MILANO- Al netto dell’inflazione, nel secondo trimestre del 2011 il potere di acquisto delle famiglie è diminuito dello 0,2% rispetto ai primi tre mesi dell’anno e dello 0,3% rispetto al secondo trimestre del 2010. È quanto rileva l’Istat.
IL REDDITO – Nel secondo trimestre il reddito disponibile delle famiglie è aumentato dello 0,5% rispetto ai tre mesi precedenti e del 2,3% rispetto al secondo trimestre del 2010. La spesa delle famiglie per consumi finali in valori correnti è aumentata dello 0,9% rispetto al trimestre precedente e del 3,7% rispetto al secondo trimestre del 2010. Il tasso di investimento delle famiglie è stato pari all’8,9%, più basso di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e invariato rispetto al secondo trimestre del 2010.
RISPARMIO- Scende la propensione al risparmio delle famiglie: nel secondo trimestre è pari all’11,3%, in calo di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,2 punti percentuali rispetto al secondo trimestre 2010. Lo comunica l’Istat. L’11,3% è il dato più basso dal primo trimestre 2000 (11,1%).
I PROFITTI- Nel secondo trimestre dell’anno, la quota di profitto delle società non finanziarie è stata pari al 40,3%, invariata rispetto al trimestre precedente, ma in diminuzione di 0,9 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2010 (quando era al 41,2%). Lo rileva l’Istat, aggiungendo che il tasso di investimento delle stesse società non finanziarie è stato pari al 24,0%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e invariato rispetto al secondo trimestre del 2010.
Anche per la tavola le famiglie spendono di meno, modificando abitudini alimentari e cercando il risparmio nei discount. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati Istat sul reddito delle famiglie nel secondo trimestre. Nei primi sei mesi del 2011, infatti, i consumi alimentari diminuiscono ulteriormente – spiega la Cia – e a farne le spese non sono soltanto i prodotti «superflui» ma anche quelli di prima necessità: il pane crolla dell’8,5 per cento e il pesce del 4,8 per cento; la domanda di carne rossa scende del 3,2 per cento e quella di frutta del 2,7 per cento. Non si salva neppure la pasta, che subisce una flessione dell’1,6 per cento. Ma l’attenzione al risparmio da parte degli italiani in questa fase di crisi è evidente anche dai dati relativi alle tipologie commerciali. Sebbene perdano terreno tutti gli esercizi indistintamente – continua la Cia – ad accusare di più i carrelli vuoti sono gli ipermercati, che calano del 2,7 per cento tra gennaio e luglio.
A ‘tenere’ sono solo i discount, registrando un più 0,9 per cento nel primo semestre dell’anno. D’altra parte, ci sono prodotti che ormai gli italiani vanno a cercare solo nei regni del low-cost. Prima fra tutti la carne rossa, che segna un boom di acquisti negli hard-discount (più 17,9 per cento), mentre precipita giù del 9,2 per cento nelle botteghe di quartiere. Ora – conclude la Cia – l’aumento dell’Iva di un punto percentuale rischia di dare il colpo di grazia ai consumi. I carburanti sono già aumentati e questo incremento inciderà su tutti i beni che vengono trasportati, quindi anche su quelli che mantengono l’Iva al 4 per cento come la maggior parte dei prodotti alimentari.
«I dati Istat confermano la drammatica situazione del potere di acquisto delle famiglie, già duramente colpite da una crisi profonda che va avanti dal 2008», dichiarano i presidenti di Federconsumatori e Adusbef, Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, secondo cui «il crollo del potere di acquisto è purtroppo destinato a peggiorare, a causa della manovra iniqua e sbagliata del governo». Per le due associazioni dei consumatori, le ricadute della manovra determineranno «un’ulteriore fortissima contrazione del potere di acquisto delle famiglie dal -4 al -6%, con una caduta di reddito, nel 2014, di circa il 6,3%».
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