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Anche la Slovenia in sala d’attesa

Il problema serio è che dall’altra parte della porta c’è la sala operatoria dove i macellai della Troika trasformano una società con problemi in uno zombie senza più struttura riconoscibile, senza forze, avvitato in una spirale recessiva di cui nessuno riesce a intuire il fondo.

Il Pil di Lubjana, nel 2012, è sceso drasticamente: -2,3%. La disoccupazione è salita al 10% e il sistema bancario nostra segni sempre più evidenti di crisi. Le “sofferenze” – ovvero i crediti non recuperabili, sette miliardi di euro – costituiscono ormai il 20% del prodotto interno lordo. Del resto la Slovenia è un picolo paese, poco più grande di Cipro, senza grandi risorse nazionali né una struttura industriale degna di nota. Anche qui, dunque, lo “sviluppo” capitalistico ha assunto la forma dell’ipertrofia finanziaria, grazie a capitali richiamati a colpi di tasse ridicole sulle imprese o sugli “investimenti”. Anche qui, come altrove, la crisi finanziaria ha tranciato la normale circolazione, generando le “sofferenze”.

Non mancano i problemi politici, con un governo costretto di recente alle dimissioni per ricorrenti casi di corruzione.

Gli idioti in servizio permanente addebitano il problema al fatto che alcune banche sono tuttora in mano pubblica, come se in Irlanda, Spagna, Portogallo, Cipro, Grecia, la proprietà privata del sistema bancario avesse in qualche modo preservato dal “contagio”. Com’è noto, invece, proprio dalla finanza privata è partita l’infezione che ora sta scuotendo l’eurozona un paese dopo l’altro. Sei paesi su 17 (senza contare l’Italia, paese sempre febbricitante ma ancora non inserito ufficialmente nella lista degli “assistiti”) non sono affatto pochi. E disegnano un’area rilevante accomunata da una composizione organica (rapporto tra capitale “fisso” e capitale variabile, ovvero lavoro) più bassa di quanto non sia in Germania o Francia. In quest’area – che comprende come caratteristiche strutturali anche il nostro paese – l’introduzione dell’euro ha posto condizioni di “competitività” intollerabili, che si sono tradotte in trasferimento secco di “valore” da qui verso i rigorosi paesi del Nord Europa.

Anche in questo caso la Troika starebbe immaginando un “salvataggio” con il concorso dei “privati”. L’unica incertezza riguarda la “soluzione” più adatta: ristrutturazione del debito pubblico (con perdite in parte a carico dei capitali stranieri investiti in titoli di stato di Lubjana) oppure “prelievo forzoso” sui conti correnti?

E quindi, auguri alla Slovenia… Ma nessuno più è autorizzato a pensare che possa finire qui.

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