Secondo le ultime stime dell’Ocse (OECD) pubblicate da pochi giorni nella versione preliminare del rapporto di fine anno, l’intera zona euro ha subito nel 2012 un calo del prodotto interno lordo del -0,6%. Questi sono dati definitivi. La “RIPRESA” del 2013 ha comportato invece un calo dello stesso pil del -0,4% (dati provvisori ma abbastanza solidi perchè si basano su quanto è stato realmente ralizzato nelle prima metà dell’anno in corso).
Eccezionale! Nel suo insieme la zona euro non riesce a ritornare ai livelli del 2008, ultimo anno prima della crisi. Tuttavia anche la Gran Bretagna, che fa parte dell’UE ma non dell’eurozona, non raggiunge i livelli del 2008, già anno di recessione per lei come per l’Italia. Si sta inoltre formando un polo recessivo nel nord Europa, composto dalla Finlandia, che è allo sbando e cerca disperatamente mercati nella sua vecchia Russia, e dall’Olanda, in crisi recessiva acuta malgrado il grosso surplus nei conti con l’estero (che quindi non tirano affatto).
E’ interessante paragonare le stime OCSE attuali di fine anno, quindi quasi definitive, con quelle previsionali del 2012 sul 2013 e del 2011 sul 2012 e 2013. Alla fine del 2012 prevedevano per l’Eurozona 2013 un piccolo calo del -0,1% contro un calo effettivo del – 0,4%. Quindi con un errore 4 volte maggiore. Nel Novembre del 2011 le proiezioni del rapporto di fne 2011 dell’OCSE davano per il 2012 l’eurozona in crescita del +0,2% (calo effettivo -0,6%) e per il 2013 addirittura un’espansione del +1,4% (contro il calo stimato attualmente al -0,4%). Perchè queste discrepanze tra previsioni e realtà soprattutto in un intervallo così corto da un anno all’altro? In notevole misura ciò è dovuto al fatto che le proiezioni incorporano le aspettative riguardo misure economiche che dovrebbero indurre fiducia e quindi portare ad una ripresa negli investimenti e nei consumi. Si incorporano cioè i desideri ideologicamente determinanti riguardo la realtà. Pertanto le misure d’austerità, aggiustamento strutturale, venivano chiaramente contabilizzate come fatto positivo che portava a maggiore credibilità e quindi ad una ripresa della fiducia sia da parte delle imprese che da parte dei consumatori.
Il fatto che le imprese non avessero domanda e quindi accumulassero capacità produttiva non utilizzata e che le famiglie, nella stragrande maggioranza, non potessero aumentare i consumi per lo schiacciamento dei redditi dovuto alle politiche di aggiustamento strutturale ed alla crisi pregressa, veniva in realtà (e volutamente) preso sottogamba.
Il capo economista dell’OCSE ha, in effetti, accettato in pieno le false tesi di Alesina e Giavazzi circa l’impatto dell’austerità sulla credibilità e la fiducia.
P.S. Il capo economista dell’OCSE che firma il rapporto è Pier Carlo Padoan, vice segretario generale dell’organizzazione. Una parte della sua vita (era giovane, non sapeva) nel PCI, PDS, ecc, con pubblicazioni su Critica Marxista e via dicendo. Eccoci qua, allegria!
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