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Rompere con l’Eurozona? Si può, si deve

I tabù prima o poi si rompono. Lo avevano già fatto nel 2011 Luciano Vasapollo, Rita Tartufi e Joaquim Arriola nel loro “Il risveglio dei maiali”, lo hanno fatto recentemente altri due studiosi: Bruno Amoroso (italiano trapiantato da decenni in Danimarca) e Jesper Jespersen, economista e attivista danese nel loro libro “L’Europa oltre l’euro” nel 2012. Studiosi marxisti con esperienze diverse alle spalle, sono arrivati alle medesime conclusioni: la rottura dell’Unione Europea e della moneta unica – l’euro – e una nuova area di integrazione economica e monetaria in Europa non sarebbero affatto un dramma, anzi, potrebbe essere la salvezza per i paesi euro-mediterranei e per quelli dell’altra sponda,
a sud come a est.

Nel libro di Amoroso e Jespersen si sottolinea il dato più macroscopico, quello delle bilance dei pagamenti e cioe’ del rapporto tra import – export nei paesi dell’Eurozona. La contraddizione balza agli occhi. Il saldo cumulato nel periodo tra il 1998 e il 2012 nei seguenti quattro Paesi, evidenzia che i saldi negativi di Francia, – 56,84 miliardi, Italia, – 349,25 e Spagna, – 706,85, corrispondono sostanzialmente al saldo positivo della Germania, + 1226,20! In pratica l’Eurozona ha vissuto in questi anni in funzione del modello esportatore tedesco. “Una politica unilaterale, un mercantilismo che produce dumping economico e sociale sia dentro la Germania sia nei Paesi dell’Europa del Sud, crea tensioni all’interno della eurozona, con il crescente indebitamento dei Paesi più deboli verso le banche tedesche e francesi e un avanzo della bilancia commerciale in pochi altri” scrivono i due autori. I quali sottolineano ancora che “Il deficit crescente della bilancia dei pagamenti e’ divenuto la radice dei problemi economici dei Paesi dell’Europa del Sud, e con un peso particolare all’interno dell’area monetaria comune. L’indebolimento delle industrie di esportazione in Grecia, Spagna, Portogallo ha generato un “circolo vizioso”. Assistiamo in questi Paesi alla crescita della disoccupazione, seguita congiuntamente dalla diminuzione delle entrate fiscali e dall’aumento del deficit di bilancio, del debito pubblico e del tasso d’interesse”. Per giunta in questo quadro la moneta unica è diventata più un problema che la soluzione. Essa infatti ipoteca e imbriglia le possibilità di ripresa dei paesi euro-mediterranei, i Pigs. Da un lato impedisce di recuperare competitività attraverso manovre svalutative; dall’altro obbliga a sostenere il debito con l’acquisizione di moneta sui mercati internazionali e dunque a tassi di interessi speculativi- Infine, secondo gli autori, consegna alla Germania e i suoi partner più stretti “un vantaggio competitivo del 30% in termini di costo, che da’ alle merci tedesche una posizione dominante a spese dai Paesi dell’Europa Meridionale paralizzati dalla moneta unica e perciò incapaci di migliorare le capacita’ produttive delle loro imprese private sui mercati esteri “. “In realtà, come e’ noto, il rischio del debito dei titoli di Stato e’ stato valutato in modo molto diverso come se l’euro avesse valori diversi a seconda dei Paesi di riferimento. Un evento che intacca la legittimità internazionale della moneta unica…che corrisponderebbe alla situazione assurda che l’euro utilizzato da un turista italiano per saldare i propri conti di hotel fosse valutato diversamente da quello di un turista tedesco…”. Tutto ciò, sostengono Amoroso e Jespersen, è il frutto del fatto di aver realizzato una moneta unica senza una politica economica unica. Anche Amoroso e Jespersen paragonano la situazione attuale a quella del Titanic. Criticano la totale acriticità della sinistra sull’Unione Europea e propongono di prendere atto della situazione per passare in modo condiviso ad un nuovo assetto che preveda una riarticolazione, anche monetaria, per aree, tra cui una dell’Europa del Sud, capaci anche di nuove relazioni con i settori limitrofi del mediterraneo e dell’est. Il “risveglio dei maiali” a questo punto potrebbe e dovrebbe diventare un ruggito e un appello alla lotta. E’ questa la proposta sulla quale da alcuni mesi sta lavorando la Rete dei Comunisti e che a breve sarà al centro di una campagna di confronto, informazione e iniziative a tutto campo.

 

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