Dire che si sta riaprendo il caso Cucchi sarebbe eccessivo, oltreché non rispondente al vero. L’ultimo episodio della triste telenovela italiana della malapolizia dice infatti una cosa diversa: si riapre la guerra delle perizie, cioè si è tornati al punto di partenza senza però mettere le cose in ordine.
L’unico modo per far sì che esista una minima possibilità di accertare la verità dei fatti sulla morte del giovane romano è legata all’apertura di un fascicolo con un’ipotesi di reato ben definita: omicidio preterintenzionale. In altre parole, soltanto se si sostiene che Stefano sia morto a causa delle botte subite durante la sua detenzione c’è speranza di arrivare a un processo credibile.
Ad ogni buon conto, la procura di Roma avrebbe aperto un fascicolo sul perito Paolo Arbarello, ex direttore del dipartimento di medicina legale dell’università La Sapienza, e consulente della procura. L’accusa nei suoi confronti è di aver redatto una falsa perizia sulla morte di Stefano Cucchi, e ad indagare sarà il capo della procura Giuseppe Pignatone in persona.
Intanto, lo stesso Arbarello ha annunciato dalle colonne di Repubblica la sua intenzione di querelare Ilaria Cucchi.
In realtà, comunque, il fascicolo di Pignatone sarebbe privo sia di ipotesi di reato sia di indagati: in sostanza, si sa solo che si indagherà sulle dieci pagine di esposto presentato dalla famiglia Cucchi, ma non si sa bene in che modo, né perché, né come.
Il problema serio – e insormontabile – è legato alla dinamica dei fatti: Stefano Cucchi non è morto «in prigione» ma a causa di un pestaggio avvenuto nelle celle del tribunale di Roma, dunque sotto la diretta responsabilità dei magistrati. Arrivare in fondo a questa storia potrebbe essere una seccatura per la magistratura stessa, che verrebbe in questo modo messa di fronte alle proprie responsabilità, ovvero alla propria incapacità di tutelare un detenuto all’interno dello stesso palazzo di giustizia.
Il cortocircuito è così servito ma, se da un punto di vista giudiziario le cose si stanno mettendo male in maniera forse irreparabile, fuori dalle stanze dei tribunali qualcosa si muove: oggi, alle 18, in piazza Indipendenza a Roma è previsto un presidio per «non dimenticare» Stefano e le altre vittime dello Stato: «Mille candele per Stefano Cucchi», questo il nome dell’iniziativa alla quale hanno aderito diverse sigle e realtà politiche e sociali.
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