L’incubo di ogni premier “ottimista” per vocazione è la pioggia di analisi quasi scientifiche che smontano il suo frasario cazzeggione. Era successo a Craxi, ha tormentato per venti anni Berlusconi e ora si ripete con Renzi. Nulla di particolarmente nuovo. Ci si sorprende solo del fatto che in questo paese nessuno ricordi quello che accadeva solo ieri mattina…
Vediamo la situazione di oggi. “L’Italia teme il vento freddo della deflazione”, titola il Financial Times, giornale difficilmente ascrivibile alla categoria renziana dei “gufi” ( amneo di non resuscitare la “perfida Albione”). Per gli esperti del più importante quotidiano economico del pianeta “La comparsa della deflazione in Italia suggerisce una preoccupante diffusione dalla Spagna, un’altra economia perimetrale dell’Eurozona, che ha rialzato la testa quest’anno”. Gli economisti, prosegue il quotidiano inglese, “sostengono che la caduta dell’inflazione in Italia quest’anno può essere attribuita ad un ampio range di fattori, a partire dalla crescita molto più debole di quanto previsto”. “La bassa inflazione ha certamente i suoi vantaggi. Ma al momento si traduce per le piccole aziende” in bassi utili e “costituisce un handicap per la creazione di posti di lavoro”.
Insomma: non solo stiamo messi male e potremmo peggiorare a breve (dalla deflazione non si esce con i tagli al bilancio, dicono i manuali di economia, che in genere nemmeno la prevedono), ma rischiamo anche di essere “contagiosi”.
Il male affligge ormai tutta la comunità europea, costretta da accordi e patti che impediscono di trovare una qualsiasi soluzioneanche temporanea. E infatti, scrive l’agenzia di rating Standard & Poor’s, “I deludenti risultati del secondo trimestre hanno gettato dubbi sulla sostenibilità della ripresa dell’Eurozona, ma le ultime azioni messe in campo dalla Bce suggeriscono un approccio più proattivo che potrebbe alla fine annunciare un programma completo di ‘quantitative easing’ e sostenere la crescita nel medio termine”. In definitiva “Le condizioni economiche restano fragili nell’Eurozona, ma stanno emergendo alcuni segnali” positivi. Non si capisce quali possano essere neanche dal loro punto di vista (aparte la compressione dei salari, che la finanza globale vede sempre con molto favore), ma si capisce che presto potrebbero cambiare alcuni rating importanti per diversi paesi dell’Unione; riaprendo così la stagione dello spread che galoppa.
L’Italia, spiega infatti, S&P, non mostra segnali di rafforzamento. “Tre fattori sono alla base di questi segnali di debolezza: la crescita degli scambi mondiali è stata abbastanza modesta finora quest’anno; la spesa delle aziende ha mostrato piccoli segnali di ripresa; mentre le sofferenze dell’Italia sono diventate più pronunciate”. Secondo S&P, Germania e Francia sono “in difficoltà per sostenere la ripresa iniziata lo scorso anno e l’Italia resta bloccata nella recessione”.
Non è finita. In mattinata ci si è messa anche l’Ocse, l’organizzazione che riunisce i 30 paesi più industrializzati del mondo. Che riassume la situazione della Ue in poche parole: dmanda debole e rischio deflazione.
Per l’Italia, in particolare, l’organizzazione prevede un calo del Pil dello 0,4% per l’anno in corso, mentre nell’Outlook pubblicato soltanto in maggio la stima era per un +0,5%.Un tracollo rapidissimo, che non può davvero essere imputato a pure questioni di “fiducia”.
Anche per il prossimo anno l’Ocse procede a una revisione in peggio: se tutto va bene, ma proprio bene bene, ci potrebbe essere un +0,1% invece del +1,1% pronosticato solo quattro mesi fa.Ed è chiarissimo che con questi numeri la disoccupazione può soltanto aumentare. E di brutto.
Si tratta della peggiore prestazione tra i “grandi aesi industrializzati”, peraltro, tanto da far segnalare l’Italia in recessione ufficiale, unico in quella schiera a non poter nemmeno far finta di “pareggiare”..
Per l’eurozona non va molto meglio: qui la crescita si fermerà al massimo intorno allo 0,8% e anche ll’anno prossimo resterà intorno a quelle cifre (+1,1). «La ripresa globale – scrive – è inadeguata. La crescita potenziale ha rallentato e le disuguaglianze sono cresciute. Al tempo stesso, gli squilibri esterni e le minacce alla stabilità finanziaria sono ancora presenti». Sul come uscire da questo baratro, nessuna indicazione.
Amen.
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