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Do you remember Davide Bifolco? L’11 marzo la sentenza

In effetti da quell’inizio di settembre del 2014 non è che media ed autorità competenti abbiano fatto molto per fare luce su quella fosca vicenda quando in una notte estiva al rione Traiano una volante dei carabinieri si lanciò all’inseguimento selvaggio di uno scooter con a bordo tre ragazzi senza casco prima speronandolo e causando la caduta dei tre, e poi inseguendo i ragazzi in fuga nei vicoli. In quei frangenti un carabiniere colpì con un colpo di pistola alle spalle il non ancora diciassettenne Davide Bifolco. Qui la tragedia. La farsa venne dopo quando i carabinieri dovettero spiegare il perché di un inseguimento tanto violento e le dinamiche dello stesso. Parlarono di un latitante a bordo dello scooter ma la notizia si rivelò subito infondata, poi parlarono di colpo accidentale partito mentre il carabiniere inciampava (classico!) e i media fecero subito finta di crederci. In realtà gli stessi media subito a ridosso della vicenda descrissero Davide come un pregiudicato come a sminuire la portata dei fatti (come se ammazzare un giovanissimo proletario con precedenti penali fosse crimine meno grave). In realtà Davide era un ragazzo di un quartiere difficile, pieno di disoccupazione e disagio ma non era pregiudicato, non avevano precedenti né lui né i suoi amici a bordo del motorino. L’unico “ crimine “ era andare a bordo dello scooter in 3, senza casco e senza assicurazione.

La campagna “ giustificazionista” fece proprio leva su questi fragilissimi elementi per discolpare i militari in servizio. Eminenti editorialisti nazionali arrivarono a scrivere che se i ragazzi avessero rispettato le regole non sarebbe accaduto quello che poi accadde. Incredibile ma vero. Il povero Davide fu così ucciso una seconda volta. Una parte della città partecipò attivamente alla criminalizzazione dei giovani di periferia, le vittime si fecero carnefici e viceversa. Poveri carabinieri costretti ad affrontare le devianze violente dei giovani criminali di periferia…
Nessuno a ricordare le condizioni del quartiere dove Davide viveva. Un ammasso informe di palazzi e palazzoni con il niente intorno. Solo sale da scommesse e qualche bar. Zero associazionismo, zero attività culturali o sportive. Un quartiere letteralmente “dimenticato da Dio” visto che anche la parrocchia locale non svolge alcuna azione sociale o di contenimento dei danni.  Una zona conosciuta come area di piccolo spaccio di cocaina e hashish, disoccupazione alle stelle e incuria generale.
L’11 marzo ci sarà la sentenza ma sarà difficile che la famiglia Bifolco possa ottenere realmente giustizia. La richiesta di condanna del pubblico ministero è stata di 3 anni e 4 mesi. Omicidio colposo. Con attenuanti generiche. La famiglia tramite il suo legale (lo stesso del caso di Stefano Cucchi) Fabio Anselmo parla di richiesta ridicola, di processo pesantemente condizionato dai pregiudizi sui ragazzi dei quartieri difficili dipinti quale camorristi o aspiranti tali e di errore giudiziario a monte di tutto.
Il  carabiniere nel frattempo non è stato neanche cautelativamente sospeso dal servizio ma semplicemente trasferito ad altra sede. Neanche troppo lontana dalla precedente.
Le uniche realtà a cui va dato atto di avere ininterrottamente tenuto i riflettori accesi su questa vicenda, sono i centri sociali napoletani come Mensa occupata, Zero81, Iskra, Comitato Soccavo che più di tutti hanno fatto per la famiglia di Davide e per riportare nel giusto perimetro i fatti. A denunciare la violenza di stato e la criminalizzazione continua dei giovani di periferia, oggi Rione Traiano, ieri Scampia e Ponticelli.
Molteplici gli interventi sociali a seguito della morte di Davide, in quel quartiere difficile da parte delle realtà giovanili e di base. Concreti esempi di solidarietà attiva e impegno di classe. Siamo tutti Davide Bifolco. Davide è uno di noi. Venerdi 4 marzo assemblea pubblica presso l’aula Lo Russo alle 16, per lanciare la mobilitazione in vista della scadenza processuale. Per ricordare ai Signori dell’Ordine e della Legge che non possono esserci sempre due pesi e due misure e che l’omicidio di un minorenne dei quartieri rappresenta un crimine odioso anche se a compierlo è un uomo in divisa .

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