Ma stavolta non si tratta di nanerottoli come Grecia, Portogallo e Irlanda. Sotto schiaffo sono finiti nientemeno che gli Stati Uniti d’America. E non era mai successo prima.
Ci si chiedeva da ormai tre anni come fosse possibile che il paese più indebitato del mondo, sia in pecentuale che in valore assoluto, che ha un deficit per cui non verrebbe mai ammesso dennl’Unione europea, non risentisse di questa situazione a livello di rating sul debito.
La spiegazione in fondo era semplice: le tre uniche agenzie di rating al mondo (Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch) sono casualmente statunitensi. E hanno sempre manovrato i loro giudizi in regime di «cartello» (la concorrenza è una cosa che devono rispettare sempre gli altri), ma soprattutto prendendo di mira altri paesi-obiettivo. Sempre stando attente – sono dei veri professionisti del settore – paesi che stavano già abbastanza male ma che non presentassero «rischi sistemici».
Quindi gli Usa erano intoccabili, così come il dollaro era la moneta di riferimento sui mercati mondiali anche se tutti si rendevano contro che a questo status sovrano non corrispondeva più un’economia super, tale da legittimarlo
Ora la realtà ha obbligato a prenderne atto, pena la credibilità residua delle agenzie di rating. Hanno voluto usare l’ultima cortesia: non hanno tagliato il «voto» (resta, come detto, la tripla A), ma l’outlook.
Se volevano evitare il panico sui mercati, non ci sono riusciti.
I titolo sulle borse europee sono immediatamente sprofondati, con oscillazioni negative che rendono quasi inutile «dare i numeri» prima della chiusura. Così anche Wall Street, che ha aperto perdendo subito circa il 2%. Il dollaro è sceso rapidamente di valore (intorno a 1,43 rispetto all’euro). L’oro, termometro infallibile, è salito oltre i 1.500 dollari per oncia.
«L’economia Usa – si legge in una nota dell’agenzia di rating – è flessibile e altamente diversificata e le politiche monetarie del Paese hanno sostenuto la produzione contenendo le pressioni inflazionistiche». Tuttavia, «poichè gli Usa hanno un deficit molto ampio rispetto agli altri paesi con tripla A, e il percorso per ridurlo non ci è chiaro, abbiamo rivisto il nostro outlook sul rating di lungo termine a “negativo” da “stabile”».
La decisione arriva dopo un lungo e per nulla chiaro tiro alla fune tra Casa Bianca e Congresso sulla legge di bilancio. «C’è il rischio effettivo che gli Usa non riescano a raggiungere un accordo per risolvere le sfide di bilancio di medio e lungo termine entro il 2013. Se non si raggiunge un accordo e se non si arriva entro tale data a una significativa messa in pratica (delle politiche anti-deficit, ndr), a nostro avviso ciò renderebbe il profilo fiscale degli Usa significativamente più debole rispetto a quello degli altri Paesi con rating sovrano di tripla A». Della serie: non lo tagliamo ora, ma entra due anni sarà inevitabile.
S&P ricorda anche come nel 2009 il deficit pubblico Usa sia balzato all’11% del Pil: ma soprattutto «a più di due anni dall’inizio dell’ultima crisi, i politici Usa non hanno ancora trovato un accordo su come invertire il percorso del peggioramento dei conti pubblici o su come porre rimedio alle pressioni di lungo termine sul bilancio».
Immediata la risposta della Casa Bianca, che insieme al Congresso si è dovura precipitare a cercar di “tranquillizzare” i mercati. Entrambi gli organi istituzionali si sono d’accordo sulla necessità di intervenire sul bilancio, ma occorre «non dare troppo peso» a Standard & Poor’s il cui giudizio è «politico». In un’intervista alla Cnbc, il presidente del Council of Economic Advisers della Casa Bianca, Austan Goolsbee, è stata drastico come quando Cicchitto parla dei giudici italiani. Goolsbeesi è detto sicuro che un accordo a lungo termine sulla riduzione del deficit americano verrà raggiunto. Separatamente l’assistente del segretario al Tesoro Usa Mary Miller ha detto che la revisione al ribasso dell’outlook sottostima la capacità degli Usa di far fronte alle proprie sfide fiscali.
Un parziale salvagente è arrivato nel pomeriggio dai concorrenti di Moody’s. Secondo cui le ultime proposte di bilancio ridurrebbero il deficit e il debito, e sarebbero quindi positive per il rating del paese. Che quindi, nella loro valutazione, resta ad “Aaa con un autlook stabile”.
«Sia la proposta rivista del presidente che quella dei repubblicani migliorerebbero la capacità di credito degli Usa» afferma Steven Hess, analista Moody’s, spiegando che entrambe puntano a ridurre il deficit seppur con strumenti diversi. Nonostante delle incertezza, «noi consideriamo i diversi parametri del dibattito, con obiettivi ampiamente simili sulla riduzione del debito, come un punto di svolta che è positivo per la posizione sul lungo periodo del governo federale».
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