Tanto più pesanti sono queste manovre, tanto più pesante sarà il loro effetto negativo sul pil, ormai preso come un indiscusso totem di referimento sebbene oggi un ampio schieramento di economisti consideri molto dubbia la validità di questo indicatore. È invece molto probabile che la recessione in corso si acuirà nei prossimi mesi impedendo una riduzione del rapporto tra il deficit nel bilancio pubblico ed il prodotto interno lordo. Il ragionamento si applica anche al rapporto tra debito pubblico e pil. Infatti anche se calasse il disavanzo pubblico di parte corrente, peraltro in Italia già tra i più bassi della zona dell’euro, il rapporto debito e pil può crescere per via del divario tra un tasso di crescita negativo (recessivo) ed il tasso d’interesse. È difficile credere che nel 2012 il tasso di interesse sui titoli italiani si ridurrà in maniera tale da compensare l’effetto negativo che il calo del pil avrà sul rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo. Asserire che i conti sono in sicurezza equivale a mettere il carro davanti ai buoi.
Infine, fatto importante, se si considera la revisione al ribasso delle valutazioni dell’Istat circa la crescita economica italiana, emerge come concreta possibilità un circolo vizioso di tipo greco in cui, a causa degli effetti recessivi, ad ogni politica di austerità corrisponde un aggravamento dei conti pubblici soprattutto dal lato del debito. Su questo punto anche il Fondo monetario internazionale nella sua ultima analisi sulla Grecia non sembra lasciar dubbi in proposito
da “il manifesto”
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