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Gran Bretagna isolazionista. Niente soldi al Fmi

Un uomo di scarsa visione, furbo come può esserlo uno che ha il naso incollato al vetro din un negozio. Ma anche il dirigente “scelto” da una classe dirigente che non sa come affrontare la crisi e pensa di potersela cavare spazzando i rifiuti sotto il tappeto. Anche il giornale di Confindustri, giustamente, si preoccupa. Da un punto di vista completamente opposto al nostro, ma si preoccupa.

 

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Cameron: dalla Gran Bretagna nessun contributo extra al Fmi

Il premier britannico, David Cameron non vuole che il Regno Unito contribuisca al rafforzamento dei fondi del Fmi per far fronte alla crisi del debito europeo. Lo riferisce la Bbc riportando le parole di un portavoce di David Cameron.

Il presunto aumento del contributo britannico al fondo aveva causato una certa costernazione nelle ore scorse. A dare la notizia era stata la rivista ufficiale dell’Fmi, “Survey magazine”, secondo la quale i Paesi non parte dell’eurozona avrebbero contribuito con un quarto di tutti i nuovi fondi. «I leader europei si sono accordati di fare prestiti bilaterali all’Fmi per un totale di 200 miliardi di euro, con 150 miliardi provenienti dai membri dell’eurozona e 50 miliardi da altri membri dell’Ue», si legge nell’articolo, basato su un rapporto del capo dell’Fmi Christine Lagarde. Ma il comunicato finale dell’Ue non contiene alcun riferimento ai 50 miliardi di euro extra, che sarebbero dovuti provenire in gran parte dalla Gran Bretagna, l’unico Paese con un’economia sostanziosa fuori dall’euro.

Nella sua relazione di lunedì ai Comuni, Cameron non aveva fatto alcun riferimento a obblighi di questo tipo. «Insieme agli altri Paesi del G20 non europei, guardiamo positivamente a rafforzare la capacità dell’Fmi di aiutare Paesi in difficoltà nel mondo», aveva detto il premier, aggiungendo tuttavia che: «le risorse dell’Fmi sono per i Paesi non per le valute, e non possono essere utilizzate allo scopo di rafforzare l’euro».

Il premier britannico teme tra l’altro che i suoi colleghi conservatori forzino un altro voto su un possibile referendum sull’inclusione del Regno negli stati membri dell’Ue. Downing Street teme infatti che gli euroscettici, che parlano di “primavera inglese” in Europa, possano impadronirsi di una votazione intesa a rivedere il contributo britannico al fondo di emergenza dell’eurozona per spingere la causa del rimpatrio dei poteri da Bruxelles a Londra.

I deputati euroscettici potrebbero in questo caso proporre un emendamento per costringere ad un altro voto sul referendum, mandando all’aria i desideri di Cameron di chiudere la partita riguardo alle riforme del rapporto tra Gran Bretagna e Ue.

Gli alleati di Cameron farebbero di tutto per evitare il ripetersi della ribellione di ottobre, quando 81 deputati conservatori, in piena sfida alla leadership, chiesero un referendum sul rapporto della Gran Bretagna con l’Europa. Ma l’impiego del veto da parte di Cameron la scorsa settimana ha riattizzato le ambizioni secessioniste degli euroscettici, che nei corridoi di Westminster hanno già iniziato a parlare di “primavera inglese”.

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