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Ue-Grecia. Negoziati rinviati a lunedì

Fin qui tutto bene… Chi si aspettava una Grecia finalmente remissiva (“realista”, preferiscono dire i filo-Bruxelles) è andato a farfalle. Persino Jeroen Dijssebloem – il presidente dell’eurogruppo, falco liberista più antipatico di Wolfgang Schaeuble, perse perché ancora giovane e finto atletico – che era entrato nella sala dichiarando “Non facciamo prestiti ponte” e “c’è un solo piano sul tavolo: quello dell’Ue, Bce e Fmi”, è dovuto uscire dicendo che si sta trattando sulla base offerta dal “piano Varoufakis“. Ma che se ne riparlerà lunedì 16…

Pochi dettagli sono filtrati a fine incontro, peraltro conlusosi in piena notte senza un comunicato finale, dopo una partenza con due ore di ritardo e scontri ad alta voce, inconsueti nelle stanze ovattate della capitale europea. E quei dettagli mostrano che l’Unione Europea non riesce a sgranocchiare la nocciolina ellenica. Per esempio, c’è ora la “disponibilità” a discutere dell’assegnazione ad Atene di quei quasi due miliardi (1,9) guadagnati dalla Bce comprando e rivendendo titoli di stato greci. E sembra quasi una provocazione quella condiscenza ellenica sulle “privatizzazioni”, che sono state tutte cancellate, tranne quella – parziale – del porto del Pireo. Che però era stata concordata con la Cina, oggi a pieno titolo come sponda più che potenziale nel caso Atene fosse costretta a uscire dai trattati e dalla moneta unica europea.

Per non parlare delle “riforme strutturali”, espressione ormai così elastica da non significare nulla di preciso. Per Bruxelles vuol dire demolizione del welfare, delle tutele del lavoro, compressione dei salari, taglio di pensioni e sanità; per Atene signifca “rispettare il nostro programma elettorale”, che comprende aumento del salario minimo, riassunzione degli statali licenziati dal conservatore Antonis Samaras e sanità per tutti.

Nelle stesse ore in cui Varoufakis faceva metaforicamente a sediate con i partner europei, il ministro degli esteri ellenico Kotzias era a Mosca, accolto in modo più che amichevole dal suo parigrado russo, il vecchio ed esperto Serghej Lavrov. Sul tavolo possibili accordi economici, aiuti finanziari se necessario, nonché il veto greco alla proposta di nuove sanzioni contro la Russia sul caso ucraino.

Uno “spariglio” in piena regola, che ha tolto molta sicurezza ai ministri continentali, spegnendo il sorrisetto sprezzante su molte facce autocompiaciute. Volete “spezzare le reni” alla Grecia con altri misure di austerità? Volete minacciarla ancora di buttarla fuori? Atene trova un “altro mondo” pronto a stabilire nuovi e meno draconiani rapporti di scambio…

In questa “resistenza” dei dirigenti di Syriza non va enfatizzata nessuna componente “ideologica”, neanche l’insistito e doveroso richiamo al “mandato popolare” ricevuto con le elezioni del 25 gennaio. La Grecia, nelle condizioni attuali, semplicemente non può fare altro che dire “noi il debito non possiamo pagarlo, quindi non lo paghiamo”. Forme, tempi e modi di un compromesso che permetta ad Atene di restare dentro l’Unione Europea sono naturalmente esperibili e verranno certamente indagati fino all’esaurimento. Ma dovranno essere compromessi che permettano alla popolazione greca di tirare il fiato, recuperare prospettiva e speranze.

 

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1 Commento


  • robert

    Mi sembra un po’ eccessivo dire: “…semplicemente non può fare altro…”, va a loro riconosciuto il fatto di essere, da soli. gli unici fin’ora che stanno in maniera seria tentendo di cambiare la politica economica europea

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