Famiglie sempre più indebitate
Galapagos
La crisi ha un po’ limato la ricchezza degli italiani. Ovviamente chi era ricco è rimasto ricco, mentre i contraccolpi sono arrivati per i ceti medio bassi. A dirlo è Bankitalia nel tradizionale «Supplemento al bollettino statistico» dedicato alla «Ricchezza delle famiglie». I dati di sintesi ci dicono che il 10% delle famiglie più ricche possiede il 45% della ricchezza complessiva che, alla fine del 2010, in cifra lorda, ammontava a 9.525 miliardi di euro, poco meno di 400 mila euro a famiglia, ma almeno 10 volte di più per le famiglie al «vertice». Le attività reali rappresentavano il 62,2% delle ricchezza lorda e le attività finanziarie il 37,8%. A fronte di questa ricchezza lorda stanno passività finanziarie per 887 miliardi di euro, il 9,3% delle attività complessive. La ricchezza netta complessiva ammontava, quindi, a 8.640 miliardi in diminuzione del 3,2% dai massimi del 2007.
Fra la fine del 2009 e la fine del 2010 la ricchezza è rimasta invariata, ma a prezzi costanti (depurata, cioè, dell’inflazione) si è ridotta dell’1,5%. Quella in abitazioni, alla fine del 2010, era stimata in 4.950 miliardi (circa 200 mila euro) con un aumento dell’1% in termini nominali e una flessione dello 0,5% a prezzi costanti. Complessivamente le attività reali (oltre alle abitazioni, anche gli oggetti di valore, terreni impianti, ecc) sono aumentate dell’1,1%, ma sono state compensate da una diminuzione delle attività finanziarie (-0,8%) e da un aumento del 4,2% delle passività. Questo significa che moltissime famiglie hanno aumentato il loro indebitamento per compensare la caduta dei redditi e per cercare di mantenere inalterati i consumi. Secondo stime preliminari, nel primo semestre 2011 la ricchezza delle famiglie sarebbe leggermente aumentata in termini nominali (0,4%) per effetto di un aumento delle attività sia reali (1,2%) sia finanziarie (0,4%). Ma, ancora una volta, le passività sono aumentate: + 5,4%. E questo significa che anche nei primi sei mesi dell’anno le famiglie sono state costrette a aumentare il loro indebitamento.
Il numero di famiglie con una ricchezza netta negativa, alla fine del 2008 è pari al 3,2%. Una percentuale in lieve ma graduale crescita dal 2000 in poi. A proposito di ricchezza in abitazioni, a prezzi correnti, è cresciuta tra la fine del 2009 e la fine del 2010 dell’1% (circa 48 miliardi di euro), ma la crescita è stata molto inferiore al tasso medio annuo del periodo 1995-2009 (circa il 5,9%), a causa del rallentamento delle quotazioni immobiliari.
Per quanto riguarda le attività finanziarie, invece, il 43,2% era detenuto in obbligazioni private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni e altre partecipazioni e quote di fondi comuni di investimento. Il contante, i depositi bancari e il risparmio postale rappresentavano, invece, «il 30% del complesso delle attività finanziarie» mentre «la quota investita direttamente dalle famiglie in titoli pubblici italiani era pari al 5%».
L’aumento di circa 8 punti percentuali della quota di attività finanziarie in obbligazioni private italiane (dal 2,4 al 10,2 per cento) di quella in riserve tecniche di assicurazione (dal 10 al 18,6 per cento) sono state compensate dalla forte contrazione delle quote di attività finanziarie in depositi bancari e in titoli pubblici italiani (rispettivamente dal 30,2 al 18,3 e dal 18,9 al 5 per cento). Sul versante delle passività, a fine 2010 quelle finanziarie erano costituite «per circa il 41% da mutui per l’acquisto dell’abitazione» mentre «la quota di indebitamento per esigenze di consumo ammontava a circa il 13,6 per cento».
Un dato interessante riguarda la distribuzione sui depositi bancari che, purtroppo, si ferma al 2007. Ci dice che «il 57% dell’intero ammontare detenuto dalle famiglie afferiva a conti di importo inferiore a 50 mila euro; circa il 39% era compreso tra i 50 e i 250 mila euro», mentre il 13% dei conti bancari dell’ammontare era in conti correnti di importo superiore ai 250 mila euro. Secondo Bankitalia la comparazione evidenzia una «spostamento piuttosto marcato dalla classe inferiore in favore di quella più elevata».
Ancora più interessante è il dato sui «conti titoli» a fine 2010 presso le banche. Quelli fino a 50 mila euro ammontavano al 34,8%; quelli tra i 50 mila e i 250 assommavano al 35,5%; il 10,3% tra 250 e 500 mila euro e il 19,8% oltre i 500 mila euro. Un dato che indica chiaramente dove si nasconde la vera ricchezza e che dovrebbe sollevare interrogativi su come si è formata.
Fra la fine del 2009 e la fine del 2010 la ricchezza è rimasta invariata, ma a prezzi costanti (depurata, cioè, dell’inflazione) si è ridotta dell’1,5%. Quella in abitazioni, alla fine del 2010, era stimata in 4.950 miliardi (circa 200 mila euro) con un aumento dell’1% in termini nominali e una flessione dello 0,5% a prezzi costanti. Complessivamente le attività reali (oltre alle abitazioni, anche gli oggetti di valore, terreni impianti, ecc) sono aumentate dell’1,1%, ma sono state compensate da una diminuzione delle attività finanziarie (-0,8%) e da un aumento del 4,2% delle passività. Questo significa che moltissime famiglie hanno aumentato il loro indebitamento per compensare la caduta dei redditi e per cercare di mantenere inalterati i consumi. Secondo stime preliminari, nel primo semestre 2011 la ricchezza delle famiglie sarebbe leggermente aumentata in termini nominali (0,4%) per effetto di un aumento delle attività sia reali (1,2%) sia finanziarie (0,4%). Ma, ancora una volta, le passività sono aumentate: + 5,4%. E questo significa che anche nei primi sei mesi dell’anno le famiglie sono state costrette a aumentare il loro indebitamento.
Il numero di famiglie con una ricchezza netta negativa, alla fine del 2008 è pari al 3,2%. Una percentuale in lieve ma graduale crescita dal 2000 in poi. A proposito di ricchezza in abitazioni, a prezzi correnti, è cresciuta tra la fine del 2009 e la fine del 2010 dell’1% (circa 48 miliardi di euro), ma la crescita è stata molto inferiore al tasso medio annuo del periodo 1995-2009 (circa il 5,9%), a causa del rallentamento delle quotazioni immobiliari.
Per quanto riguarda le attività finanziarie, invece, il 43,2% era detenuto in obbligazioni private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni e altre partecipazioni e quote di fondi comuni di investimento. Il contante, i depositi bancari e il risparmio postale rappresentavano, invece, «il 30% del complesso delle attività finanziarie» mentre «la quota investita direttamente dalle famiglie in titoli pubblici italiani era pari al 5%».
L’aumento di circa 8 punti percentuali della quota di attività finanziarie in obbligazioni private italiane (dal 2,4 al 10,2 per cento) di quella in riserve tecniche di assicurazione (dal 10 al 18,6 per cento) sono state compensate dalla forte contrazione delle quote di attività finanziarie in depositi bancari e in titoli pubblici italiani (rispettivamente dal 30,2 al 18,3 e dal 18,9 al 5 per cento). Sul versante delle passività, a fine 2010 quelle finanziarie erano costituite «per circa il 41% da mutui per l’acquisto dell’abitazione» mentre «la quota di indebitamento per esigenze di consumo ammontava a circa il 13,6 per cento».
Un dato interessante riguarda la distribuzione sui depositi bancari che, purtroppo, si ferma al 2007. Ci dice che «il 57% dell’intero ammontare detenuto dalle famiglie afferiva a conti di importo inferiore a 50 mila euro; circa il 39% era compreso tra i 50 e i 250 mila euro», mentre il 13% dei conti bancari dell’ammontare era in conti correnti di importo superiore ai 250 mila euro. Secondo Bankitalia la comparazione evidenzia una «spostamento piuttosto marcato dalla classe inferiore in favore di quella più elevata».
Ancora più interessante è il dato sui «conti titoli» a fine 2010 presso le banche. Quelli fino a 50 mila euro ammontavano al 34,8%; quelli tra i 50 mila e i 250 assommavano al 35,5%; il 10,3% tra 250 e 500 mila euro e il 19,8% oltre i 500 mila euro. Un dato che indica chiaramente dove si nasconde la vera ricchezza e che dovrebbe sollevare interrogativi su come si è formata.
da “il manifesto”
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