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Sanzioni alla Russia? Ci rimette solo l’Europa…

Le sanzioni contro la Russia volute dagli Stati Uniti provocano danni all’economia moscovita, già messa in difficoltà dal crollo del prezzo del petrolio. Ma il boomerang non ha tardato a tornare indietro.

Il ministro spagnolo dell’economia, Luis de Guindos, ha provato a quantificare quanto costa ai paesi dell’Unione Europea quella decisione, accettata con fatica, ma accettata. La differenze con gli Stati Uniti è enorme. Gli scambi commerciali di Washington con la Russia erano e sono una cosa abbastanza piccola (35 miliardi), quindi non hanno provocato contraccolpi significativi su un’economia che fattura oltre 15.000 miliardi di Pil. 

Tutt’altro discorso per il Vecchio Continente, che prima della crisi (nel 2013, dunque) poteva vantare un interscambio pari a 411,9 miliardi. A un primo calcolo di massima, almeno 21 miliardi di euro di esportazioni sono spariti dai bilanci continentali. Non proprio un aiuto alla “ripresa”…

Non sorprende dunque che i meno entusiasti delle sanzioni siano le varie Confindustria dei 28 paesi raccolti nell’Unione. Un malcontento così forte da esser rilevato anche dalle antenne russe. Sergei Razov, ambasciatore in Italia, ha spiegato in un’intervista a Ria Novosti, che molti imprenditori italiani si lamentano esplicitamente con lui. «Gli imprenditori italiani spesso mi dicono, negli incontri, che le misure restrittive in ambito commerciale imposte al nostro Paese, non corrispondono agli interessi nazionali dell’Italia». E l’avrebbero spiegato più volte anche al governo italiano. La loro richiesta è l’esatto contrario di quell'”allargamento delle sanzioni” chiesto ora da Obama e appoggiato da “lady Pesc”, al secolo Federica Mogherini, nonché dai ministri degli Esteri Ue riuniti a Bruxelles.

I lamenti delle imprese hanno però raggiunto un primo risultato; l’applicazione delle nuove sanzioni resta congelata finché non si conosceranno i risultati del vertice sull’Ucraina, che si terrà mercoledì a Minsk tra Vladimir Putin, Petro Poroshenko, Francois Hollande e Angela Merkel. Non molto, ma un segno di disagio che dovrebbe in qualche misura frenare “i falchi” (stati Uniti e paesi baltici).

Il problema è che per il momento non è nemmeno sicuro che il vertice si faccia davvero. L’atteggiamento “da ultimatum” tenuto dall’Occidente non è il miglior viatico per incentivare il ritorno di Mosca al tavolo delle trattative. E intanto i danni economici ci ricadono sulla testa.

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