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La ripresa del criceto

 

Il governo vuole mandare messaggi rassicuranti, ma i dati dell’economia reale dicono diverse. Su ruolo delle banche e deregolamentazione del lavoro fanno i finti tonti. Anche il criceto che fa girare la ruota dentro la gabbia è convinto di muoversi pur rimanendo fermo.
Il Prodotto interno lordo, nel secondo trimestre, ha mostrato un calo congiunturale dello 0,2%, migliroe rispetto ai primi tre mesi del 2013, quando il ribasso e’ stato dello 0,6%. Lo rende noto l’Istat, che ha diffuso le stime preliminari. Su base annua, il calo e’ del 2%. Quest’ultimo calo risulta l’ottavo consecutivo, il piu’ lungo dalla serie degli anni ’90.

Se sono questi gli indicatori di ripresa evocati ieri nella colazione di lavoro tra Letta con il ministro dell’Economia Saccomanni e il governatore della Banca d’Italia Visco, c’è da strapparsi i capelli. Nel vertice di ieri è stato analizzato lo stato dell’economia del paese, le prospettive a breve e la capacità di tenuta del sistema, soprattutto di quello bancario. Sulla base di indicatori ancora piuttosto deboli- come dimostrano i dati Istat diffusi oggi – il governo ha cercato in ogni modo di far emergere un quadro apparantemente rassicurante, corroborato anche dai dati in arrivo dal Tesoro sulle entrate: +5,8 miliardi nei primi sei mesi che fanno rianimare il dibattito su un ‘tesoretto’ e su come impiegarlo. Nel periodo gennaio-giugno 2013 le entrate fiscali dello Stato ammontano a 197.029 milioni di euro, registrando una crescita del 3,1% (+5.898 milioni di euro) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente grazie, in particolare, al contributo dei 9 miliardi di euro di gettito dell’Imu. Tra le prime decisioni in cantiere c’è di sicuro l’Imu sulla prima casa e la cancellazione dell’aumento Iva. Il relativo decreto potrebbe avere il via libera dal Consiglio dei ministri il 23 o il 26 agosto, oppure anche ai primi di settembre. «Su Iva ed Imu entro il 31 agosto sarà detta la parola fine», ha assicurato Letta. «Nel mese di agosto si lavorerà senza interruzioni di continuità, ci saranno Consigli dei ministri dove si affronteranno alcuni nodi ai quali stiamo lavorando».
Il vertice a Palazzo Chigi è servito soprattutto ad agitare un totem: quello sui presunti segnali di ripresa dell’economia italiana rispetto ai quali «sono necessarie politiche di continuità con le scelte fatte» per favorire la crescita ma soprattutto è stato ribadito il dogma – con evidenti ripercusioni politiche – secondo cui “La ripresa è figlia anche della stabilità sui mercati”. Un focus a parte e’ stato dedicato alle banche: quell italiane – sostiene Bankitalia – sono solide, ma nel sistema persistono aree di difficoltà. Per questo Bankitalia è attenta alla dotazione di capitali degli istituti. Eppure alla Banca d’Italia (che non è soggetto politico ma orienta le scelte dell’esecutivo) non dovrebbe essere sfuggito che la “solidità delle banche” è proprio uno dei punti di crisi del sistema economico del paese. I prestiti bancari alle aziende infatti sono diminuiti di 41,5 miliardi di euro, contemporaneamente, sono aumentati i tassi di interesse, con l’Italia seconda soltanto alla Spagna per i livelli più alti d’Europa: pari al -4,2%. Non solo. Secondo la Cgia di Mestre l’81% circa degli oltre 1.335 miliardi di prestiti erogati dalle banche agli italiani va solo al 10% alle grandi imprese, ovvero alla migliore clientela. Il rimanente 19% è distribuito tra famiglie, piccole imprese e lavoratori autonomi che, di fatto, costituiscono la quasi totalità, vale a dire il 90%, dei clienti degli istituti di credito e sono quelli che hanno maggiori problemi di liquidità.

 

Infine, ma non certo per importanza, le suggestioni macroeconomiche sulla ripresa emerse dal vertice a Palazzo Chigi, non hanno affrontato la dimensione sociale della situazione economica del paese. Su questo il governo appare piantato sul micidiale progetto dei contratti ultraprecari targati Expo 2015, una standardizzazione al ribasso del lavoro che lo deregolamenta totalmente. L’accordo firmato il 23 luglio scorso tra Expo 2015 Spa e i sindacati confederali e di categoria è stato salutato dai firmatari e dalla stampa come un esperimento pilota di promozione del lavoro giovanile, ma – come dice un appello lanciato da alcuni giuslavoristi come Alleva, l’anima profonda dell’accordo sono le violazioni delle norme vigenti, arretramento dei diritti e svuotamento di tipologie contrattuali. Esse, secondo i firmatari dell’appello, “sono la componente principale dell’accordo, mosso dalla convinzione che la deregolamentazione del lavoro sia la strada maestra per favorire la ripresa economica e la formazione di nuovi posti di lavoro”.

 

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