L’avevamo detto e scritto: una volta arrivati a zero – o quasi – i tassi di interesse, alla Bce (come alla federal reserve Usa o alla Boj giapponese – non restano molti altri strumenti di intervento “convenzionale” in tema di politica monetaria. E’ la “trappola della liquidità”: il denaro non costa nulla (anzi, per gli “investitori istituzionali”, ossia le banche, c’è addirittura un guadagno nel prendere in prestito e restituire dopo un anno, scontando l’inflazione), ma non arriva all’economia reale. La recessione si trasforma in deflazione (i prezzi addirittura calano), quindi non è conveniente investire. Tutto si ferma in attesa che i prezzi calino ancora, per poi riprenere a salire.
A quel punto, in genere, visto che le banche centrali non possonoaccettare la situazione senza far niente, cominciano a “gettare denaro dagli elicotteri”. E’ quello che sta facendo la Fed statunitense da oltre un anno (85 miliardi di dollari al mese dai in cambio di “titoli spazzatura”, per ripulire i bilanci delle banche private), ma senza effetti apprezzabili.
Il che prepara, come sempre, una violentissima impennata inflazionistica. Ci vorrà tempo, certamente. Ma ci si può scommettere sopra.
La Bce ha lasciato oggi i tassi invariati allo 0,25%, deludendo addirittura chi speraca li portasse a zero spaccato, annnunciando magari “strategie non convenzionali”. Mario Draghi stavolta non ha messo in campo sorprese. Durante la conferenza stampa successiva il presidente della Bce si è limitato a confermare che la politica monetaria della Bce resterà «accomodante» e quindi che i tassi rimarranno «su questi livelli o più in basso per un periodo lungo»; non ci sono preoccupazioni inflazionistiche, perché «le pressioni dei prezzi restano contenute nel medio termine».
Ma la crescita dell’Eurozona, vista come “positiva” nel quarto trimestre dell’anno, resta comunque “debole”. La ripresa, se mai si vedrà, sarà «lenta».
Cosa significa? Che le ricette messe in campo finora – dalla stessa Bce, dall’Unione Europea con il supporto del Fmi, non stanno funzionando affatto.
Ma non c’è alcuna autocritica né mutamento di rotta. Anzi. I governi «non devono fermare gli sforzi in corso per ridurre i deficit e sostenere gli aggiustamenti fiscali». Le “misure di consolidamento” devono essere «orientate alla crescita e avere una prospettiva di medio termine in modo di migliorare i servizi pubblici e al tempo stesso di minimizzare gli effetti distorsivi della tassazione» (leggi: privatizzazioni).
«Per generare crescita servono stimoli ma anche la correzione degli squilibri», ha poi aggiunto il presidente della Bce, spiegando che «governi devono fare le riforme, perché la crescita bassa dipende da riforme non fatte».
Come si dice negli Usa: “se l’unico strumento che possiedi è un martello, tutto inizierà a sembrarti un chiodo”.
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