Marijuana economy, una nuova speranza contro la crisi. La storia delle “sostanze proibite” che finiscono per diventare “merci comuni” è lunga quanto la storia dell’umanità E sicuramente attraversa il capitalismo dalle origini ai giorni nostri. Persino l’attacco imperialista alla Cina – a metà ‘800 – si tradusse in una vera e propria guerra per imporre il “libero commercio dell’oppio” a un paese che non ne voleva sapere.
Di sicuro c’è l’atteggiamento “culturale” dei consumatori. Fin quando c’è il proibizionsimo – è avvenuto negli Stati Uniti anche con l’alcool – si sentono “un sacco alternativi”, quasi rivoluzionari, stretti come sono tra pratiche illegali, alti prezzi, autoproduzione.
Ma altrettanto sicuro, di certo più “potente”, c’è l’interesse del mondo degli affari. Il quale, notiamente, non nutre alcuna diffidenza “morale” verso nessuna merce, specie se altamente profittevole.
L’avvio della liberalizzazione e all’uso terapeutico in Usa ha così avviato una vera e propria corsa ai titoli legati alla marjuana, per qualsiasi uso. Del resto, ormai venti stati americani hanno approvato l’uso della cannabis a fini terapeutici, mentre alcuni – Colorado e Washington in testa – sono addirittura arrivati ad autorizzarne l’uso per scopi “ricreativi”.
Il mercato legale della marijuana viene perciò stimato per l’anno in corso in crescita del 64% (2,34 miliardi di dollari), ma ci si attende che possa arrivare a 10 miliardi nell’arco di appena cinque anni. Non sarà un boom sufficiente a far “ripartire” l’asmatica macchina produttiva statunitense, ma di sicuro possono tornare utili a più di un’impresa.
L’anno scorso i titoli del comparto “drug” si erano “rianmati”. Esiste persino un “Cannabis Index” – messo a punto da un fondo di investimento in titoli ad alto contenuto di cannabis, il Mentor Capital – che ha messo a segno un boom del 256%. Un paradiso, a confronto dello zero fatto segnare nello stesso periodo dallo Standard & Poor’s.
Ma come può esistere un “indice” riferito a un mercato di prodotti, fino a qualche settimana fa, illegale?
I finanzieri speculativi hanno decisamente più fantasia dei “consumatori” semplici. Il “paniere” contiene ben 23 titoli che coprono aziende dedite aalla coltivazione, ricerca, usi alternativi della cannabis (“biomasse”, ecc). Naturalmente trattati fuori dai mercati regolamentati, privi di obbligo di comunicazione alla Sec. Proprio come i “prodotti finanzari derivati”, che in effetti trasportano “droga monetaria” verso i mercati finanziari “legali”. Insomma: un mercato finanziario “ombra” parallelo al mercato fisico della cannabis “proibita”.
Si tratta di titoli a bassa o minima capitalizzazione, come i “foglietti rosa” del film “Il lupo di Wall Street”: ideali per fare speculazione alla grande, visto che il prezzo dipende spesso più dalle esagerate commissioni incassate dai broker che non dalla “consistenza patrimoniale” o produttiva delle aziende.
Certo, vedendo il film, sembra proprio che si sia aperta la grande possibilit – potenzialmente illimitata – di “speculare sui propri vizi”. Un po’ autofaga, come tendenza, ma perfettamente coerente con lo “spirito del mercato”. Capitalistico.
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