La Casa Bianca taglia le stime sul Pil 2011
All’interno articolo di Vittorio Da Rold
La Casa Bianca ha rivisto al ribasso le previsioni sull’economia americana per quest’anno e per il prossimo e ha tagliato le previsioni sul deficit federale, atteso ora a 1.300 miliardi quest’anno contro i 1.650 miliardi precedenti. Secondo l’Office of Management and Budget, il Pil dovrebbe crescere quest’anno tra l’1,6 e il 2,4% (una media del 2,1%), contro il 3,1% della stima precedente.
Il deficit dovrebbe attestarsi all’8,8% del prodotto interno lordo nel 2011 (meno del 10,9% stimato a febbraio) e al 6,1% nel 2012 (l’anno scorso si é attestato a 1.294 miliardi di dollari, il 9% del Pil).
Il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi al 9,1% quest’anno, al 9% l’anno prossimo, quindi calare all’8,5% nel 2013 (non dovrebbe però scendere sotto il 6% fino al 2016). Secondo il rapporto, l’anno prossimo il Pil dovrebbe crescere con una forchetta tra il 2,6 e il 3,3%, contro il 4% della stima di febbraio. La forchetta è determinata dal fatto che l’Omb dà numeri differenti (la stima vera e propria, un’ipotesi di stima alla luce degli indicatori di agosto, la variazione percentuale su base annuale e la variazione del quarto trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente).
L’Omb paragona inoltre i propri numeri alle previsioni di altri organismi, per esempio il Congressional Budget Office, l’organismo bipartisan del Congresso. Quest’ultimo ritiene che il tasso di disoccupazione scenderà all’8,9% quest’anno e all’8,5% l’anno prossimo, mentre il Pil dovrebbe segnare un +2,3% nel 2011 e un +2,7% l’anno prossimo.
Goldman vede nero: pmi usa in crisi; Cina in affanno, banche Ue da ricapitalizzare
di Vittorio Da Rold
In uno studio riservato ai clienti di Goldman Sachs uscito il 1° settembre l’analista della banca d’affari americana Alan Brazil, ha descritto uno scenario pessimista in Europa ipotizzando la necessità di ben mille miliardi di dollari per sostenere le banche europee. Come se non bastasse Goldman ha ricordato che le piccole e medie imprese americane sono in crisi (e quindi la disoccupazione resterà alta) e che la Cina non potrà continuare a correre a questi ritmi. Non c’è da stare allegri se avesse ragione anche solo a metà.
In questo quadro a tinte fosche Jospeh Achermann, Ceo di Deutsche Bank e presidente dell’IIF, l’associazione delle maggiori banche del mondo, ha respinto l’invito del direttore del Fondo monetario internazionale Cristine Lagarde a ricapitalizzare sostenendo che la sua banca è sufficientemente patrimonializzata. Ackermann, 63 anni, ha però ammesso che c’è un rischio di reperimento della liquidità a lungo soprattutto nell’area del dollaro tra istituti di credito che non si fidano l’uno dell’altro, esattamente come avvenne il 15 settembre 2008 con il default di Lehman Brotrher. «I rischi sono tornati», ha ammesso Ackermann in una situazione dove lo spread fra Libor, il tasso del mercato interbancario, e il tasso overnight (Ois), si è pericolosamente allargato. Insomma il termometro che misura misura la fiducia delle banche fra di loro, si è allargato a 0,64%, vicinissimo ai livelli di guardia toccati nell’aprile 09.
Che sta succedendo nel mondo che vede il salvataggio della Grecia languire per l’opposizione della Finlandia che chiede garanzie supplementari mentre il secondo salvataggio che vede anche i privati fa fatica a raggiungere il traguardo del 90% di adesioni? Si sta assistendo a un ritorno a quel clima di sospetti reciproci che paralizzò il mondo del credito quattro anni or sono. C’è anche un querelle a rendere nervosi i mercati. L’Fmi e Goldman Sachs sono divisi sulle somme necessarie per ricapitalizzare le banche europee. Il Fondo monetario internazionale prevede che le banche europee inscriveranno nel loro bilancio obbligazioni di Stato dei Paesi dell’Eurozona al loro valore di mercato, mark to market, e a quel punto la loro patrimonializzazione subirà un crollo di circa 200 miliardi, il 10-12% del totale. È quanto riporta il “Financial Times”, citando una fonte vicina all’Fmi.
Questi dati clamorosi hanno spinto Christine Lagarde, presidente dell’istituzione di Washington, a chiedere nei giorni scorsi alle banche di ricapitalizzare, se necessario con fondi pubblici o con il fondo salva-stati. Un’operazione che, ha sottolineato la Lagarde, é «essenziale per porre fine al contagio» della crisi finanziaria. L’Fmi il prossimo 21 settembre renderà noto “Il rapporto sulla stabilità finanziaria nel mondo” dove sarà esaminata nel dettaglio la solidità del sistema bancario del Vecchio Continente.
I governi dell’Eurozona e la Bce hanno subito preso posizione contro il metodo adottato dall’Fmi per valutare i requisiti di capitale delle banche europee affermando che non hanno preso in cosiderazione la rivalutazione dei valore dei bund tedeschi. «I governi dell’Eurozona e la Bce – spiega un funzionario europeo – non sono d’accordo con il metodo usato dall’Fmi, metodo molto discutibile».
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