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Ordine pubblico: “Vi chiudiamo da ogni lato”

Le dinamiche con cui le “forze dell’ordine” gestiscono l’ordine pubblico nelle manifestazioni, in particolare in quelle in cui ci sono momenti di affrontamento più o meno duri con i manifestanti, segnalano ancora una volta il contesto nel quale si va definendo la vita politica di un paese.
Se Voltaire chiedeva di parlargli delle prigioni di un paese per capire che tipo di paese era, oggi potremmo chiedere “dimmi come gestisci l’ordine pubblico” e sapremo in quale paese dovremo vivere.

La foto con i due ragazzi per terra, con il ragazzo che protegge la ragazza con il suo corpo, è diventata l’immagine della giornata del 12 aprile. Ma i particolari segnano il generale. Quell’agente in borghese con casco e manganello che “coglie l’occasione” per calpestare i due ragazzi per terra, mentre un altro agente lo “cazzia” e lo fa allontanare, raccontano un clima, una concezione dell’ordine pubblico che non dipende dal livello di adrenalina che scorre nel sangue in momenti come questi. Da tempo sappiamo che agisce una doppia “regola d’ingaggio” nelle forze dell’ordine; ed una, la più violenta ed “ideologica”, sta prevalendo sull’altra, così come avvenuto in Grecia e in Spagna, due paesi Pigs nostri “fratelli di sangue” in tutti i sensi.

La stessa idea la racconta la decisione, che sembra più autonoma che concordata, di mandare alla carica “lunga” i contingenti e i blindati che erano schierati su via Barberini, mentre quelli che provenivano da via Veneto – pur essendo quelli coinvolti negli scontri – si erano fermati a metà di Piazza Barberini.

La carica da via Barberini è quella che schiaccia i manifestanti assiepati su via del Tritone, dove si è rischiata materialmente una “tonnara” dagli esiti estremamente pericolosi. Cariche alle spalle, centinaia di manifestanti che spingono e di fronte un altro schieramento che chiudeva la strada. Pochi, solo i romani, sapevano che prima dello schieramento che chiudeva in fondo del Tritone c’era il Traforo a sinistra che era il percorso autorizzato. Andare avanti era l’unica possibilità, ma chi era davanti aveva la sensazione di andare a impattare ancora con la polizia schierata davanti. Momenti di panico, con donne e bambini schiacciati dalla folla impaurita, gente che cadendo a terra rischiava di essere calpestata. L’unica preoccupazione era quella di rimanere in piedi, di non cadere e, quando possibile, aiutare subito a rialzarsi chi era caduto.

Questo non poteva che essere il risultato della decisione di aver blindato il percorso del corteo chiudendo ogni traversa e via di fuga. Il corteo è stato fatto sfilare dentro un imbuto che non prevedeva vie d’uscita. Una logica “preventiva” ma folle.

Il bilancio finale dei feriti non rende giustizia della realtà. Abbiamo incontrato un compagno con i pantaloni macchiati di sangue. Non era il suo ma di una ragazza alla quale una manganellata aveva spaccato la testa. Quella manciata di minuti all’inizio di via del Tritone sono stati tragici e folli. Sappiamo che un altra persona ha perso le dita di una mano per l’esplosione di un petardo. Non era incappucciato nè attrezzato per gli scontri. E’ un immigrato latinoamericano, un uomo adulto con più di quaranta anni che ha confuso il petardo con un lacrimogeno e intendeva allontanarlo dai manifestanti.

L’immagine della tonnara forse vuole essere l’idea del futuro che il governo Renzi e le oligarchie europee vogliono mandare: “Vi chiudiamo da ogni lato”. Rompere questa immagine e la sua realizzazione è uno dei compiti che ci aspettano. Ma l’assedio va rotto con molto di più di quello che abbiamo visto in piazza sabato, non solo nei numeri ma anche nella visione e azione politica.

La testimonianza di un manifestante: “Se non vuoi prendere le botte non venire a queste manifestazioni”.

Ho seguito le cariche da via Veneto fino a incontrarti in terra, all’inizio di via del Tritone. Come sei finito sull’asfalto?
Ero nello spezzone di Sinistra Anticapitalista (in realtà era lo spezzone di Ross@, ndr). A un certo punto dopo l’esplosione di alcune bombe carta una parte del corteo ha iniziato a correre verso via del Tritone.

Tu non sei scappato?
No, per non essere travolto dai manifestanti sono rimasto lì dov’ero, in piedi e all’improvviso tra via del Tritone e piazza Barberini mi sono trovato i cellerini che mi hanno preso a manganellate e mi hanno fatto cadere a terra prendendomi poi a calci e manganellate. Mi sono riparato la testa. Quando ho potuto ho cercato di rialzarmi.

Ci sei riuscito subito?
No.

E cosa è accaduto?
I cellerini mi hanno ributtato per terra schacciandomi con un manganello. A quel punto poco dopo mi hanno tirato su loro tirandomi per la giacca.

Ho sentito un poliziotto dirti qualcosa…
Sì. Io ho detto che mi avevano manganellato senza che avessi fatto nulla.

Ti hanno risposto?
Sì. Uno di loro mi ha detto: “Chiaramente non hai fatto niente perché hai il volto scoperto il che significa, visto che non hai fatto niente, che se non vuoi prendere le botte non devi venire a queste manifestazioni”.

(testimonianza raccolta da Isabella Borghese)

I filmati

Le riprese di “Servizio Pubblico” in cui si vede l’agente calpestare la ragazza in terra

La dinamica delle cariche

 

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