Nel mese di gennaio 2013, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), ha registrato un aumento dello 0,2% rispetto al mese precedente e del 2,2% nei confronti nei confronti di gennaio 2012, confermando le stime provvisorie. I prezzi continuano a crescere più dei salari, dunque, ma sono andati rallentando il loro ritmo.
Perché? C’è stata un’ulteriore frenata della crescita dei prezzi dei beni energetici (“solo” +5,4%, mentre era stata +9,3% in dicembre) a spiegare il rallentamento dell’inflazione a gennaio (dal +2,3% di dicembre); mentre continuano a corre i prezzi degli “alimentari non lavorati” e, in particolare, dei vegetali freschi (+9,2% su base mensile, +13,1% su base annua). Insomma: aumenta di più ciò cui non si può rinunciare (il cibo), mentre rallenatno tutte le voci su cui qualche taglio si può fare (carburanti, riscaldamenti, ecc).
L’inflazione acquisita per il 2013 è pari allo 0,8%. Significa che se anche da oggi in poi i prezzi si fermassero totalmente, avremmo comunque questo tasso minimo di inflazione per il 2013.
I prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori (il “carrello della spesa”) aumentano dello 0,4% su base mensile e del 2,7% su base annua, in rallentamento dal 3,1% di dicembre.
A gennaio 2013, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) diminuisce su base mensile del 2,0% e aumenta su base annua del 2,4% (era +2,6% a dicembre). Anche in questo caso i dati definitivi confermano le stime preliminari. La flessione congiunturale è in larga parte dovuta ai saldi stagionali dell’abbigliamento e calzature, di cui l’indice NIC non tiene conto.
Il rapporto Istat competo:
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