Fiato per tre mesi. Anche l’Eurogruppo – centro di coordinamento europeo che riunisce i ministri dell’Economia e delle finanze degli Stati membri che adottano l’euro – ha mantenuto la linea “prudente” nei confronti dei bilanci italiano e francese. L’aveva già fatto del resto la Commissione guidata da Jean-Claude Juncker, e non aveva molto senso aggravare la situazione, già pesantemente condizionata dal duplice intervento di Angela Merkel e Wolfgang Schaeuble, che avevano “chiesto” interventi più radicali di rientro dal debito.
Ma resta significativo il divario tra le stime previsionali dei due governi e quelle degli organi sovranazionali. Quindi anche le dimensioni della manovra sono destinate a variare a seconda del verificarsi oppure no delle condizioni “previste”. I ministri delle finanze europei, dunque, hanno cominciato da subito a premere sul “collega Padoan” affinché lìItalia prepari misure “più efficaci” di quelle contenute nella legge di stabilità. Perché il jobs act è molto gradito all’Unione Europea, la quale predica ogni giorno la riduzione di salari e diritti per far crescere i profitti aziendali; ma non tocca per nulla il debito pubblico o il deficit corrente.
Se ne riparlerà a marzo, ma già ora il governo Renzi annuncia misure straordinarie, come la messa in liquidazione obbligatoria per le aziende “partecipate” che presentino bilanci in rosso per tre anni consecutivi o la riduzione del 10% dei “trasferimenti” a quegli enti locali che continuano a gestire in house – ovvero a mantenere in mano pubbliche – servizi pubblici essenziali, a comincare dai trasporti locali. Si annuncia insoma una stagione di privatizzazioni selvagge che andrà a influire pesantemete – nell’ordine – sui dipendenti di queste aziende e subito dopo sugli utenti. Vi immaginate quale potrà diventare i rezzo del biglietto o dell’abbonamento una volta che autobus urbani – e a maggior ragione extraurbani – saranno gestiti da imprenditori privati?
La Ue e l’Eurogruppo condivideranno senz’altro nuove misure aggiuntive come questa, ma loro si concentreranno soprattutto sul valore monetario e finanziario di tali operazioni. «Notiamo – si legge in un comunicato – che secondo la più recente analisi della Commissione, lo sforzo strutturale italiano nel 2015 è pari allo 0,1% del prodotto interno lordo, rispetto allo 0,5% previsto dal Patto di Stabilità. Su questa base, misure efficaci (effective measures, in inglese) potrebbero essere necessarie per migliorare lo sforzo strutturale».
Tutti i commentatori sottolineano che la dichiarazione parli di “misure efficaci”, non “addizionali”. Ma appare chiarissimo – pura aritmetica – che tra lo 0,1% del governo e lo 0,5 della Ue c’è uno scarto che vale 6 miliardi di euro (il pil italiano, in discesa, vale comunque 1.500 miliardi).
Lo sforzo “addizionale” viene invece già ora richiesto alla Francia, il cui rapporto deficit/Pil sfora ampiamente il limite del 3%. Paradossalmente ma non troppo, il governo Renzi – la cui legge di stabilità rispetta per un soffio quel limite – sta meditando di sforare a sua volta, per ricavarsi un piccolo margine da destinare adi investimenti. Inutile chiedersi a quali voci di bilancio verranno sottratti i miliardi da destinare a investimenti oppure per placare le ire della Ue: tutte quelle che riguardano “il mondo di sotto”.
A Parigi, comunque, l’Eurogruppo scrive: «Su questa base, misure addizionali potrebbero essere necessarie per migliorare lo sforzo strutturale».
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