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La crescita che non c’è e i trucchi statistici

Partiamo dalle previsioni, non certo dai dati. E già questo fa sollevare qualche dubbio. Bankitalia stima per quest’anno un pil in crescita dello 0,7% e dell’1% l’anno prossimo. Il Bollettino economico di via Nazionale si tiene prudente, ma non stronca – come sarebbe giusto – le chiacchiere del governo sulla “ripresa”..

 

L’anno che si è chiuso non è ancora stato “refertato” completamente e quindi anche il quarto trimestre – quello che doveva segnare “l’uscita dal tunnel” – non può dare certezze. Comunque, Bankitalia  giudica ”verosimile” una ”crescita modesta” del Pil nell’ultimo trimestre 2013. ”Alla perdurante debolezza della domanda interna, che risente della fragilità del mercato del lavoro e dell’andamento fiacco del reddito disponibile, si contrappone un quadro dell’attività industriale più positivo”. Di quanto sia più positiva, in ogni caso, non si può dire; per non fare figuracce da qui a qualche settimana.

 

La “timida” ripresa del pil comunque prevista  nel 2014 e quella stimata nel 2015 avranno effetti nulli – o come si dice “ritardati” – sull’occupazione. Il tasso di disoccupazione dovrebbe quindi continuare a crescere: al 12,8% quest’anno e al 12,9% nel 2015. Colpa del sostanziale “blocco del credito”, con le banche impegnatissime a risanare i bilanci, mettersi in sicurezza in vista dell’azione di “sorveglianza” della Bce e degli effetti globalmente negativi dell’inizio del “tapering” da parte della Federal Reserve Usa. Sta di fatto che il calo dei prestiti alle imprese (-8% nei tre mesi terminanti a novembre) continua ”a rappresentare un freno alla ripresa”. Pesa la bassa domanda per investimenti – le imprese aspettano che la ripresa inizi da qualcun altro, evidentemente – l’elevato rischio di credito (se si prestano soldi a chi è in crisi, è facile che non tornino indietro; ma così chi sta in crisi schiatta), la pressione della crisi sui bilanci bancari.

 

E’ quasi ridicolo, per non dire offensivo dell’intelligenza comune, ma la Banca d’Italia “spiega” che “solo il recupero della domanda interna potrà estendere la ripresa anche al mercato del lavoro”. Come possa crescere “la domanda interna” quando da anni si taglia la spesa, si bloccano i salari, si licenziano milioni di persone, si riducono le pensioni, si prevede di ridurre anche gi ammortizzatori sociali (facendo finta di “estenderli”), le banche non erogano prestiti, le imprese non fanno investimenti o addirittura se ne vanno all’estero… resta un mistero glorioso. Dalla Banca d’Italia certe stupidaggini non è ammesso che escano.

In tutto questo giochino tra stime gonfiate e attese sperate, il Mezzogiorno è comunque fuori da qualsiasi calcolo “ottimistico”. La ripresa “in atto” – secondo Palazzo Koch –  nella seconda metà del 2013 non ha riguardato le imprese più piccole, e quelle orientate sul mercato interno, presenti maggiormente al Sud. Quel poco di attività in crescita, infatti, è tutta “largamente trainata dalle esportazioni” a fronte ”di una domanda interna, in particolare per consumi, ancora debole”. Ma di colpe, naturalmente, guai a parlarne (bisognerebbe chiamare in causa la Troika, che ha imposto la “politicia dei tagli” proprio per favorire un modello “export oriented”, che favorisce le imprese esportatrici mentre impoverisce fino alla fame il resto del paese).

Chiaro che un quadro così – siamo al settimo anno consecutivo di crisi globale, senza speranze per almeno altri due – è depressivo e rischia di indurre “malcontento” popolare. Cosa si è pensato di fare, allora, nelle alte sfere degli organismi sovranazionali? Di truccare i dati, cambiando i modelli statistici. Se la “crescita vera” non arriva, facciamo almeno un po’ di cosmesi contabile, così da poter vedere fumo ancora per un po’…

Leggere pre credere. La Commissione Ue sta per “aggiornare” la metodologia di calcolo dei bilanci degli Stati e per l’Italia la novità potrebbe portare a una revisione al rialzo del pil tra l’1% e il 2%.Miracolo! Stiamo peggio, ma possiamo scrivere che stiamo meglio…

Come può avvenire? La nuova metodologia toglie gli investimenti per ricerca e sviluppo dalla voce “spese”, e infatti chi vedrà schizzare il proprio pil del 4-5% sono i Paesi più innovatori come Svezia e Finlandia. Insomma, siamo governati da criminali anche un po’ deficienti (ipotesi buonista), che finora avrebbero sbagliato a fare i conti, ignorando addirittura un pilastro della macroeconomia globale: gli “investimenti”, appunto, sono un motore della “crescita”, non una “dannatissima spesa”. Chiaro che ci possono essere anche investimenti sbagliati, che si concludono in perdita; ma nessuno investe, rimani investito dalla crisi.

La metodologia fin qui adottata risale al 1995, e sarà sostituita a settembre con la nuova chiamata European System of Accounts 2010 (ESA 2010), che andrà a sostituire l’ormai vetusto ESA 1995 e ad integrarsi con il System of National Accounts 2008, il sistema di calcolo globale già entrato in vigore negli Stati Uniti lo scorso mese di agosto. Come vedete, il “trucco contabile”  verrà adottato in tutto il pianeta, anche per evitare confronti squilibrati fondati su criteri di calcolo disomogenei.

Il nuovo metodo, spiega la Commissione, tiene in considerazione gli “enormi cambiamenti dell’economia degli ultimi anni”, in particolare il maggiore impatto del settore delle nuove tecnologie, degli asset intangibili, di prodotti e servizi della proprietà intellettuale e della globalizzazione del sistema economico.

Sarà quindi riconosciuto che le spese in ricerca e sviluppo sono investimenti, e non peseranno sulla voce “spesa”. Questo aumenterà il pil Ue di circa 1,9%.

Ma non è finita. Anche le spese militari per nuove armi rientreranno alla voce “investimenti”, laddove fino ad oggi erano invece considerate spese a tutti gli effetti data la loro natura esclusivamente “distruttiva”. Ai nuovi sistemi di difesa invece viene riconosciuto un potenziale produttivo per la sicurezza, che dura negli anni. E l’impatto sul pil Ue sarà di circa 0,1%. Geniale! Se c’è una spesa che non ha mai prodotto ricchezza è proprio quella militare. Ma basta spostare la voce dal passivo all’attivo e il gioco è fatto: “cresciamo” un altro po’… Sulla carta.

Inoltre, le merci inviate all’estero per essere lavorate non saranno classificate come ‘export e import’ alla luce della globalizzazione, e non peseranno sulla bilancia commerciale. Inoltre, saranno più accurati i calcoli sulle spese pensionistiche (attenzione!), con schemi che includeranno le “passività” (come quelle inventate a bella posta per l’Inpdap, per esempio, e che serviranno a giustificare altri tagli sanguinosi), e verrà incluso l’impatto delle assicurazioni sul pil.
Per esempio, in Usa, che hanno già adottato il nuovo metodo, c’è stato un aumento del pil del 3,5% dal 2010 al 2012, con ricerca e sviluppo che da soli valgono il 2,5%. Nemmeno Ges+ alla nozze di Canaan avrebbe potuto fare di più.

Da Bruxelles spiegano che l’impatto sarà notevole, visto che aumenterà il pil dell’Unione Europea del 2,4%. Finlandia e Svezia avranno invece una maggiorazione del pil del 4-5%, Austria e Gran Bretagna del 3-4%, Belgio, Danimarca, Germania, Francia e Olanda di circa il 2-3%.

Per l’Italia, oltre a far lievitare il pil, il nuovo sistema dovrebbe essere un toccasana anche per il rapporto deficit/pil: se sale il denominatore infatti, scende il rapporto. E c’è già chi parla di un nuovo “tesoretto” da spendere per rilanciare l’economia tricolore.

Miracolo! MIracolo! Ecco qui che le “previsioni” sbagliate vengono corrette con un piccolo aiutino contabile. Così potranno venirci a dire che “le ricette della Troika stanno funzionando”. E rinviare di qualche mese “i conti con i fatti”…

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1 Commento


  • Mauro Poggi

    Ho sentito parlare del potere salvifico dell’ESA2010, ma nemmeno questo articolo è riuscito a spiegarmi come il differente cambio di attribuzione di alcune voci (da spesa a investimenti) comporti un automatico aumento del PIL.
    Mi risulta infatti che PIL (Y) = C + G + I + X – M
    cioè uguale a consumi (privati C e pubblici G), più investimenti (I) più la differenza Import Export. Se togliamo qualcosa da G (spesa pubblica) per aggiungerla a I (investimenti), matematicamente il PIL (Y) non cambia.
    Dove sbaglio? Grazie.

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