La crescita “sarà quasi nulla” nel terzo trimestre, dopo che nel secondo si è avuto un aumento dell’1,6% della produzione industriale, concentrato nella prima parte del periodo, che ha originato una temporanea accelerazione del Pil. Lo sostiene il Centro Studi di Confindustria (Csc) in un rapporto sulla congiuntura economica. “Per l’Italia si profilano debolezza della domanda interna, minor forza di quella estera, ripercussioni dalle violente turbolenze finanziarie globali e stretta sui conti pubblici”, aggiunge il centro studi. Il rapporto afferma – anche se non esplicitamente – che la manovra economica adottata dal governo, non aiuterà la crescita del Pil. L’attività industriale nel terzo trimestre, spiega il Csc, parte dal -0,3% ereditato dal secondo. Gli indicatori qualitativi sono “in corale arretramento”: gli indici Pmi hanno rilevato in giugno ordini calanti nel manifatturiero (47,5, minimo da 20 mesi, da 51,1) e nel terziario (47,4, da 50,1). Giudizi e attese delle imprese rivelano la fiacca dinamica produttiva (dati Istat). L’elevata incertezza creata da tempi e modi del riequilibrio dei bilanci pubblici, tensioni finanziarie e alta disoccupazione riducono la fiducia.
Secondo un rapporto Confcommercio-Censis reso noto ieri, solo il 28,2% delle famiglie italiane ha affrontato le spese per consumi nell’ultimo semestre riuscendo a risparmiare una quota del proprio reddito (da lavoro o pensione); il 53% ha dichiarato di essere andato, grosso modo, in pari ovvero di avere utilizzato il proprio reddito ma non riuscendo a mettere nulla da parte o risparmiando quote insignificanti; il 18,8% ha dichiarato di non essere neanche riuscito a coprire le spese per consumi, dovendo poi ricorrere ad altri mezzi di copertura. Di questo 18,8%, il 65% dichiara poi di essere stato costretto a fare ricorso a risorse messe da parte, il 15% ha chiesto un prestito ad amici e conoscenti, il 5% ha sottoscritto un prestito presso una banca ed il 15% ha rinviato i pagamenti. Quest’ultima percentuale è quella da considerarsi più critica, ma si tratta, rispetto al totale dell’universo delle famiglie, di un segmento assai ridotto (2% sul totale del campione). Le difficoltà a risparmiare si fanno più significative nelle regioni del Centro e del Sud Italia, nelle famiglie unipersonali, nelle coppie senza figli, nei nuclei in cui il capofamiglia è anziano ed in quelle collocate nelle fasce di reddito più basse. Il 14,5% degli intervistati ha dichiarato invece di non disporre di risparmi significativi e di non avere significative prospettive di risparmio.Tra le principali motivazioni per cui gli italiani che possono risparmiano: il 45% lo fa per tutelarsi da imprevisti, mentre solo per il 7% essi possono servire per effettuare investimenti rilevanti come l’acquisto di una casa. Emergono anche esigenze relativamente nuove: il 18% del campione risparmia prevalentemente per fare fronte alle spese per l’educazione dei figli.
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