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Roma ladrona? No, Roma fregnona!!

La denuncia di una commissione di indagine sull’impatto del Vaticano e della Chiesa Cattolica sulle casse comunali e sui conseguenti mancati benefici per la città, ha dato risultati contundenti anche se non sorprendenti. “Ogni famiglia romana dona più di 400 euro ogni anno alla Città del Vaticano”,  denuncia che viene il gruppo consiliare del M5S in Campidoglio.  Il M5S ha annunciato di aver avviato un’istruttoria sui “costi sostenuti da Roma Capitale per beni e servizi offerti agli Stati presenti sul territorio comunale”. Un’operazione chiamata ironicamente ‘date a Cesare’ e che si concentra maggiormente sullo stato estero più ‘ingombrante’ che sorge nel cuore della Capitale: Città del Vaticano. Quella che viene annunciata solo come una stima, verrà arricchita e confermata da un lavoro di accesso agli atti e studio dei documenti” spiega Daniele Frongia, il presidente della commissione Speciale per la riforma e la razionalizzazione della spesa dell’Amministrazione Capitolina. Alla riunione della Commissione è mancato il numero legale, ma il consigliere M5S ha presentato comunque i dati raccolti. La stima dei costi subìti dalle casse comunali è pesante: “Ogni anno Città del Vaticano costa al comune di Roma Capitale 440 milioni di euro” denuncia il consigliere Daniele Frongia. “Il lavoro nasce dalla decisione di valutare più approfonditamente gli extra costi che Roma deve sostenere per il suo ruolo di Capitale”. E se la presenza delle ambasciate è “comune a tutti gli Stati il Vaticano è un unicum”.

La stima è stata calcolata su diverse voci. Dalle esenzioni Imu ai servizi appaltati in convenzione ad organizzazioni cattoliche passando per gli introiti mancati dei cambi di destinazione d’uso, i contributi per l’edilizia di culto, le spese straordinarie in occasione di importanti eventi cattolici, edifici concessi a condizioni di favore a enti e associazioni cattoliche. E ancora. Consumi energetici della Città del Vaticano, sconti per l’accesso a zone a traffico limitato. 

Continua la nota: “Intanto Acea, la multiutility posseduta al 51% da Roma Capitale, continua da anni a iscrivere in bilancio circa 26 milioni di euro per crediti vantati verso la Città del Vaticano, per un contenzioso relativo a canoni di depurazione e di allontanamento delle acque reflue”. Spiega Frongia: “I patti lateranensi infatti prevedono la fornitura idrica ma non comprendono i servizi restanti come le acque reflue”. Un trattamento di favore che l’Acea non riserva però agli utenti di Roma che stanno facendo i conti proprio con i distacchi delle forniture idriche da parte dell’azienda, tanto da aver attivato una sorta di intervento solidale volante per riattivare le utenze attraverso la figura di “SuperMario”, l’idraulico che è stato un mito dei primi giochi elettronici.

Non solo il Vaticano fa la cresta sulla Capitale

Ma a smentire l’idea fascioleghista di una “Roma ladrona” ed a disegnarne piuttosto il profilo di una “Roma fregnona” (sinonimo che a Roma significa stupida, una che si fa prendere per i fondelli etc.), è anche l’altro mito metropolitano: quello delle risorse derivanti dal turismo e dai beni archeologici. Anche su questo il Comune da troppo tempo a rinunciato a rivalersi sugli interessi privati che gestiscono gran parte dei servizi e delle infrastrutture turistiche. Si dice che il turismo porta ricchezza ad una città. Ma quanto è vero che dei proventi del turismo benefici anche chi abita nelle periferie? Quasi nulla infatti vi arriva in termini di servizi, abitazioni etc. Dovrebbe essere il Comune a “redistribuire” le risorse che entrano dal turismo su tutta la città e non solo in sue ridotte porzioni sociali e urbanistiche.

Roma ogni anno vede arrivare 12 milioni di turisti – secondo i dati della Ebtl – con circa 30 milioni e rotti di presenze (ossia le notti in albergo). Una risorsa certo, ma per pochi, un disagio sicuro per tutti, soprattutto per i romani che si sono visti – di fatto- espropriati del centro storico trasformato ormai in una affollata foresteria ma lontana, estranea ed ostile ai residenti, in particolare se abitanti delle periferie.

Se ogni turista in qualche modo lasciasse nelle casse comunali almeno 100 euro a testa, sarebbe un gruzzolo di 1,1 miliardi di euro, ma non è così. Si calcola che le spese dei turisti durante il loro soggiorno a Roma sono passate da 6,8 miliardi nel 2011 a 7,3 nel 2012. Non abbiamo i dati di spesa sul 2013, sappiamo solo che le presenze sono aumentate del 5,3 rispetto al 2012 e tutto questo una idea sulle possibilità ce la dà piuttosto chiaramente.

 Ad esempio solo da quest’anno la tassa di soggiorno è stata aumentata. Prima il Comune incassava all’anno almeno 21 milioni di euro in meno di quanto avrebbe potuto. Nella Capitale, l’imposta è passata nelle strutture alberghiere da uno a due stelle da 2 euro a persona al giorno a 3 euro, nei tre stelle da 2 euro a 4 euro, nei quattro stelle da 3 euro a 6 euro mentre negli hotel a cinque stelle la tassa salirà da 3 a 7 euro. A Venezia, ad esempio, per un Hotel a cinque stelle è di 5 euro, di 4,5 euro per quattro stelle, di 3,5 euro per tre stelle, di 2 euro per due stelle.

Non solo. Ad esempio ben il 69,8% dei 12 euro del biglietto di ingresso al Colosseo finisce nelle casse private del Gruppo Mondadori attraverso la controllata Electa. Delle visite a Palazzo Venezia, alla Soprintendenza per il polo museale della città di Roma entrano solo 2 euro e 25 centesimi sui 10 pagati da ogni visitatore. Gli altri 7 euro e 75 centesimi finiscono nelle tasche delle due società Civita Cultura e Munus. Eppure i decreti del ministero Beni Culturali stabiliscono che la percentuale che i gestori privati possono incassare da queste attività non dovrebbe superare il 30%. E’ ancora caldo lo scandalo dei soli 7.934 euro chiesti ai manager dei Rolling Stone per il concerto nello scenario del Circo Massimo. Solo dopo l’esplosione delle polemiche ci è messa una pezza alzando l’affitto per il futuro.

Le risorse per mettere mano alle periferie dunque ci sarebbero, magari corroborandole con i fondi europei che le amministrazioni locali riescono mai a intercettare o a non utilizzare. La Capitale sembra così solo riuscire a distribuire regalìe e profitti ai privati – dal Vaticano alle multinazionali – invece che ai propri cittadini, che invece si sono visti tagliare trasporti, servizi, accesso ad abitazioni a basso prezzo etc. Vedere i podestà leghisti come Salvini, Borghezio, Tosi scorrazzare per una Roma che hanno sempre definito ladrona e che invece è stata succhiata da gente come loro, sta diventando insopportabile, a sopportarli ci riescono solo i fascisti di Casa Pound.  Il sindaco Marino in tale contesto appare un pò come la Vispa Teresa che vola tra l’erbetta. Per rendere Roma non ladrona nè fregnona, servirebbe qualcosa di più, soprattutto sul terreno delle priorità sociali: o si investe sui bisogni popolari o su quelli dei privati e delle multinazionali. Veltroni sindaco sosteneva che questi interessi potevano avere molto in comune, in realtà , anche grazie a lui, i secondi hanno dilagato e si sono impossessati della città, o meglio, solo di quella da cui potevano ricavare profitto. E i risultati si sono visti.

 

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