Tensioni sui tassi. Società di rating accusata di brogli
Roberto Tesi
Grande è la confusione sui mercati e ancora più grande è la paura di un riesplodere della bolla finanziaria. Non a caso ieri il G20 (le 20 più grandi economie del globo) ha deciso di rifinanziare con 400 miliardi di dollari il Fondo monetario per metterlo in grado di fronteggiare le prossime crisi. Forte anche di questa decisione, ieri per le borse è stata una giornata positiva, ma notizie meno positive sono arrivate per l’Italia e la Spagna che hanno visto risalire i tassi di interesse sui bond governativi con conseguente rialzo degli spread con i Bund tedeschi.
Ieri, la notizia più clamorosa è arrivata, però, dagli Stati uniti: secondo il Financial times la Sec (l’autorità di controllo dei mercati, la Consob degli Stati Uniti) ha intenzione di avviare un azione civile contro Egan Jones e la sua agenzia di rating con l’accusa è di aver fornito informazioni fuorvianti sui rating di asset-backed securities e titoli sovrani. La «condanna per la Egan Jones potrebbe essere il divieto di emettere giudizi per due anni su titoli Abs e titoli sovrani.
La Egan è una media agenzia di rating autorizzata ad emettere «pagelle»su istituzioni finanziarie e aziende nel 2007, che si distingue dalle «tre sorelle» (Moody’s, S&P e Fitch) che controllano il 90% del mercato mondiale. Il proprietario Jones in questi anni si è sempre vantato del fatto che i giudizi emessi dalla sua agenzia sono pagati dagli investitori e non dagli stessi emittenti di titoli, poi giudicati dalle «tre sorelle» evidenziando un conflitto di interessi. Evidentemente, però, anche Jones ha qualche scheletro nell’armadio. Ma non è l’unica brutta notizia per le società di rating: dalla Danimarca, infatti, è arrivata la notizia che le principali banche hanno deciso di non usufruire più delle consulenze di Moody’s non condividendo i rating emessi sui covered bond. Più volte, gli scorsi anni, la Sec. aveva messo sotto giudizio il comportamento delle monopoliste del rating (il cui capitale di controllo è statunitense), ma sempre le inchieste si erano chiuse con un nulla di fatto.
In questo momento le maggiori perturbazioni sui mercati sono state alimentate dalla ripresa delle tensioni provocate dalla crisi dei debiti sovrani. Dopo la grande operazione di finanziamento operata dalla Bce (oltre 1000 miliardi di prestiti per tre anni al tasso dell’1%) ci sono state parecchie settimane di calma e di discesa generalizzata dei tassi e di riduzione degli spread. Ma negli utimi giorni il quadro è cambiato. In particolare sembra essere la Spagna al centro delle tensioni e l’ultima asta di Bonos che si è chiusa con forti aumenti dei rendimenti ne è la prova. La prossima settimana sarà l’Italia a essere al centro dell’attenzione: sono previste le prime aste da quando il governo ha ammesso che non riuscirà a centrare l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013, anche se un deficit allo 0,5% del Pil non appare sconvolgente se non fosse che la riduzione è tutta legata alle politiche fiscali e non a una ripresa della crescita. Non a caso l’attenzione dei mercati è rivolta sugli effetti delle politiche restrittive varate nei mesi scorsi.
Da sottolineare che da un po’ di tempo arrivano sempre più di frequente appelli – ultimo quello del Fondo Monetario Internazionale – a rivolgere maggiore attenzione ai provvedimenti di stimolo alla crescita. E questo perché quello che è di fronte è un quadro di debole crescita (negli Stati uniti) e addirittura di recessione (che tende ad aggravarsi) in Europa.
Ieri, la notizia più clamorosa è arrivata, però, dagli Stati uniti: secondo il Financial times la Sec (l’autorità di controllo dei mercati, la Consob degli Stati Uniti) ha intenzione di avviare un azione civile contro Egan Jones e la sua agenzia di rating con l’accusa è di aver fornito informazioni fuorvianti sui rating di asset-backed securities e titoli sovrani. La «condanna per la Egan Jones potrebbe essere il divieto di emettere giudizi per due anni su titoli Abs e titoli sovrani.
La Egan è una media agenzia di rating autorizzata ad emettere «pagelle»su istituzioni finanziarie e aziende nel 2007, che si distingue dalle «tre sorelle» (Moody’s, S&P e Fitch) che controllano il 90% del mercato mondiale. Il proprietario Jones in questi anni si è sempre vantato del fatto che i giudizi emessi dalla sua agenzia sono pagati dagli investitori e non dagli stessi emittenti di titoli, poi giudicati dalle «tre sorelle» evidenziando un conflitto di interessi. Evidentemente, però, anche Jones ha qualche scheletro nell’armadio. Ma non è l’unica brutta notizia per le società di rating: dalla Danimarca, infatti, è arrivata la notizia che le principali banche hanno deciso di non usufruire più delle consulenze di Moody’s non condividendo i rating emessi sui covered bond. Più volte, gli scorsi anni, la Sec. aveva messo sotto giudizio il comportamento delle monopoliste del rating (il cui capitale di controllo è statunitense), ma sempre le inchieste si erano chiuse con un nulla di fatto.
In questo momento le maggiori perturbazioni sui mercati sono state alimentate dalla ripresa delle tensioni provocate dalla crisi dei debiti sovrani. Dopo la grande operazione di finanziamento operata dalla Bce (oltre 1000 miliardi di prestiti per tre anni al tasso dell’1%) ci sono state parecchie settimane di calma e di discesa generalizzata dei tassi e di riduzione degli spread. Ma negli utimi giorni il quadro è cambiato. In particolare sembra essere la Spagna al centro delle tensioni e l’ultima asta di Bonos che si è chiusa con forti aumenti dei rendimenti ne è la prova. La prossima settimana sarà l’Italia a essere al centro dell’attenzione: sono previste le prime aste da quando il governo ha ammesso che non riuscirà a centrare l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013, anche se un deficit allo 0,5% del Pil non appare sconvolgente se non fosse che la riduzione è tutta legata alle politiche fiscali e non a una ripresa della crescita. Non a caso l’attenzione dei mercati è rivolta sugli effetti delle politiche restrittive varate nei mesi scorsi.
Da sottolineare che da un po’ di tempo arrivano sempre più di frequente appelli – ultimo quello del Fondo Monetario Internazionale – a rivolgere maggiore attenzione ai provvedimenti di stimolo alla crescita. E questo perché quello che è di fronte è un quadro di debole crescita (negli Stati uniti) e addirittura di recessione (che tende ad aggravarsi) in Europa.
da “il manifesto”
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