Menu

Ocse. “L’austerità? Forse ci siamo sbagliati…”

L’Ocse ammette di essersi sbagliata. E chi paga, ora?
Se c’è una cosa che fa incazzare sono le “correzioni” o le “scusa” degli organismi sovranazionali che stanno distruggendo economie, modelli sociali, vite, in tutto il mondo, al solo scopo di favorire il massimo profitto del capitale manifatturiero e il massimo rendimento possibile a quello finanziario.

L’ultima ammissione di “errore” arriva dall’Ocse, per bocca – per di più – di un italiano. Pier Carlo Padoan non è un membro qualsiasi dell’organizzazione che riunisce i primi 30 paesi industrializzati, praticamente il 90% dell’economia globale. È infatti il “capo-economista”, il coordinatore dell’immensa batteria di “analisti” e “revisori dei bilanci nazionali” che sfornano a getto continuo “previsioni” regolarmente disattese e “prescrizioni” altrettanto regolarmente devastanti per chi le accetta.

Non si tratta di errori microscopici. Intanto perché la scala dimensionale su cui retroagiscono è quella planetaria, mica quella “condominiale”. In secondo luogo, perché or devono ammettere di non averci capito molto. Né in materia di crisi economica globale (esplosa in modo chiaro tra il 2007 e il 2008), è tantomeno in materia di “crisi del debito pubblico europeo”, innescata dal tracollo di banche e altri istituti finanziari che solo l’intervento pubblico era riuscito a contenere.

Il risultato di questo doppio errore lo stiamo vivendo quotidianamente sulla nostra pelle, con ka fase di recessione più profonda dal Dopoguerra.
Le stime dell’Ocse, durante tutti questi sette anni di crisi sono state regolamente sbagliate per “eccesso di ottimismo”. Fa incazzare anche questo: che della gente strapagata per fornire dati attendibili in materia economica si lasci andare a “giustificazioni psicologistiche”, come l’ottimismo, il pessimismo o la “fiducia”.

In pratica ritenevano – senza alcuna ragione teorica o concreta – che la crisi europea si sarebbe “dissipata con il tempo”, come fosse un’influenza di stagione. Di conseguenza, gli spread tra i rendimenti dei Bond dei Piigs e quelli tedeschi “si sarebbero ristretti”. Per chi ha una fiducia cieca nelle “spontanee dinamiche del mercato”, che tenderebbe “fisiologicamente allo stato di equilibrio”, un atteggiamento simile è assolutamente normale. Peccato che la realtà del capitalismo non abbia mai mostrato, in oltre due secoli, un solo attimo di “equilibrio”.

Eppure proprio in questo Padoan ravvisa «la più importante fonte di errore». “Cambiate modo di ragionare”, verrebbe da consigliare. Ma questo è impossibile. E allora dobbiamo attenderci che invece persevereranno nell’errore…
E infatti: secondo il Fondo Monetario Internazionale tutte le previsioni Ocse sottostimavano
l’effetto negativo sulla crescita delle manovre fiscali “draconiane”. Traduciamo in volgare: l’austerità non può funzionare, anzi ha aggravato la crisi in tutti quei paesi che sono stati “convinti” ad adottare politiche restrittive, tagli alla spesa pubblica, riduzione del welfare, ecc.
Ma non può certo essere ammesso esplicitamente… Quindi Padoan divide in due momenti le “cause” del peggioramento della situazine: “l’austerità ha funzionato” dice, ma “le misure di stimolo monetario della Bce e quelle di rilancio della crescita dei singoli governi sono arrivate troppo tardi”. Anche perché, confessa ancora Padoan, “non immaginavo un sistema bancario e nazionale così debole”.

Difficile non vedere come si stia arrampicando sugli specchi. L’”austerità” ha sottratto risorse all’economia reale, mentre gli “stimoli monetari” hanno portato più liquidità nelle casse esauste degli istituti finanziari (banche, assicurazioni, ecc); i quali si sono be guardati dal reimmettere nel circuito produttivo queste risorse, preferendo invece “trattenerle” per migliorare i propri bilanci. Insomma: all’”errore” dell’austerità si è aggiunto il comportamento “antisistemico” della finanza privata, tesa soltanto a salvaguardare se stessa – ogni banca rigorosamente per conto proprio – piuttosto che a “fare sistema”.
In più, ora l’Ocse ammette di “aver preso sotto gamba il possibile effetto che l’indebolimento dell’economia globale avrebbe avuto sugli Stati più vulnerabili dell’area euro”. Anche un cieco, oggi, può constatare la stessa cosa. È stato creato un circolo vizioso, deflazionistico, che va distruggendo i paesi che invece avrebbero bisogno della terapia opposta (pur restando in ambito strettamente capitalistico”.

Ma l’ammissione di errore, almeno, prelude a una autocritica e a una revisione dei criteri analitici usati dall’Ocse? No, naturalmente.
Anzi, alla fine si dicono persino che hanno fatto bene a “essere ottimisti” (e a sbagliare quindi le previsini): “bisognava in qualche modo diffondere fiducia verso le istituzioni europee”. Esemplare. Se avessero detto le cose come stavano, o come sarebbero andate, nessuno avrebbe accettato i “sacrifici” imposti dalle politiche di austerità; e tutti avrebbero visto nelle “istituzioni europee” un nemico dei popoli europei. Facendo gli “ottimisti” invece – ossia sopravvalutando li effetti “positivi” delle “riforme strutturali” prescritte e imposte ai paesi più deboli – sono riusciti a farle passare. Peccato che non funzionino… Se non per i bilanci della finanza privata.

L’ultimo colpo di coda di Padoan, infine, è una conferma piena delle sciocchezze fin lì ammesse come errore: “se i governi nazionali avessero realizzato tutte, ma proprio tutte, le riforme “consigliate”, le cosa – forse – sarebbero potute andar meglio. Il nostro consiglio, invece, è di licenziare in tronco tutti quelli che ragionano come lui. Per manifesta incapacità e incomprensione della materia che pretendono di governare.

I recenti dati sulla produzione industriale pubblicati dall’Eurostat dicono infatti che c’è un nuovo calo della produzione, per il 2013, pari allo 0,8%. Padoan prova ancora a dettare una ricetta: per far ripartire l’economia europea bisognerebbe agire sulla struttura stessa dell’Unione Europea. Come? Andando a rivedere quei trattati “forse un po’ troppo restrittivi” o forse fondati su teorie non adatte a rappresentare questa variegata realtà europea.

Troppo poco, troppo tardi.

 

 

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *