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Le sanzioni spingono Mosca ad abbracciare la Cina

 

Si balla con l’orso russo, che non ne vuol sapere di farsi rinchiudere in gabbia. Tantomeno di farsi strappare i denti e poi essere imbalsamato, secondo le parole usate da Putin stamattina in conferenza stampa per sintetizzare la situazione e le malevole attenzioni occidentali. Ma la musica, non paradossalmente, sarà con ogni probabilità cinese.

Il cuore del problema è l’economia, in pesante crisi, con il rublo affondato da debolezze strutturali, dal calo del prezzo del petrolio (prima voce delle esportazioni russe), dalle sanzioni occidentali e da un’ondata speculativa che non viene neanche più negata. Del resto non è la prima volta che si cerca di far saltare in aria un paese con la finanza, prima che con le armi.

Ma Putin si è detto sicuro di uscirne “in due anni, nella peggiore delle ipotesi”. E qui la propaganda del Cremlino – da prendere con le stesse molle che usiamo anche per la propaganda statinitense o renziana – si incontra con alcune dinamiche ignorate dai media mainstream ma sotto l’attenzione degli analisti che devono badare al concreto (gli affari), più che alla geopolitica ideologica.

Qualche settimana fa avevano fermato l’attenzione sulla dinamica “eccezionale” che sta riguardando il mercato dell’oro, caratterizzato da prezzi bassissimi e dai grandi acquisti operati da russi e kazachi (https://contropiano.org/economia/item/27720-il-dollaro-nella-morsa-russia-e-cina-preferiscono-l-oro). Mentre nello stesso periodo andava prendendo forma l’ipotesi di scambi – sicuramente tra Russia e Cina, più altri paesi che hanno problemi con gli Stati Uniti, come l’Iran – non prezzati in dollari. Creando dunque un mercato potenzialmente globale, ma fin da subito molto grande, in cui il dollaro non può esercitare il ruolo nefasto degli ultimi 44 anni (dall’abolizione della parità dollaro/oro, agosto 1971, presidente Richaird Nixon); ovvero quello di autostrada attraverso cui gli Usa scaricano sul resto del mondo le proprie ricorrenti crisi. Il “segreto” di questo ruolo è del resto ben noto: solo gli Stati Uniti hanno avuto il potere di stampare moneta a prescindere da ogni rapporto credibile tra quantità di moneta e un “corrispondente” (una volta era l’oro posseduto dalla banca centrale), invadendo dunque il mondo con qualcosa il cui reale valore è sostanzialmente ignoto, ma che viene accettato da tutti – e persino tesaurizzato come riserva dalle banche centrali del pianeta – come unità dei misura dei prezzi.

Ora starebbe per verificarsi un gigantesco passo avanti in questa direzione. Proprio per effetto della crisi di liquidità russa come conseguenza delle sanzioni statunitensi ed europee.

I capitali in fuga da Mosca potrebbero dunque essere sostituiti dai certo non esigui capitali cinesi. Una serie di articoli dai quotidiani di Pechino corroborano fortemente questa ipotesi, ripresa – con un velo di preoccupazione- da siti specializzati, come Wall Street Italia. Che qui riproponiamo:

A salvare la Russia ci penserà la Cina. Intanto Putin compra oro

A correre in soccorso della Russia, nel bel mezzo di una tempesta perfetta economica e finanziaria, potrebbe essere la Cina.
Il funzionario dell’Amministrazione Statale dei Tassi di Cambio (SAFE) Wang Yungui ha fatto notare che l’impatto sulle attività cinesi della svalutazione del rublo “rimane ancora da determinare”, ma che l’agenzia governativa sta monitorando attentamente gli sviluppi sui mercati valutari e incoraggiando le compagnie a mettersi al riparo contro eventuali rischi legati alla divisa russa.
Le dichiarazioni sono in sintonia con la nuova agenda delle riforme sul valutario, che punta ad aumentare la flessibilità dello yuan.
Il giornale nazionale The South China Morning Post intanto ha pubblicato un articolo intitolato “La Russia potrebbe cercare l’aiuto della Cina per uscire dalla crisi”, in cui sottolinea che se il calo del rublo dovesse continuare la Russia potrebbe sempre fare affidamento su un accordo firmato ad ottobre che prevede uno swap valutario con la Cina del valore di 150 miliardi di yuan (24 miliardi di dollari).
L’intesa era stata stretta proprio per superare eventuali momenti di crisi come fasi di carenza di liquidità. Due banchieri che lavorano presso la banca nazionale cinese (PBOC) hanno detto che l’accordo è rivolto a ridurre il ruolo del dollaro Usa nel caso in cui Cina e Russia avessero bisogno di venirsi incontro.
Se il contratto di scambio, firmato dal premier Li Keqiang durante la sua visita in Russia in ottobre, viene effettivamente attivato, si tratterebbe della prima volta che la Cina è chiamata in causa per utilizzare la sua moneta per salvare un altro paese in crisi valutaria.
“La Russia ha un disperato bisogno di liquidità e lo swap potrebbe essere uno strumento ideale”, ha dichiarato il capo economista della Banca delle Communicazioni cinese, Lian Ping.
Lo swap consente alle banche centrale di comprare direttamente yuan e rublo denominati nelle due rispettive valute, anziché in dollari.

Fonte: South Morning China Post

da Wall Street Italia

 

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