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Stefano Cucchi, i medici: «Un vero e proprio caso di tortura»

Un’indagine medica indipendente per chiarire gli aspetti ancora oscuri del caso di Stefano Cucchi, il 32enne romano che morì nel reparto carcerario dell’ospedale Sandro Pertini di Roma il 22 ottobre del 2009.
La presentazione del documento stilato dal Medu (Medici per i diritti umani), con il sostegno di Open Society Foundation (la fondazione “sponsorizzata” da George Soros) è stata realizzata al Senato la scorsa settimana, grazie al lavoro di Luigi Manconi, da anni attivo nella denuncia dei casi di malapolizia ed attualmente senatore del Pd.
Si tratta di un’indagine che «in modo attendibile e documentato, per la prima volta, ricostruisce l’agonia vissuta da Cucchi sotto un aspetto da sempre trascurato: quello psicologico».
Sulla vicenda è attualmente in corso una nuova indagine, con ben cinque carabinieri inseriti recentemente nel registro degli indagati: tre per lesioni aggravate e due per falsa testimonianza. Il primo processo, invece, andrà in Cassazione il prossimo 15 dicembre, ma difficilmente si registreranno novità rilevanti: in quel frangente, infatti, le indagini si sono concentrate più sui medici che sugli uomini in divisa, con tanto di assoluzione in Appello di tutti gli imputati, mentre in primo grado quattro medici vennero condannati a un anno e quattro mesi per omicidio colposo, mentre al primario del reparto carcerario del Pertini vennero inflitti due anni di condanna per lo stesso reato.
«Dalla ricostruzione dei fatti – si legge nel nuovo rapporto – è altamento probabile che l’aggressione abbia avuto luogo nel periodo intercorso tra la fine della perquisizione domiciliare e la chiamata del 118 da parte dei carabinieri di guardia nella caserma di Tor Sapienza». Un lasso di tempo che va dalle 2 alle 4:30 del mattino del 16 ottobre del 2009. «Gli esami chimico-tossicologici – prosegue il rapporto medico – eseguiti sul materiale biologico prelevato dal corpo di Stefano Cucchi hanno evidenziato come le tracce di sostanze stupefacenti siano risultati ininfluenti nel determinismo del decesso. Si può invece considerare senza esitazioni che in conseguenza dell’aggressione violenta di cui è stato vittima» il ragazzo «ha sviluppato una grave reazione psicopatologica post-traumatica». C’è, in sostanza, «una evidente catena causale che collega l’aggressione, il trauma psichico e la sindrome di inanizione, che ha provato, insieme ad altri fattori concausali, la morte di Cucchi». In conclusione si può dire che «le violenze subite da Stefano sono state il premium movens che ha portato a una sequenza di eventi patogenti terminata solo con il decesso del paziente». Questo si configura come «un vero e proprio caso di tortura».
Nel nuovo fascicolo, oltre alle perizie mediche che confermano questa versione della storia, ci sono anche le testimonianze di due carabinieri che hanno deciso di collaborare all’indagine indipendente messa in atto dall’avvocato Fabio Anselmo della famiglia Cucchi.
Di elementi nuovi, dunque, ce ne sono molti, ma è ancora presto per parlare di svolta della nuova inchiesta: la prima indagine, in fondo, ha dimostrato più che altro che indagare sulle forze dell’ordine è molto complicato, quasi impossibile.

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