Il rating irlandese è «junk»
dal nostro corrispondente Leonardo Maisano
Londra – In ventiquattro mesi dalla tripla A fino all’inferno dei junk bond. Questa volta tocca all’Irlanda, terzo Paese dell’area euro che Moody’s mette al tappeto dopo Portogallo e Grecia.
«Il motivo di fondo della decisione adottata oggi – si legge nel comunicato dell’agenzia americana – va in messo in relazione con la crescente possibilità che al termine del corrente programma di aiuti di Unione europea e Fondo monetario, alla fine del 2013, il Paese abbia bisogno di ulteriori finanziamenti prima di tornare sul mercato. E con la probabilità che una partecipazione del settore privato sia richiesta come precondizione per un sostegno addizionale». Vittima di un boom immobiliare esploso dolorosamente con una bolla che non ha uguali come portata relativa in nessun Paese europeo, l’Irlanda ha già ottenuto 85 miliardi di euro in un pacchetto d’aiuti concesso nel novembre del 2010. Danari destinati a far fronte a un deficit che ha superato il 30% del prodotto interno lordo considerando i costi per il risanamento del sistema bancario salvato con massicce iniezioni di fondi pubblici. Il debito irlandese sfiorerà il 118% del prodotto interno lordo nel 2012. Nel 2007 non superava il 25 per cento.
Moody’s ha tagliato il rating irlandese di un gradino, portandolo da Baa3 a Ba1, un livello al di sopra del Portogallo. Lo scorso 5 luglio la stessa Moody’s aveva bocciato a «junk» il debito di Lisbona. L’outlook di Dublino resta negativo, il che equivale a possibili ulteriori bocciature entro 12-18 mesi. Sia Standard & Poor’s che Fitch assegnano all’Irlanda il rating BBB+, tre livelli sopra il «junk».
La dinamica del disastro prodotto dal credit crunch figlio di una politica immobiliare dissennata è ben fotografato dall’impennata dell’indebitamento irlandese, ma non rende merito a politiche virtuose e soprattutto dolorose che il Governo Enda Kenny ha messo in atto dall’aprile del 2011 seguendo quelle del governo precedente.
Il bisturi dei tagli è affondato nel complesso della spesa pubblica irlandese con decisione e proprio ieri il ministro del bilancio Brendan Howlin era apparso fiducioso. Convinto, anzi, che nel prossimo rapporto Ue e Fmi sanciranno la corretta politica perseguita da Dublino. «L’esecutivo – ha detto in sostanza il ministro – è determinato a tornare sul mercato nel 2012. Per quanto ci riguarda stiamo marciando nella giusta direzione e otteniamo i risultati che ci eravamo prefissati».
Moody’s non è evidentemente della stessa opinione anche se Howlin ha precisato di non aver molti margini per influenzare l’andamento record dei bond, influenzati da «fattori esterni» provocati dalla crisi dell’area euro.
Più combattivo è apparso, invece il ministro delle finanze Michael Noonan che ha lanciato un avvertimento sia a Bruxelles sia a Parigi. «Non c’è alcuna indicazione a possibili nuove condizioni», ha detto riferendosi a ulteriori aiuti che l’Unione sta mettendo a punto per Grecia, Portogallo e la stessa Irlanda. Non ci sarà, secondo Noonan, alcun riferimento all’innalzamento della corporate tax irlandese come il presidente francese Sarkozy ha ripetutamente sollecitato. L’aliquota sugli utili delle imprese al 12,5%, lo ricordiamo, è stato il motore principale del gran boom di Dublino, un incredibile magnete per attrarre capitale e imprese da tutto il mondo. Dopo la crisi s’erano alzate molte voci per sollecitare l’abolizione di condizioni tanto vantaggiose, ma Dublino ha sempre fatto quadrato. «Da quella aliquota – hanno detto i governi di diverso colore che si sono succeduti – passerà il riscatto dell’Irlanda». Moody’s non ci crede e da ieri il debito irlandese è spazzatura.
da “IlSole24Ore” del 13 luglio 2011
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