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Il nuovo presidente della Fed non sarà Summers

Era una carica per “tecnici” di lungo corso, professori universitari di poche parole in pubblico, di silenziosi compulsatori di grafici e tabelle. Poi il presidente della Federal Reserve – la banca centrale degli Stati Uniti – è diventato poco a poco una rockstar.

Colpa della crisi, naturalmente, che l’ha obbligato a prendere sempre più spesso decisioni “non convenzionali”, fino a farne una sorta di oracolo di Delfo in grado di stabilire se sarebbe stato sereno o tempesta. In ogni caso, una carica decisamente “politica”, perché dotata – sul piano economico globale – di un potere molto più grande di quello del presidente Usa. Anche se nessuna decisione dela Fed, contrariamente a quanto avviene nella scombiccherata Unione Europea, viene presa “all’insaputa” o addirittura “contro” la volontà della Casa Bianca.

L’attuale presidente, Ben Bernanke, è in scadenza e di mandato e va sostituito. La sua carriera, prima, era stata caratterizzata dagli studi sulla crisi del 1929. E ha fatto di tutto per non ripetere gli errori commessi allora dalla stessa Fed e dalla Casa Bianca (una politica di “austerity” che ha aggravato tutti i fenomeni recessivi), meritandosi più volte il plauso sia del mondo finanziario che delle cancellerie più importanti. In pratica, ha messo in atto quel “socialismo per ricchi” consistente nel regalare soldi a chi ne aveva scialacquato a valanghe. Ovvero alle banche, alle assicurazioni, ecc.

Merito anche dello Statuto della Federal Reserve, che obbliga il Fomc (il comitato esecutivo) a tenere conto di due fattori in ogni decisione: il livello dell’inflazione (che comporta un atteggiamento “restrittivo”, per tenerla sempre bassa) e del tasso di disoccupazione negli Usa (che al contrario spinge verso “allentamenti monetari” in grado di stimolare l’economia nazionale). La Bce, com’è noto, ha invece un solo obiettivo statutario: tenere sotto controllo la dinamica dei prezzi. Insomma, combatte la crisi – dal punto di vista finanziario – con un braccio solo; oppure è costretta, come sta facendo Mario Draghi, a mettere in atto “misure non convenzionali” che sollevano aspre critiche da parte della Bundesbank tedesca.

La successione di Bernanke è un evento di importanza pari a quella della presidenza Usa. E fin dall’inizio erano apparsi all’orizzonte due soli candidati: l’ex segretario del Tesoro Lawrence Summers (un clintoniano benedetto da Wall Street per aver abolito il Glass-Steagall Act che dagli anni ’30 stabiliva la separazione tra banche d’affari – speculative – e banche commerciali addette alla raccolta dei risparmi e alla distribuzione del credito; e per questo da molti considerato uno dei responsabili del fallimento delle regole che ha portato nel 2008 alla più grave crisi finanziaria di sempre) e Janet Yellen, una donna da sempre “interna” alla Fed.

Ora Summers si è ritirato e Yellen sarà la prima donna presidente della Fed. QUal’è la differenza? Quella tra un politico e un tecnico, in qualche misura. Anche se è bene ricordare che questa distinzione è venuta progressivamente meno, come si diceva all’inizio. Ma certo Summers sarebbe stato assai più attento ai “bisogni” di Wall Street di quanto non lo sarà Yellen. Tradotto: Summers avrebbe stampato dollari a volontà a ogni accenno di rallentamento sui mercati finanziari, senza porsi alcun problema di “tapering” (riduzione progressiva dei quantitative easing messi in atto da un anno a questa parte, a colpi da 85 miliardidi dollari al mese). Che è invece l’operazione che la Fed sta preparando da mesi; e che presenta qualche rischio sistemico.

Una differenza ben messa in luce dalle preoccupazioni con cui, fino a due giorni fa, anche il quotidiano di Confindustria guardava alle manovre per la successione.

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Yellen meglio di Summers

di Luigi Zingales

Summers vs. Yellen: non è un incontro di pugilato, anche se dall’intensità dello scontro tra le due tifoserie potrebbe sembrare. È la scelta che Barack Obama si trova a dover fare per rimpiazzare Ben Bernanke a capo della Federal Reserve Bank.
Non passa giorno senza che venga pubblicato un articolo a favore dell’uno o dell’altra. Mai nella storia americana questa carica era stata così contesa.

 

E mai il mondo non solo accademico, ma anche politico, si era diviso a tal punto tra due candidati ideologicamente così simili: entrambi di indiscussa fede democratica e keynesiana. Perché allora tanta controversia?
Perché la Fed negli ultimi anni ha visto aumentare a dismisura il proprio potere politico. Durante e dopo la crisi, anche grazie ad un Congresso paralizzato, la Fed è stato il principale centro decisionale della politica economica americana. Una banca centrale può essere indipendente o può fare attivamente politica economica: non entrambe. I salvataggi bancari e il quantitative easing hanno condannato il governatore della Fed a diventare un personaggio politico, soggetto allo scrutinio della pubblica opinione. Il duello Summers vs. Yellen non è che l’inizio.
Se è facile spiegare l’attenzione pubblica su chi verrà nominato, non è altrettanto facile spiegarsi perché ci sia una contesa. In America a parità di qualificazioni per una certa posizione si cerca giustamente di preferire una donna. Janet Yellen, con i suoi sei anni di Presidenza della Fed di San Francisco e i suoi tre anni come vice di Bernanke, non solo è una donna qualificata, è la persona in assoluto più qualificata per quella posizione. Il Wall Street Journal, non certo un giornale femminista, ha riconosciuto a Yellen le migliori capacità di previsione economica tra i principali policy maker. Più di 300 economisti hanno firmato un manifesto a suo sostegno. Perché mai il presidente dovrebbe considerare qualsiasi altra persona?

 

I maligni sussurrano che la preferenza per Larry Summers sarebbe il frutto di una vena maschilista presente nell’amministrazione Obama. Io non ci credo, anche se alcune critiche rivolte alla Yellen (sarebbe meno capace di affrontare una crisi) puzzano di maschilismo. Un’interpretazione più sottile e credibile è che Obama senta un grosso debito di riconoscenza nei confronti di Summers. Durante la prima campagna elettorale Summers aggiornava quotidianamente Obama sulla crisi. Questo lo aiutò a vincere le elezioni del 2008. Summers fu anche l’unico consigliere di Obama a spingerlo a salvare GM e Chrysler, una scelta fortunata non solo economicamente ma anche politicamente, perché permise ad Obama di vincere lo stato del Michigan nelle elezioni del 2012. Ma in politica la riconoscenza è rara e rischia di diventare favoritismo. Gli Stati Uniti (ed il mondo) si meritano la migliore persona, non quella cui Obama deve di più.
Non fraintendetemi, Summers è un economista estremamente brillante, con una capacità retorica eccezionale. Ma queste qualità non bastano a farne il miglior candidato. Un banchiere centrale necessita innanzitutto di una buona capacita di giudizio. Deve saper misurare le proprie parole, perché anche il suo più piccolo gesto può influenzare i mercati. E deve saper creare consenso, perché fratture nel consiglio della Fed creano instabilità.

 

Summers ha dei problemi su tutti e tre questi fronti. Da capo economista della Banca mondiale ha fatto circolare un memo in cui si suggeriva che l’inquinamento si poteva risolvere trasferendo i rifiuti tossici dai Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo, dove il costo dell’inquinamento sarebbe inferiore perché il valore economico di una vita umana, misurato con i guadagni percepiti, è inferiore. Summers si difese dicendo che era una provocazione intellettuale, ma, anche fosse, non dimostra oculatezza di giudizio. Come presidente dell’università di Harvard Summers sostenne che la scarsa presenza di donne nei dipartimenti scientifici era dovuta a una maggiore varianza delle capacità intellettuali maschili: ovvero ci sono più ritardati tra gli uomini, ma anche più geni. È una tesi controversa, che un presidente di un ateneo non dovrebbe sostenere senza aver fatto studi specifici in materia (e lui non li aveva fatti). Summers è più bravo a creare dissenso che consenso: si dovette dimettere da presidente di Harvard a metà mandato per una rivolta dei professori.

 

Dati tutti questi problemi, perché Summers è ancora considerato un candidato plausibile, anzi spesso il favorito? L’interpretazione più plausibile è che le pressioni per Summers vengano da Wall Street e dalla lobby bancaria, che vede con terrore Janet Yellen. Come presidente della Fed di San Francisco la Yellen non ha mostrato alcuna indulgenza nei confronti della banche. Suo marito, il premio Nobel per l’Economia George Akerlof, è uno dei più severi critici dello strapotere politico delle banche. Né le banche né Wall Street possono aspettarsi da lei alcun favore.
Summers invece è il D’Alema americano: un uomo di sinistra radicale che si è innamorato del mondo finanziario. Da giovane Summers criticava gli eccessi della speculazione ed era a favore di un’imposta sulle transazioni finanziarie. In età matura, invece, è diventato un sostenitore della deregolamentazione finanziaria, consulente ben retribuito di banche e hedge funds, ed accanito difensore dei derivati anche di fronte alle critiche molto moderate sollevate dal mio coautore ed ex-collega Raghu Rajan (oggi governatore della banca centrale indiana). Summers è anche il pupillo di Robert Rubin, il segretario del Tesoro di Clinton, che fece cambiare la legge bancaria per Citigroup e poi, un mese dopo le dimissioni da Segretario del Tesoro, si fece assumere da Citigroup per $13 milioni all’anno. Summers ricalca le orme del suo maestro: come consulente economico di Obama ha sostenuto le politiche che hanno permesso a Citigroup di non fallire durante la crisi finanziaria. Appena lasciata l’amministrazione, è diventato consulente di Citigroup.

 

L’attenzione dei mercati è focalizzata sulla politica monetaria dopo Bernanke. Summers e Yellen non differiscono molto su questo fronte. La vera posta in gioco, però, è la supervisione bancaria dopo l’approvazione della riforma Dodd Frank. In questo campo io mi sentirei più tranquillo con Yellen. E non capisco come Obama possa pensare altrimenti. A meno che non faccia parte anche lui del Pd italiano.

da IlSole24Ore

 

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