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Le borse (per oggi) scommettono sulla Grecia nella Ue

A 24 ore dalla riunione dell’Eurogruppo straordinario le piazze finanziarie continentali hanno deciso di credere in un accordo tra il nuovo governo greco e l’Unione Europea. La borsa di Atene guadagna addirittura oltre il 7%, trascinando tutte le altre.

La voce sul possibile accordo non appare tanto coerente con il “piano” presentato al Parlamento dal ministro delle finanze Yanis Varoufakis. Un programma in quattro punti che di fatto elimina buona parte delle prescrizioni che Bce, Unione Europea e Fmi continuano ad indicare come “obbligatorie” per aiutare Atene ad uscire dall’angolo.

Riassumiamole, altrimenti diventa difficile capire qualcosa:

a) il “Memorandum” elaborato dalla commissione di funzionari inviati dalla Troika viene buttato via e sostituito da 10 “riforme” – non meglio precisate dalla stampa specializzata – da attuare con la collaborazione dell’Ocse (e oggi il segretario generale, Algel Gurria, messicano, è ad Atene)

b) confermata la proposta di “dopio swap” per ridurre drasticamente il debito pubblico; uno relativo ai titoli in mano ad altri Stati europei (quasi il 60% del debito totale), da sostituire con nuovi bond indicizzati al tasso di crescita del Pil; un altro riguardante i titoli comprati dalla Bce, sostituiti con altri “perenni” (che pagano cioé un interesse annuo, ma non vengono in pratica mai restituiti per intero)

c) l’avanzo primario del bilancio statale (ossia la differenza fra la spesa pubblica e le entrate tributarie e extra-tributarie, esclusi gli interessi da pagare) da destinare al ripianamento del debito viene ridotto dal 4,5% all’1,49, destinando tutto il resto a investimenti e spese correnti indispensabili

d) come ad esempio la realizzazione del programma elettorale, mirante a far fronte alla “crisi umanitaria” interna (salario minimo aumentato da 500 a 750 euro, elettricità e buoni pasto per le famiglie povere, aumento del limite fiscale di esenzione, ripristino della 13° mensilità per i pensionati minimi, sanità pubblica universale, ecc.)

Di fatto, un rovesciamento drastico degli indirizzi di politica economica seguiti fin qui, un affossamento senza tante mediazioni di quell’”austerità” che ha strangolato il paese. Un piano che, non a caso, ha avuto pessima accoglienza sia a Bruxellese che, a maggior ragione, a Berlino. Ciò nonostante, le borse stanno scommettendo su una possibile soluzione mediatoria.

In più, visto che ci sono problemi urgenti di liquidità, la Grecia ritiene di dover incassare incassare 1,9 miliardi di euro di profitti maturati sui titoli greci detenuti dall’Eurosistema (che naturalmente nega questa possibilità); e potrebbe emettere buoni del Tesoro a breve (durata sei mesi( per un importo superiore del 50% a quanto permesso dagli accordi precedenti (15 miliardi di euro). Limite peraltro già superato dal governo Samaras, che ha provato anche in questo modo a restare a galla prima delle elezioni.

Più incerto il destino dell’ultima tranche di prestiti (7,2 miliardi di euro) prevista dal Mmemorandum. Atene aveva detto di non volerla incassare (per il buon motivo che sarebbe andata quasi per intero ad indennizzare le banche tedesche e francesi, senza quasi fermarsi in Grecia). Una mediazione su questo punto non sarebbe insomma impossibile.

Ufficialmente nulla di diverso trapela dall’entourage di Tsipras né dall’Unioen Europea. Le uniche mosse visibili sono di natura non economica. Il ministro degli esteri greco, per esempio, domani sarà a Mosca proprio nelle stesse ore in cui i “partner europei” circonderanno in un abbraccio poco amichevole i “ribelli” greci.

Una mossa che fa il paio con le “voci” circolanti nelle cancellerie e nelle redazioni, che segnalano funzionari ellenici in perlustrazione tra Pechino, Washington e di nuovo a Mosca, alla ricerca di possibili vie di finanziamento alternative. Non che si tratti della prima scelta, neanche per Tsipras; significherebbe di fatto, se non di diritto, di aprire il percorso che porta in tempi rapidi fuori dall’Unione Europea e dal suo sistema di alleanze internazionali. Qualcosa che insomma non faceva parte delle intenzioni – almeno di quelle ufficiali – proclamate da Syriza in precedenza. Ma che non appaiono sorprendenti davanti a una realtà fin qui apparentemente senza vie d’uscita: o dissanguarsi senza fine per obbedire alla Troika o cercare un “piano B”.

Una tendenza rafforzata dalle analoghe voci riguardanti una possibile collaborazione, addirittura militare, tra Cipro e Russia (e la Cipro di cui si parla è quella di lingua greca).

Voci e movimenti non ufficiali, certo. Ma che cambiano – e non di poco – il peso specifico delle proposte elleniche al tavolo dell’Eurogruppo. E anche nelle piazze finanziarie.

 

 

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