Iene» e un imprecisabile numero di cronisti.
Entro domani verrà fissata l’udienza di rinvio a giudizio e a presiederla non sarà il gip Battarino ma, più probabilmente, il presidente del tribunale Vito Piglionica. Nella giornata di ieri, mentre la procura formalizzava le sue richieste in cancelleria, le sorelle di Giuseppe Uva erano in piazza, instancabili, a far sentire la propria voce per tenere alta l’attenzione sul caso. Davanti a loro, a un certo punto, sono passati il colonnello Alessandro De Angelis e il tenente Loris Baldassarre, le punte di diamante della caserma dei carabinieri di via Saffi, dove Uva è stato rinchiuso diverse ore, nell’ultima notte della sua vita, prima di essere portato a morire in ospedale. Un incontro casuale per un saluto appena accennato e un sorriso di cortesia, gelido come la nebbia che ancora avvolge la città di Varese.
Fonte: il Manifesto
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