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Problemi per la governance europea

La ampiamente prevista scelta di Hollande come sfidante ufficiale di Sarkozy ha fatto pensare che ci potrebbe essere un diverso equilibrio politico in Europa già tra poche settimane. I più ottimisti sperano che Hollande “rompa l’asse con Berlino” o almeno sia capace di rinegoziare le politiche e gli accordi fin qui siglati. I mercati, più smagati, conoscono i limiti di manovra che hanno già disegnato per qualsiasi governo europeo e fingono preoccupazione mentra lanciano segnali “distensivi”. Bastone e carota, insomma…

Basta leggere Il Sole 24 Ore, per capirlo.

 

Anche se è ancora solo uno dei due candidati alla carica di capo di Stato della Francia, le sue parole fanno capire come potrebbero cambiare gli equilibri europei, perché il socialista François Hollande è avanti nei sondaggi e al primo turno delle presidenziali ha superato Nicolas Sarkozy (secondo round è il 6 maggio), e perché dice cose di rottura rispetto al presidente che sfida. Ad esempio, si schiera a favore degli eurobond visti come fumo negli occhi dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che vuole portare avanti e proteggere l’accordo sul fiscal compact nato dalla sua “sintonia” con Sarkozy.

Quattro punti
«Se verrò eletto all’Eliseo – dice Hollande durante l’incontro con i giornalisti – invierò subito a tutti i capi di Stato e di Governo dell’Ue un memorandum per rilanciare la crescita in Europa. Hollande ha precisato che il documento si baserà su quattro punti essenziali: la creazione di Eurobond, il potenziamento delle capacità di investimento della Bei, una tassa sulle transazioni finanziarie con i Paesi che vorranno, e l’uso dei fondi strutturali rimasti inutilizzati per rilanciare lo sviluppo. A questo memorandum, ha detto ancora Hollande, si aggiungerà un «dialogo necessario» tra leader europei e Bce.

Il candidato socialista all’Eliseo ha anche detto che «senza crescita l’Europa non potrà uscire dalla crisi». Ed è per questo che «anche il presidente della Bce, Mario Draghi, ha detto che il Patto di bilancio Ue (Fiscal compact) deve essere completato da un patto di crescita». «Il presidente della Bce sarà utile, è utile, per sostenere la crescita in Europa», ha proseguito Hollande, secondo cui la posizione di Draghi conferma che le sue promesse sulla rinegoziazione del patto di bilancio sono giuste.

A parole il possibile futuro duo franco-tedesco che governerà l’Europa converge su Draghi. Angela Merkel si dice infatti d’accordo con il presidente dell’Eurotower sul tema delle riforme strutturali per la crescita. Ma da Parigi Hollande rimette in discussione quanto fatto fin qui e la possibile sintonia con la Germania anche se dice di non «volere conflitti» con Merkel. Perché infatti poi aggiunge di non voler «nascondere le differenze nelle nostre posizioni». Ed ecco la grande differenza: se vinco le presidenziali – afferma Hollande – la Francia «non ratificherà il patto di bilancio Ue (Fiscal compact) nella sua versione attuale» ribadendo che intende integrare quel testo con la crescita. «Se aggiungeremo una parte al testo attuale, o se faremo un trattato a parte questo non lo so, farà parte dei negoziati» a Bruxelles, precisa Hollande.

Proclami da campagna elettorale certo, ma intanto Berlino guarda sempre con più bonomia al governo di Roma a cui si chiede un’intesa proprio sulla crescita. Il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert ha infatti reso noto oggi di un un incontro fra l’entourage della cancelliera e quello di Mario Monti a Berlino, avvenuto in settimana, per promuovere iniziative concrete per la crescita nel prossimo Consiglio europeo di giugno.

Il “triangolo” Roma-Berlino-Parigi potrebbe dunque cambiare l’asse preferenziale? A noi sembra un’esagerazione “nazionalistica” de Il Sole; o meglio un tentativo di “blindare” meglio il governo Monti ora che, dal lato berlusconiano della maggioranza che sostiene il governo si ricomincia a farfugliare di elezioni a ottobre. Insomma: un modo di dire “guai a chi ci tocca Monti, ora che stiamo diventando ‘centrali’ in Europa”.

Non è vero, naturalmente, ma la fibrillazione “politica” c’è perché tutti e tre i paesi più importanti hanno in questo momento leadership incerte (da chi sarà guidata la Francia?) o “a tempo determinato” (Germania e Italia). Il rischio, dal punto di vista della “unità d’azione europea”, è che si consolidi una visione della Ue come campo di battaglia tra opzioni diverse (“crescitisti” contro “rigoristi”). Questo vanificherebbe gran parte del lavoro della Bce che, come ha ricordato Mario Draghi anche ieri”, con le sue due maxi-operazioni di finanziamento (1.000 miliardi di euro, in totale), la solo “preso tempo” impedendo un colossale “credit crunch” già in novembre. Ma nessuno dei problemi sistemici continentali è stato in effetti risolto.

Banalmente: la politica del “rigore” sui conti pubblici abbatte il costo del lavoro e sta cambiando il “patto sociale” che ha caratterizzato l’Europa nel dopoguerra; ma non serve a un tubo sul piano del rilancio dell’accumulazione. Insomma: favorisce le banche, molto più e molto prima che le imprese produttive. E lascia la situazione in stallo.

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