Dopo la Telecom anche l’Alitalia ricorre adesso ai contratti di solidarietà per il personale. L’azienda e i sindacati hanno infatti firmato un accordo per 2.200 contratti di solidarietà per il personale di terra per un periodo di due anni. “È stato siglato – si legge in una nota dell’azienda – nella serata di oggi un importante accordo tra la delegazione di Alitalia, guidata dall’Amministratore Delegato Gabriele Del Torchio, e le organizzazioni sindacali Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uil e Ugl Trasporti”.
In base all’intesa, 2.200 dipendenti del personale di terra rinunciano a cinque giornate lavorative al mese e alla relativa quota di salario. Una parte del salario perduto relativa ai giorni non lavorati, l’80%, sarà coperta dall’Inps e anticipato in busta paga da Alitalia. L’accordo, prevede anche una riduzione del 20% del compenso per l’amministratore delegato e del 10% per i dirigenti.
In Italia sembra ormai dilagare il ricorso ai contratti di solidarietà (Cds). Ai lavoratori è riconosciuto il trattamento dell’integrazione salariale pari al 60% della retribuzione persa a seguito del rallentamento dell’attività aziendale. L’integrazione viene pagata dall’Inps. I lavoratori perdono così una quota del loro salario – parzialmente integrata dall’Inps – le aziende risparmiamo sulle retribuzioni e il costo del lavoro scaricando parte dei costi sulle casse pubbliche. Certo in questo modo vengono mantenuti i posti di lavoro, ma è evidente come e quanto tutto ciò vada a incidere ulteriormente su un monte salari sempre più ridotto, che viene spalmato su una platea di lavoratori più ampia, che perde sistematicamente quote nella distribuzione interna della ricchezza tra lavoro e profitti e che infine…. Continua a scaricare i costi delle destrutturazioni aziendali sull’Inps. La quale – per metterci una pezza – ha voluto una controriforma previdenziale come quella Fornerò che in meno di dieci anni sottrarrà 80 miliardi di euro dalle pensioni e dalle aspettative di vita di milioni di lavoratrici e lavoratori, esodati, pensionati.
Il numero delle aziende che ha fatto domanda per accedere a questa forma di sovvenzione nei primi tre mesi di quest’anno è più che raddoppiata rispetto ai primi tre mesi del 2008. In un solo trimestre le istanze sono state già 145 alla data del 31 marzo.
Il maggior numero di imprese in stato di difficoltà che hanno chiesto contratti di solidarietà si segnala nelle Marche (11), ma anche Veneto (6) e Lombardia (7) si sono trovate a far fronte ad un rallentamento degli ordini e quindi della produzione. Quest’ultima regione nel 2008 aveva chiesto il maggior numero di sovvenzioni (33), seguita da Puglia (26), Sicilia e Campagna (25).
La durata di questi contratti di solidarietà – che sono comunque soggetti ad un accordo tra azienda e sindacati – varia in base al luogo dove ha sede l’azienda. Se infatti il periodo iniziale di validità non può essere superiore a 24 mesi, nelle aree del Mezzogiorno possono essere prorogati per un massimo di 36 mesi, mentre nelle altre aree per un massimo di 24 mesi.
Per amore della verità occorre dire che il boom di richieste non c’è stato solo l’Italia. Anche nella “locomotiva tedesca” nel 2013 il numero di lavoratori con contratto di solidarietà passerà dagli attuali 40 mila a circa 200 mila (+400%). Ma con qualche accanimento in più molto “tedesco”. Frank-Juergen Weise, capo dell’Ufficio federale per il lavoro, ha invitato le aziende a considerare riduzioni dell’orario anche per i lavoratori assunti con i contratti interinali. Un accanimento terapeutica, nel senso delle terapie d’urto ovviamente.
vedi su Contropiano di ieri : Le fregature dell’austerity
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