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Un mondo di disoccupati, l’Italia fa il record

Il tunnel della crisi non finisce più. Almeno per chi, per sopravvivere, deve “vendere” la propria forza lavoro. Nel 2013 i disoccupati nel mondo sono diventati 202 milioni, con un aumento di 5 milioni sul 2012 (il tasso di disoccupazione globale al 6%). E’ quanto si legge nel Rapporto Ilo sull’occupazione, secondo il quale entro il 2018 sono previsti ancora 13 milioni di disoccupati in più. La ripresa senza occupazione penalizza soprattutto i giovani (74,5 mln i 15-24enni senza lavoro). Insomma, non solo non si vede “luce”, ma il buio aumenta. Chissà se il ministro Saccomani è stato informato della cosa…
Nei prossimi anni si prevede – ma questo tipo di previsioni lasciano in genere il tempo che trovano – comunque la creazione di 40 milioni di nuovi posti di lavoro l’anno a fronte però di almeno 42,6 milioni di nuovi entrati nel mercato del lavoro (nel resto del pianeta la popolazione giovane è una quota rilevante, al contrario che in Europa). Entro il 2018 ci si aspettano oltre 13 milioni di disoccupati in più.

”La crescita dell’occupazione – si legge nel Rapporto – rimane debole, la disoccupazione continua a crescere, in particolare quella giovanile, e sono molti i lavoratori scoraggiati che restano ancora al di fuori del mercato del lavoro”. Sono molti i settori in cui si iniziano a vedere profitti, che però, si legge nel Rapporto – ”si riversano principalmente nei mercati finanziari e non nell’economia reale, pregiudicando in questo modo le prospettive occupazionali di lungo termine”.La notazione è estremamente interessante, perché conferma a livello globale una tendenza che qui in Italia ha assunto dimensioni parossistiche: i profitti non vengono reinvestiti nel ciclo produttivo, ma riversati nel calderore senza scopo della finanza, dove si ritiene di poter realizzare “plusvalenze” percentualmente più alte e soprattutto in tempi più veloci..

Ai ritmi attuali entro il 2018, insomma, potrebbero esser stati creati 200 milioni di posti di lavoro supplementari, ma è un dato comunque ”inferiore al livello necessario ad assorbire il numero crescente di ingressi sul mercato del lavoro”. Nella fascia tra i 15 e i 24 anni ci sono 74,5 milioni di disoccupati, con un tasso di senza lavoro del 13,1% (oltre il doppio di quello complessivo per le persone in età da lavoro stimato per il 2013 al 6%).

Nell’Unione europea e nelle economie avanzate il tasso di disoccupazione è all’8% con 45,2 milioni di senza lavoro. L’Ilo, ottimisticamente, si aspetta una ”graduale diminuzione” di questo tasso nei prossimi anni e la discesa al di sotto dell’8% intorno al 2018. ”La ripresa fragile – scrive l’Ilo – è in parte dovuta al perseguimento delle politiche di austerità nella regione”. Ma guarda un po’, se ne sono accorti anche loro…

Naturalmente, quando i disoccupati sono così tanti il costo della forza lavoro è particolarmente basso, e i redditi disponibili nella fascia bassa della popolazione sono particolamente scarsi. Il numero dei lavoratori poveri diminuisce, grazie soprattutto al contributo del mercato del lavoro cinese; ma molto lentamente. Nel 2013 c’erano ancora 839 milioni di lavoratori (il 26,7% del totale) – ripetiamo: lavoratori, non disoccupati – che vivevano con meno di due dollari al giorno. Sono addirittura 375 milioni gli occupati che guadagnano meno di 1,25 dollari al giorno e “se lo devono far bastare”.

L’Ilo sottolinea che il numero dei ”lavoratori poveri” continua a diminuire anche se a un ritmo minore che nei decenni precedenti. Nel 2013 839 milioni di lavoratori potevano contare su meno di due dollari al giorno a fronte di 1,1 miliardi all’inizio degli anni Duemila, ma si tratta comunque di oltre un quarto degli occupati nel mondo (il 26,7%). Tra questi 375 milioni di lavoratori (l’11,9% del totale) può contare su meno di 1,25 dollari al giorno (meno di un euro). Questo secondo gruppo di lavoratori era molto più ampio all’inizio del 20000 (circa 600 milioni).

Il numero dei lavoratori in estrema povertà nel 2013, scrive l’Ilo, è diminuito di appena il 2,7% registrando uno dei più bassi tassi di riduzione nell’ultimo decennio con l’eccezione dell’anno della crisi economica. L’Ilo sottolinea inoltre che gli impieghi ”vulnerabili” come l’auto-impiego o la contribuzione al lavoro di un familiare pesa per almeno il 48% dell’occupazione totale.

In Italia, invece, nel 2013 ha raggiunto il 12,2% e continuerà ad aumentare fino al 2015, toccando il 12,7%. Se tutto va nel migliore dei modi… La stima dell’Ilo sottolinea che rispetto al 2007 (6,1%) la percentuale dei senza lavoro nel 2013 è raddoppiata. Nel mondo tra il 2007 e il 2013 si è passati dal 5,5% al 6% mentre in Europa e nelle economie sviluppate si è passati dal 5,8% del 2007 all’8,6% del 2013.

Grazie, Troika!

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